La Paternità, ieri e oggi

A cura della Dott.ssa Pamela Cantarella, Psicologa Clinica, in formazione presso Scuola di Psicoterapia ad orientamento Sistemico-Relazionale

La Paternità, ieri e oggi

“…Così come Telemaco guarda il mare scrutando l’orizzonte in attesa che la nave di suo padre faccia ritorno per riportare la legge nella sua isola,
anche le nuove generazioni, in fondo, guardano il mare aspettando che qualcosa del padre ritorni”
(M. Recalcati)

È un periodo il nostro in cui purtroppo l'”autorità simbolica” del padre ha gradualmente perso peso fino ad eclissarsi quasi completamente: le difficoltà dei padri a sostenere la propria funzione educativa ed il senso di smarrimento tra le nuove generazioni per la mancanza di modelli di riferimento adeguati e guide sicure, ne sono la prova.

Nessuna epoca ha conosciuto una libertà individuale e di massa come quella che sperimentano i giovani di oggi; essi sono esposti ad un bombardamento continuo di stimolazioni, informazioni, opportunità di incontro… e la loro vita è aperta, con grande anticipo rispetto alla loro età mentale, ad un sapere senza veli e senza confini, raggiungibile senza nemmeno troppi sforzi (cosí come accade, per esempio, in Rete).

Per poter beneficiare in maniera idonea e trarre il meglio da tutte queste infinite possibilità, sarebbe assolutamente necessario un approccio “responsabile“; ma, parallelamente a questa crescente richiesta di responsabilità ai giovani, sempre più raramente si incontrano negli adulti incarnazioni credibili di cosa significhi “essere responsabili”.
Nell’attualità dei giorni nostri non prevale infatti il genitore-educatore, ma il suo rovescio speculare: la figura del genitore-figlio, un padre che abdica alla sua funzione assimilandosi simmetricamente alla giovinezza del figlio.
Una maggiore apertura all’empatia e alla confidenza, una minore severità e rigorosità, la condivisione di interessi comuni ed una maggiore presenza e partecipazione alle varie attività, rendono i padri di oggi piuttosto dei “compagni” dei propri figli, disposti sempre più frequentemente ad un rapporto “paritario”.
Sin troppo tolleranti e permissivi, emotivamente fragili ed insicuri, impauriti dal rischio di perdere i propri figli a causa di scomodi divieti (che invece andrebbero impartiti oggi più che mai) non fanno che dileguarsi di fronte al peso delle loro responsabilità, disertando il proprio ruolo educativo.

Si assiste così a quella che può essere definita una “mutazione antropologica” (P. P. Pasolini), o ancora più chiaramente una “metamorfosi generazionale“, dove i padri che dovrebbero salvare dallo smarrimento sono i primi a sentirsi smarriti, i padri che dovrebbero rassicurare sono coloro che necessitano di rassicurazioni, i padri che dovrebbero salvare i propri figli da una libertà smisurata e senza limiti (che fa perdere la giusta rotta con molta facilità, senza garantire allo stesso tempo nessuno stato di benessere duraturo), si trasformano essi stessi in figli.
In questo scenario di grande confusione e di piani che si invertono ci si domanda dunque:

Chi è il padre?”, e “Chi è il figlio?”.

I figli, anziché appoggiare la propria vita su quella dei propri padri, si ritrovano piuttosto a seguire -per lo più attoniti- le “vite da adolescenti” di chi dovrebbe prendersi cura di loro, diventandone sempre più spesso persino confidenti di problemi e pene.
Quello che emerge da tutto ciò è la necessità, sempre più urgente, di un recupero della “funzione educativa” esercitata da chi sappia avere il coraggio di portare e sostenere giuste regole e confini.

Di certo non si tratta di sperare in un eventuale ritorno della vecchia figura del “pater familias”, nascente da un rimpianto del mito del padre-padrone il cui tempo è irreversibilmente
(fortunatamente) scaduto. L’incontestabilità degli ordini dei padri di una volta apparirebbe quanto mai anacronistica, così come l’eccesso di rigorosità e l’inesistenza di una “componente affettiva” nell’esercizio dell’autorità paterna.

Si tratta piuttosto di sperare nell’esercizio di un ruolo di padre che possa consentire al figlio un giusto “percorso di filiazione”, attraverso l’introduzione di un limite al godimento oggi divenuto assoluto e smisurato, e di una legge che possa “disciplinare” il desiderio, introducendo rispetto per il prossimo e senso di responsabilità.
D’altronde una libertà senza limiti e la mancanza totale di regole non generano alcuno stato di benessere duraturo, un senso di soddisfazione assoluto, quanto piuttosto si associano sempre più allo smarrimento e all’infelicità.

Ce lo ricorda anche il mito di Fetonte: figlio del Dio Sole, sfidato sul fatto di dover provare la sua divina discendenza, ottenne da Elio (che avrebbe fatto qualsiasi cosa pur di dimostrare di essere suo padre) il permesso di guidare il carro solare per un giorno.
Giovane ed avventato, si dimostrò però inesperto a gestirne la guida, tanto da perderne il controllo, avvicinarsi troppo alla Terra e finire per bruciarne il suolo.
Ciò che Fetonte disse alla fine del disastro fu: “In fondo io volevo solo un padre che mi dicesse di NO!”.

Così come Fetonte, o come Telemaco che guarda il mare in attesa del ritorno del padre, anche nelle nuove generazioni è forte il bisogno di poter avere delle guide sicure, dei modelli di riferimento certi e stabili, delle testimonianze di come stare al mondo articolando il desiderio con la responsabilità, la libertà con i limiti; la loro é una domanda (seppur sommessa, sussurrata a causa di un’adesione quasi obbligata ad un'”ideologia iperedonista” che ritiene necessario e comodo liquidare ogni discorso educativo come “repressivo”) di “disciplina“, che non sia però obbedienza senza critica, dipendenza senza differenziazione, adesione incondizionata all’esercizio di un potere cieco ed indiscutibile, quanto piuttosto una legge che si sappia “umanizzare”, adattandosi alla “particolarità” di ogni figlio, prevedendo dunque e soprattutto un confronto ed un dialogo continui, e la possibilità della messa in discussione di certi principi ritenuti ormai alquanto anacronistici. E, se come sosteneva Freud “il compito dei genitori é un compito impossibile“, é degno di tale ruolo solo chi nell’esercitarlo parte proprio dalla sua insufficienza, esponendosi con coraggio al rischio dell’errore e del fallimento, ma non di certo rinunciandovi a priori.

Il Pronto Soccorso Psicologico Italia é presente anche per accompagnare quei padri che hanno bisogno di un supporto per la gestione del proprio ruolo, affinché poter superare i vari ostacoli che incontrano nelle varie fasi del percorso, così da non perdere mai la giusta fiducia in sé stessi, il coraggio e la determinazione necessari per l’esercizio della propria funzione educativa, che consentiranno un adeguato “processo di filiazione”, grazie alla garanzia della presenza costante di una guida certa e sicura.

Dott.ssa Pamela Cantarella, Psicologa Clinica, in formazione presso Scuola di Psicoterapia ad orientamento Sistemico-Relazionale, Responsabile Settore Comunicazione Pronto Soccorso Psicologico-Italia