Asian child girl with green concrete wall background, Feelings and emotions of kid - Icons 3d rendering
A cura della Dott.ssa Daniela Cusimano, Psicologa Clinica, Coordinatrice Pronto Soccorso Psicologico Italia
“L’educazione emotiva è un processo educativo continuo e permanente che mira a promuovere lo sviluppo emotivo come un complemento indispensabile dello sviluppo cognitivo, in quanto entrambi rappresentano due elementi essenziali dello sviluppo della personalità completa” (Rafael Bisquerra)
È ormai comprovata l’importanza di “educare alla gestione delle emozioni” (proprie ed altrui) come fattore di promozione del benessere psicologico della persona. Educare emotivamente equivale a fornire strumenti cognitivi, linguistici, emotivi, abilità sociali con cui nominare, armonizzare, costruire un mondo di eventi e momenti emotivi che accadono dentro la persona e fra le persone.
La necessità di costruire percorsi educativi rivolti all’ascolto, alla percezione, al riconoscimento delle emozioni nasce da S. Freud e dalla psiconalisi che, all’inizio del secolo scorso, hanno dimostrato che “la vita emozionale del bambino influisce potentemente sui suoi sentimenti e sul suo comportamento da adulto”. Nasce altresì, come messo in risalto da U. Galimberti, dalla sofferenza dei giovani i quali oggi “non sanno che cosa sentono né quando sono felici, né quando sono angosciati. Non conoscono i nomi che caratterizzano i sentimenti che provano”; la domanda legittima che essi pongono al mondo adulto, agli educatori, agli insegnanti è: “come fanno a difendersi o a mettere in atto strategie di compensazione se non sanno neppure di cosa soffrono?”.
Non è un caso che i disturbi d’ansia oggi siano i sintomi maggiormente riscontrabili nella popolazione e, in particolare, nei giovani. I cambiamenti a livello somatico, vegetativo e psichico provocati da intensi stimoli ambientali spesso vengono vissuti, per il mancato riconoscimento, come ostili e sfociano in veri e propri attacchi di panico. Le emozioni, infatti, provocano cambiamenti a 3 diversi livelli: fisologico (respirazione, pressione arteriosa, battito cardiaco, circolazione); comportamentale (espressioni facciali, tono di voce, reazioni); psicologico (sensazione soggettiva, alterazione del controllo di sé e delle proprie abilità cognitive). Se le suddette risposte corporee non vengono associate ad una emozione, ad un vissuto emozionale, subentra la paura che successivamente si trasforma in ansia poiché non si riesce a comprendere, a razionalizzare quanto sta avvenendo e, al contrario, esse vengono associate alla comparsa di una malattia fatale che, nel caso degli attacchi di panico, è la perdita del controllo e/o la morte.
Lavorare sul riconoscimento emotivo, sull’alfabetizzazione emotiva nell’infanzia vuol dire prevenire la successiva comparsa di sintomi e disturbi psichici che, a volte, possono diventare invalidanti.
Inoltre, le ricerche hanno messo in risalto che lo sviluppo delle emozioni positive nei bambini migliora l’apprendimento, il clima della classe, i rapporti con gli insegnanti e tra i bambini stessi, e sostiene la loro crescita psicologica. L’emozione non e’ solo al centro dell’individuo ma e’ espressione stessa della vita; pertanto si può dire che sapere riconoscere, ascoltare e rispettare le proprie e le altrui emozioni, significa ascoltare e rispettare le persone nella loro globalità.
Lo sviluppo dell’intelligenza emotiva, fattore imprescindibile nel processo di apprendimento, passa attraverso l’alfabetizzazione emotiva poiché “l’apprendimento non avviene a prescindere dai sentimenti”; esso infatti, non si esaurisce in una mera trasmissione da insegnante ad alunno ma, piuttosto, si sviluppa all’interno di un contesto relazionale e la relazione è fatta anche di emozioni.
Molte manifestazioni cliniche adolescenziali come chiusura in sé stessi, aggressività, depressione etc. spesso derivano dal mancato riconoscimento delle emozioni e dei segnali comunicativi degli altri. D. Goleman fa derivare i comportamenti aggressivi adolescenziali dalla mancanza di programmi educativi dedicati al riconoscimento delle emozioni e dei sentimenti. In particolare, le caratteristiche implicate sono: un deficit percettivo che fa si che alcuni comportamenti del tutto innocui vengono percepiti come ostili e minacciosi; una scarsa capacità di verbalizzare, per cui i soggetti in questione tendono a passare all’azione piuttosto che comunicare; impulsività, ovvero scarso autocontrollo dei propri comportamenti. Per tale motivo egli propone, sebbene consapevole che “nessun percorso sia una risposta al problema”, veri e propri programmi di alfabetizzazione emotiva chiedendosi: “data la crisi che i bambini si trovano a fronteggiare, e data la speranza alimentata dai percorsi di alfabetizzazione emozionale, non dovremmo, ora più che mai, insegnare ad ogni bambino queste abilità, che sono essenziali per la vita?”. Questa è la sfida più grande per le agenzie educative, a partire dai genitori: preparare adeguatamente e correttamente i bambini a gestire la propria emotività, offrendogli quel bagaglio interiore necessario per vivere al meglio e per relazionarsi con gli altri in modo equilibrato e sereno. Pertanto spetta ai genitori e alle agenzie educative di riferimento riuscire a sottrarre i bambini a quell’ignoranza emotiva che è spesso alla base di tanti comportamenti dannosi. Un impegno che deve iniziare fin dai primi istanti di vita del neonato, per proseguire e svilupparsi lungo l’età evolutiva .
Ansia o tranquillità, rabbia o equilibrio: ogni persona sarà quello che l’educazione alle emozioni avrà saputo costruire; molti genitori lo sanno, ma pochi riescono ad agire sempre di conseguenza. Dunque l’educazione emotiva non è altro che insegnare cosa sono le emozioni, a cosa servono, come si esprimono e come gestirle in modo consapevole, in altre parole “insegnare a capire sè stessi e gli altri sul piano emotivo”.
Tale percorso di riconoscimento emotivo, come già accennato, inizia sin dalla nascita quando il cervello dei neonati comincia ad attivare processi di trasformazione ed evoluzione sempre più articolati. L’educazione alle emozioni prosegue poi nella scuola dell’infanzia, dove il bambino, grazie all’intervento educativo dell’insegnante, può imparare a riconoscere, discriminare e condividere i propri stati emotivi, nominandoli uno per uno e differenziando, per esempio, la rabbia dalla tristezza, la paura dal disgusto. Ma quello che non avrá mai una fine il lavoro di educazione emotiva per un genitore; per tale motivo diventa importante dare significato a un’emozione per costruire un mondo di gesti e parole intorno allo stato emotivo percepito dal bambino tale da permettergli di comprendere perché quello stato emotivo si è attivato in lui. Compito del genitore a questo punto diventa che di fronte al volto o al comportamento che esprime un’intensa attivazione emotiva nel bambino lo abbraccia e, con frasi semplici ma evocative di quel preciso stato emotivo raccontato dall’espressione del viso, lo accoglie compiendo un importante “lavoro di significazione” e di alfabetizzazione emotiva. “Regolare un’emozione” significa fornire al bambino un contenitore emotivo all’interno del quale possono essere travasate le emozioni delle quali egli si sente in balìa, e aiutarlo a sentire che lì dove vengono sistemate non esondano, ma vengono comprese nel loro significato. Imparare un dinamismo funzionale che gli permetta di ristabilire equilibrio, di riportare calma e tranquillità laddove prima si era scatenata una tempesta.
Molto spesso si pensa che bisogna crescere solamente bambini felici e, in qualche modo, costruire il loro progetto di felicità significhi non farli mai entrare in contatto con emozioni negative come rabbia, tristezza e paura. Ma sono proprio queste emozioni negative che non si possono non sentire e con cui i bambini devono familiarizzare, perché la vita accade e non può sempre accadere con cose positive.
Una completa alfabetizzazione emotiva si ha nel momento in cui si riesce ad aiutare il bambino a familiarizzare e riconoscere come valide anche queste emozioni, e magari fornirgli storie in cui altri bambini stanno attraversando questa zona faticosa del proprio sentire emotivo. È dentro a queste storie che si trova il modo per riconoscere, gestire ed elaborare le emozioni. Tutte, sia quelle belle che quelle brutte.
Il Pronto Soccorso Psicologico Italia, con i propri operatori è presente per sostenere ed accompagnare i genitori nella presa di consapevolezza delle emozioni e dei sentimenti partendo dal presupposto che insegnare il riconoscimento vuol dire riconoscere. Non si può insegnare la conoscenza delle emozioni se non attraverso la presa di consapevolezza delle proprie.
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