La Procreazione assistita

A cura della Dott.ssa Vera Cantavenera , Psicologa Clinica, Coordinatrice sede di Agrigento Psp Italia

Abstract

Infertility is a condition that characterizes couples who find it difficult to procreate naturally and who, for this reason, in many cases decide to resort to assisted procreation to generate a child. This condition has repercussions on the couple’s psychological well-being and can lead to the generation a crisis, which is then associated with a further load of stress when the couple decides to embark on a path of Medically Assisted Procreation.
Therefore, it becomes essential to find a meaning that represents the focus on which to concentrate the attempts of psychological support that listens to “the missing parents” when they creatively rearrange the threads of their story.
Riassunto
L’infertilità è una condizione che caratterizza le coppie che riscontrano difficoltà a procreare naturalmente e che, per questo motivo, in molti casi decidono di ricorrere alla procreazione assistita per generare un figlio. Questa condizione ha ricadute sul benessere psicologico della coppia e può comportare il generarsi di una crisi, cui poi, si associa un ulteriore carico di stress quando la coppia decide di intraprendere un percorso di Procreazione Medicalmente Assistita.
Diviene fondamentale, dunque, trovare un senso che rappresenti il focus sul quale concentrare i tentativi di un sostegno psicologico che ascolti davvero “i mancati genitori”, nel momento in cui creativamente riordinano i fili della loro storia.

Procreazione assistita

“Essendo la vita umana piuttosto breve, ognuno si affretta per lasciare una propria traccia nel mondo. Per imprimere questa traccia, la prova del nostro passaggio su questo pianeta, è possibile ricorrere a moltissime soluzioni e la procreazione è una di queste” (Aldo Carotenuto, “L’anima delle donne”, 2001)

Oggi, rispetto al passato, il processo attraverso cui le coppie arrivano a decidere se e quando avere un figlio è cambiato. Un tempo, le norme sociali prevedevano che i figli fossero, se non il fine ultimo, certamente il coronamento dell’unione coniugale.
Oggigiorno, le scelte riproduttive sono entrate in competizione con altre possibilità di realizzazione personale. Rispetto al passato, tempo in cui le donne trovavano nella maternità uno dei modi principali per acquisire identità e riconoscimento sociale, tempo in cui la coppia si realizzava divenendo famiglia con la nascita di un figlio, oggi, tutto è mutato. A causa dei cambiamenti strutturali e socio-culturali che la famiglia e le relazioni tra i generi e le generazioni hanno subito, avere un figlio è diventata una delle molte opzioni del corso di vita, passibile di scelta consapevole, anche se comunque dipendente da una molteplicità di fattori e circostanze (Donato, 1995). La coppia è accentrata maggiormente sul soddisfacimento dei bisogni individuali e, dato l’avanzare della ricerca medica che ha dato, nel tempo, disponibilità di efficaci strumenti di controllo dei concepimenti, le scelte riproduttive si sono privatizzate e sono entrate in competizione con altre possibilità di realizzazione personale. “Scelte, motivazioni, ma anche vincoli individuali si combinano infatti con strategie procreative di coppia, a loro volta interagenti con tendenze e situazioni esterne fortemente caratterizzate a livello locale” (Saraceno, Naldini 2001).

In un contesto in cui l’avere figli è percepito come una delle “scelte possibili” piuttosto che come un destino connaturato alla formazione della coppia, cambia anche il senso dell’essere coppia e del diventare genitori. Non esiste più una relazione obbligata tra costituzione di un nucleo coniugale e genitoriale: la coppia diviene realtà da tutelare, in quanto ha valore in sé, indipendentemente dalla presenza di figli; questi ultimi, d’altro canto, con il loro arrivo, ma anche quando tardano ad arrivare, possono alterare pesantemente gli equilibri di coppia.

Premesso ciò, infatti, quando una coppia al di là del vincolo matrimoniale, oltre le singole individualità, matura dentro di sé il desiderio di avere un bambino, compie una scelta radicale. Il desiderio di avere un figlio, di fatto, può nascere nella persona già durante l’infanzia, nell’identificazione con i genitori e maturare dentro di sé fino al momento in cui voglia essere realizzato all’interno di un progetto di coppia.

La decisione di voler essere genitore, come accennato in precedenza, arriva a definirsi attraverso l’evoluzione di dinamiche complesse che comprendono aspetti di sé legati all’istinto, alla cultura, ai condizionamenti ambientali, ai pensieri che hanno preso forma nel tempo, alle rappresentazioni e motivazioni che si incontrano con quelle del proprio partner all’interno della coppia. Il delicato e complesso processo maturativo verso la genitorialità si concretizza quando una coppia decide di diventare famiglia e prova ad avere un figlio: si apre allora ad uno spazio mentale e di investimento affettivo per il bambino che si desidera. “Il bambino immaginato, anche se non è ancora nato nella realtà, esiste nella mente degli aspiranti genitori e intorno alla sua presenza l’uomo e la donna nutrono fantasie, vivono emozioni, costruiscono immagini sul futuro e progetti comuni” (https://www.centropsicoterapia.org/disturbi-psicologici/disturbi-adulti/la-sofferenza-non-poter-figli/).

Per la maggior parte delle coppie un figlio rappresenta, infatti, un progetto comune, il traguardo di un cammino percorso in due, il frutto desiderato di un Tu e un Io che sono diventati un “Noi”.

“La dimensione generativa è proprio uno dei compiti che permette di garantire alla coppia la possibilità di sviluppare la relazione coniugale, il trascendere sè stessi per dare origine a qualcosa che è frutto della relazione stessa e che la oltrepassa” (Giacometti e Mazzei, 2011).

“I genitori non danno la vita ai loro figli la desiderano” (Soriano, Maldetti, 2007);

“Decidere d’avere un figlio è decidere d’avere per sempre il proprio cuore che cammina per il mondo, fuori dal proprio corpo (Elizabeth Stone)”.

Quando questa decisione viene ostacolata da una diagnosi di sterilità o d’infertilità, si genera nei “genitori mancati” una grande sofferenza.
Statistiche recenti rilevano che in Italia circa due coppie su dieci non possono avere un figlio proprio perché la gravidanza non arriva a termine o perché non avviene il concepimento. Secondo le scienze mediche, entrambe queste situazioni sono tra le prime cause a determinare l’impossibilità o la difficoltà per una coppia a procreare naturalmente.
La messa in discussione del divenire famiglia, del divenire un Noi, può profondamente modificare i rapporti e la percezione sociale e individuale che un uomo e una donna hanno di sé; può causare dubbi anche sul valore e sul significato che fino a quel momento è stato attribuito alla relazione ed al senso d’identità personale, può attivare una crisi personale e di coppia particolarmente difficile.

Secondo l’Organizzazione Mondiale della Sanità, in Italia, circa il 15% delle coppie che ricevono una diagnosi d’infertilità, riferiscono d’aver subito un “lutto”. La coppia dichiara di sentire un senso di vuoto dato dalla mancanza lasciata dal “bambino immaginato” sul quale è stato fatto un investimento affettivo. Non è per nulla facile elaborare questo lutto e non è semplice voltare pagina e andare avanti. Diviene fondamentale, per i mancati genitori, occuparsi della propria sofferenza e darle uno spazio. La coppia ha bisogno di condividere le emozioni generate dalla “triste” notizia, ed è in queste situazioni che un sostegno psicologico dato da un professionista permetterebbe ai partner, di elaborare e non evitare il problema, al fine di superare l’angoscia e lo sconforto iniziale, prendere consapevolezza di sé per orientarsi nella scelta delle strade da intraprendere.

L’esperienza d’infertilità genera una forte “crisi” nella coppia, una crisi paragonabile ad una vera e propria crisi di vita.
Nell’immediato, infatti, l’infertilità è percepita come un evento frustrante che mina profondamente l’identità di entrambi: alla donna appare negata l’esperienza della maternità ; per l’uomo la capacità riproduttiva può essere vissuta come rappresentazione stessa della potenza sessuale.
In queste situazioni, un intervento di “sostegno psicologico” per entrambi i partner potrebbe risultare utile per superare la crisi e promuovere le risorse e il benessere della coppia che oltretutto, nella fase iniziale, dopo la comunicazione di diagnosi di infertilità, viene spesso investita dalla scelta di fermarsi nella ricerca di un figlio o intraprendere strade diverse, come ad esempio ricorrere ad un trattamento di PMA, all’adozione o addirittura accettare di vivere senza figli.

Ma è difficile e doloroso fare i conti con il limite di non poter essere genitori e ristrutturare l’immagine di sè e del proprio futuro.

Per fortuna, oggigiorno la medicina ha compiuto enormi passi nel campo della fecondazione e sono presenti diverse tecniche che possono aiutare i coniugi a realizzare il sogno di diventare genitori. È bene puntualizzare che non tutte le tecniche di procreazione assistita sono indicate per ogni coppia: il percorso va stabilito di volta in volta, dopo una prima visita con accurata anamnesi ed una diagnosi precisa circa le cause del mancato concepimento. A tal riguardo è importante sottolineare che la Procreazione Assistita, detta anche fecondazione assistita, non va confusa con la Procreazione Medicalmente Assistita. Con quest’ultimo termine ci si riferisce a tutte le metodiche (chirurgiche, ormonali, farmacologiche etc) che favoriscono il concepimento di un bambino; fra queste troviamo anche la Procreazione Assistita.

Secondo la SIAMS (Società Italiana di Andrologia e Medicina della Sessualità), le tecniche di procreazione assistita vengono classificate in tecniche di primo livello, di secondo livello e di terzo livello:

  • nelle prime rientra l’inseminazione artificiale, dove la fecondazione avviene all’interno del corpo della donna, come nella procreazione naturale;
  • nelle seconde e terze, che sono considerate più complesse e invasive, ci rientra la fecondazione in vitro, cioè in provetta e il successivo trasferimento dell’embrione nell’utero. Di secondo livello sono nello specifico la fecondazione in vitro con trasferimento dell’embrione cioè la FIVET ma anche la ICSI, cioè l’iniezione intracitoplasmatica di spermatozoi, che consiste nell’inserimento dello spermatozoo all’interno della cellula uovo. Mentre di terzo livello sono considerate tutte le tecniche in cui il prelievo di ovuli viene effettuato in anestesia totale e prevede un intervento chirurgico in laparoscopia.

La legge 40/2004, che regola in Italia le linee guida sugli interventi di Procreazione Medicalmente Assistita, prevede l’utilizzo, in prima istanza, delle opzioni terapeutiche più semplici e meno invasive.

“Dal 2014 la Corte Costituzionale ha fatto decadere il divieto di fecondazione eterologa nel nostro Paese (cioè la fecondazione in cui uno o entrambi i gameti provengono da un donatore esterno alla coppia) e pertanto le tecniche che oggi possono essere utilizzate sono sia omologhe che eterologhe” (https://www.salute.gov.it/portale/fertility/dettaglioContenutiFertility.jsp?lingua=italiano&id=4570&area=fertilita&menu=medicina).

Per una coppia decidere di intraprendere un percorso di PMA comporta non poche difficoltà: dalla scelta del percorso, che va individuato di concerto con i medici, all’inizio vero e proprio del trattamento, che può essere più o meno lungo a seconda della tipologia di tecnica utilizzata e percepito dai singoli individui più o meno invasivo. Ogni coppia che, di fatto, intraprende un percorso di PMA, genera aspettative e speranze, senza sapere come andrà a finire e generalmente sviluppa specifiche reazioni emotive e differenti sentimenti, a seconda delle diverse modalità di tecniche a cui si sottopongono i singoli partner.

In particolare, nella donna che si espone in prima persona con il proprio corpo ma, in genere, anche nella coppia, si ravvvisa un atteggiamento ambivalente: da un lato c’è una grande speranza che l’aiuto medico garantirà un successo e c’è il sollievo di “fare qualcosa” che alleggerisce il senso di fallimento del concepimento naturale; dall’altro c’è il doversi sottoporre a cure mediche contro voglia, come se si trattasse di una via obbligata ma ingiusta, e questo accade soprattutto quando non vi sono cause organiche alla sterilità. La donna ha paura di fallire e la coppia subisce uno stress non indifferente che li trascina all’interno di un vortice depressivo, che il più delle volte comporta un limite alla possibilità stessa di riuscita della tecnica di fecondazione assistita, e genera poi una forte delusione e un grande sconforto, tale per cui i partner decidono di rinunciare.

Tuttavia, secondo alcune ricerche condotte in Italia, ci sono donne e coppie che viceversa ripongono molte speranze nella fecondazione assistita e, ritenendola l’unica opportunità per diventare genitori, non riescono a rinunciare anche dopo molti fallimenti.

Una donna privata della sua fertilità vive l’impotenza della generatività e dunque si aggrappa ad ogni nuovo tentativo di fecondazione assistita, trasferendo al suo partner un senso di positività; ma di contro capita che l’uomo viva emozioni diverse e si senta impotente. I coniugi non riescono a elicitare ciò che sentono e non riescono a parlare delle differenti e contrastanti emozioni vissute. I partner si ritrovano distanti e spesso sono incapaci di confrontarsi e consolarsi rispetto al problema.

Altre coppie che ad esempio si sottopongono al trattamento medico che riguarda il congelamento dei gameti, possono generare senso di colpa pensando allo smaltimento o all’abbandono degli eventuali embrioni congelati in sovrannumero. L’uomo e la donna sviluppano pensieri negativi che li pongono di fronte a dubbi e a domande di natura etica a cui per gli stessi medici che li assistono è difficile dare una risposta. Alcune aspiranti mamme i cui gameti vengono congelati, possono entrare in contatto con la preoccupazione che il “bambino” possa percepire il “freddo” . L’esperienza del freddo, in una dimensione inconscia rappresenta di fatto a livello simbolico l’assenza di vita.

Ecco, nei mancati genitori, si generano queste ed altre fantasie che, seppur irrazionali, sono del tutto plausibili e normali se correlati allo stress psicofisico cui sono sottoposti durante il percorso di procreazione assistita.

Un altro aspetto da non sottovalutare, per l’equilibrio della coppia, durante l’avvio di un trattamento di fecondazione assistita, è la percezione della sfera intima della stessa cioè la sessualità, una dimensione che risente molto delle difficoltà legate alla fertilità. La difficoltà a procreare è un fenomeno che mette fortemente in discussione l’identità psicosessuale sia maschile che femminile, con un effetto più marcato nella donna. Quest’ultima risente del carico della genitorialità inappagata e, sentendosi colpevole dell’infertilità, ne ricerca nel proprio passato le cause, specie se si è vissuto un aborto. L’uomo, invece, tende a maschere l’ansia utilizzando altre attività della vita quotidiana come fuga, ad esempio il lavoro e lo sport. Inoltre ciò che mina all’intimità stessa della coppia è la prescrizione, sulla base del periodo di fertilità, del rapporto sessuale come fosse un compito da eseguire più che un piacere da condividere, e ciò rende la sessualità un atto meccanico. La coppia percepisce un’intrusione da parte dello staff medico, e questa condizione incide negativamente sulla sfera sessuale della coppia che viene a perdere la sua funzione ludica e relazionale. Alcune procedure poi come il test post-coitale influiscono negativamente sul benessere sessuale (Bolvin et al. 1992) e generano un senso di negatività legato all’immagine corporea, caratterizzato da un senso di alienazione per un corpo che viene costantemente sottoposto a visite e terapie e che quindi non si riconosce.

Indubbiamente nei programmi di diagnosi e trattamento di PMA, affinché nessuna donna e nessuna coppia possano sentirsi soli nel gestire un’altalena di emozioni ambivalenti diviene fondamentale affiancare alla consultazione medica, quella psicologica e sessuologica.

In queste situazioni l’equipe del Pronto Soccorso Psicologico-Italia, operando in un ottica multidisciplinare, può essere di grande aiuto alla coppia. Quest’ultima, spesso, viene lasciata sola rispetto ai propri vissuti psicologici; risulta così fondamentale trovare il focus sul quale concentrare i tentativi di un sostegno psicologico che accolga veramente i bisogni dei partner e ascolti i loro differenti stati emotivi, cogliendone ogni sfumatura di sofferenza e di sacrificio che affrontano per poter realizzare il proprio progetto personale e relazionale, rendendoli consapevoli dei propri limiti e di quelli della stessa medicina moderna a cui si affidano disperatamente.

I professionisti del Pronto Soccorso Psicologico-Italia, operando a garanzia del benessere psicologico delle persone, riconoscono che le coppie e i singoli partner, quando decidono di affrontare un percorso di PMA, hanno bisogno d’esser fortemente sostenuti da un punto di vista emotivo; ascoltati e accolti, al fine di creare le condizioni ottimali, personali e di coppia per fronteggiare al meglio ogni intervento cui vengono sottoposti.

Di fatto, per la coppia “ogni momento rappresenta un mattoncino necessario per costruire la strada verso la gravidanza” , se questo progetto comune non dovesse andare a buon fine, i partner subirebbero un grave “lutto”. Il Pronto Soccorso Psicologico-Italia è presente nel territorio per operare affianco agli operatori sanitari, consapevole che psiche e soma, corpo e mente sono entrambi in gioco in un momento di vita così delicato da esigere una cura e un’attenzione che non possono e non devono limitarsi all’aspetto esclusivamente medico.

“Diventare genitori è un momento speciale nella vita di una coppia. La nascita del proprio figlio significa rinascita per la madre, ma anche per il padre, per la nuova coppia che si è trasformata in coppia genitoriale… in quest’ottica diventare genitori non può mai significare perdere qualcosa ma sicuramente acquisire il dono più bello che si cela in questo legame: l’Amore e la generatività” (Rossi, 2022).

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Bibliografia

Boivin J, Andersson L, Skoog-Svanberg A, Hjelmstedt A, Collins A, Bergh T (1998). Psychological reactions during in-vitro fertilization: similar response pattern in husbands and wives. Human Reproduction, 13, 3262-3267.

Donato, P. P., (1995), Ripensare le generazioni e il loro intreccio, Studi di Sociologia, Anno 33, Fasc. 3 (luglio-settembre 1995), pp. 203-223 (21 pages), Published By: Vita e Pensiero

Giacometti, K., Mazzei, D.,(2011), Il terapeuta sistemico – relazionale – Itinerari, mappe e nessi tra interazioni e rappresentazioni, Franco Angeli, Milano

Rossi, T., (2022), Nasce un figlio rinasce una coppia, https://www.rivistapsp.it/nasce-un-figlio-rinasce-una-coppia/

Saraceno, C., Naldini, M.,(2001), Sociologia della famiglia, Il Mulino, Bologna

Soriano, G., (2007), Maldetti. Pensieri in soluzione acida, Joker, Milano

Sitografia

(https://www.centropsicoterapia.org/disturbi-psicologici/disturbi-adulti/la-sofferenza-non-poter-figli/)

https://www.salute.gov.it/portale/fertility/dettaglioContenutiFertility.jsp?lingua=italiano&id=4570&area=fertilita&menu=medicina

Dott.ssa Vera Cantavenera , Psicologa Clinica, Coordinatrice sede di Agrigento Psp Italia