a cura della Dott.ssa Daniela Cusimano, Psicologa Clinica, Coordinatrice Pronto Soccorso Psicologico Italia
Il termine drop-out significa “caduti fuori”, e si riferisce a ragazzi che abbandonano gli studi prima di aver conseguito un diploma o una laurea. Con l’espressione “abbandono scolastico” si fa riferimento a tutte le forme di abbandono dell’istruzione e della formazione prima del completamento dell’istruzione secondaria superiore o dei suoi equivalenti nella formazione professionale.
La dispersione è un problema molto serio che segnala non soltanto la difficoltà scolastica del minore ma un suo disagio più vasto che riguarda spesso l’ambiente sociale e familiare in cui si vive. La mancata risposta del sistema di istruzione è spesso, fatale. L‘insuccesso scolastico a sua volta può innestare una serie di conseguenze negative sul presente e sul futuro del ragazzo che si trova con un bagaglio di competenze, strumenti, capacità spesso inadeguate a fronteggiare un mercato del lavoro sempre più difficile e la complessità della vita. In tal senso essere drop-out oggi significa avere, nel futuro, maggiori probabilità di incontrare difficoltà nel trovare lavoro, di esercitare minore impegno nel determinare attivamente la propria vita (fatalismo, demotivazione, attesa) e una probabilità molto alta di aumentare i propri costi sociali (sanità, welfare, sussidi,) o di determinare costi ulteriori legati alla sicurezza (maggiore tendenza alla micro-criminalità, etc…).
Oltre a dover considerare il valore rilevantissimo per le singole persone, di poter gestire attivamente la propria vita, un ragionamento meramente di convenienza socio-economica dovrebbe far concludere che prevenirela cronicizzazione del fenomeno drop-out ha costi (economici) incredibilmente più bassi di quelli che determinerebbe non intervenirvi per il futuro.
Le ricadute dell’abbandono scolastico portano il loro segno lungo tutto l’arco della vita di coloro che si sono ‘dispersi’, compromettendone le opportunità occupazionali, di reddito e, più in generale, di vita. La dispersione è un fenomeno complesso, che necessita di essere analizzato in un’ottica di sistema che offra uno sguardo a più livelli in modo da poter abbracciare tutte le istanze coinvolte: studenti, contesto scolastico, familiare e territorio. La dispersione si radica nel territorio e ne assume le caratteristiche peculiari, ne è quindi figlia, ma allo stesso tempo genera e plasma comportamenti nella comunità, che non riguardano solo il singolo, ma si intrecciano con le scelte dei policy makers, dell’Istituzione Scolastica, delle realtà associative, delle famiglie e dei singoli cittadini. Si genera un circuito in cui ogni soggetto ha il suo peso e influenza l’altro in modo più o meno virtuoso ed evidente.
Le cause dell’abbandono scolastico tra gli adolescenti sono intimamente connesse e condizionate dal sistema familiare, dal retaggio socio-culturale di provenienza e dalla sussistenza o meno di una condizione economica disagiata. Il livello di istruzione dei genitori ha un peso specifico nella scelta di proseguire gli studi da parte dei figli. Questo ultimo dato è stato ampiamente documentato attraverso indagini statistiche, portando in evidenza come un livello di istruzione medio basso nei genitori condizioni negativamente la prosecuzione negli studi dei figli.
La dispersione scolastica è un fenomeno da non sottovalutare perché la sua eco ha una risonanza a livello sociale importante. Nel lungo periodo si prevede un calo drastico e preoccupante del livello di istruzione e preparazione nelle future generazioni.
Nell’immediato assistiamo a formarsi di quella che è stato definita la Generazione NEET.
NEET è l’acronimo inglese di “Neither in Employment nor in Education or Training”, e si riferisce ad adolescenti che non sono impegnate nello studio, né nel lavoro né in altro tipo di formazione professionale. Giovani che non hanno un impiego né lo cercano.
È un termine di classificazione per una particolare fascia di popolazione tra i 15 e i 29 anni. Negli ultimi anni la forbice si è allargata arrivando ad includere i giovani fino a 35 anni, se ancora coabitanti con i genitori.
Appare evidente come la mancanza di occupazione influenzi precocemente le scelte delle giovani generazioni che si vedono portare via, con rassegnata sfiducia e impotenza, ogni possibilità concreta di realizzare i propri progetti. L’abbandono scolastico è il primo anello della catena su cui intervenire per infondere fiducia e per cercare di dare strumenti concreti per la realizzazione dei propri sogni.
I giovani che si confrontano con tali situazioni, hanno spesso subito inizialmente un impatto negativo con l’istituzione scolastica o con il mondo del lavoro ed hanno continuato successivamente ad accumulare insuccessi, entrando in un circolo vizioso caratterizzato da senso di fallimento, perdita di autostima, caduta della motivazione, rifiuto di altre possibilità formative o lavorative.
Naturalmente, la dispersione e il disorientamento non si identificano esclusivamente con bocciature e perdita di speranza nella ricerca del lavoro, ma questi segnali devono essere considerati e compresi attraverso un aspetto trasversale, un fenomeno ben più complesso riguardante la perdita di efficacia e di continuità nel percorso di crescita, nell’acquisizione di ruoli e nelle dinamiche relazionali rispetto alla famiglia e al gruppo dei pari.
L’autoefficacia, è alla base della nostra capacità di comprendere e agire nel mondo ed è direttamente influenzata dai processi attribuzionali, ovvero da come ci spieghiamo, i nostri successi e i nostri insuccessi. Una lunga ed eterogenea serie di insuccessi porterà quindi ad autovalutazioni negative relative a mancanze di abilità, di strumenti che,a loro volta, incrementeranno le possibilità che ogni nuovo tentativo si riveli un fallimento
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