La violenza psicologica e le sue forme: il Gaslighting

La violenza psicologica e le sue forme: il Gaslighting

A cura della Dott.ssa Vera Cantavenera, Psicologa Clinica Pronto Soccorso Psicologico Italia

Abstract

Psychological violence is something real: real emotional abuse. Yet in the collective imagination, there is the idea that psychological violence is something more permissible, or in any case a violence of less gravity than physical violence.

Psychological violence enters the area of ​​subjectivity and tends to undermine the personal value, sense of identity, dignity and self-esteem of another person. A silent and nefarious form of psychological violence that occurs through manipulation is Gaslighting. In this examination, we will deal precisely with this phenomenon and outline the signs to recognize this form of violence and prevent it to combat it.

Riassunto

La violenza psicologica è qualcosa di reale: un vero e proprio abuso emotivo. Eppure nell’immaginario collettivo c’è l’idea che la violenza psicologica sia qualcosa di più ammissibile, o comunque una violenza di gravità inferiore rispetto a quella fisica.

La violenza psicologica entra nell’area della soggettività e tende a minare il valore personale, il senso di identità, la dignità e l’autostima di un’altra persona. Una forma silente e nefanda di violenza psicologica che si attua attraverso la manipolazione è il Gaslighting. In questa disamina si tratterà proprio di questo fenomeno e se ne delinieranno i segnali per riconoscere questa forma di violenza e prevenirla per combatterla.

Introduzione

Nel 1997, l’antropologa Franciose Heritier, definiva violenza “ogni costrizione di natura fisica, o psichica, che porti con sé il terrore, la fuga, la disgrazia, la sofferenza o la morte di un essere animato; o ancora qualunque atto intrusivo che ha come effetto volontario o involontario l’espropriazione dell’altro, il danno, o la distruzione di oggetti inanimati”.

La violenza psicologica rappresenta a tutti gli effetti una vera e propria forma di maltrattamento che seppur non riporta effetti fisici evidenti, ha  conseguenze altrettanto devastanti per chi la subisce. Generalmente per violenza psicologica si intende quella serie di comportamenti che mirano a svalutare una persona ponendola in una condizione di subordinazione e danneggiandone il benessere psicologico ed emotivo. Tale tipologia di maltrattamento rimane spesso nascosta, non viene riconosciuta o è sottostimata pertanto i suoi effetti sono più difficili da riconoscere, sia per la vittima stessa che per un osservatore esterno. La violenza psicologica è qualcosa di reale: un vero e proprio abuso emotivo. Eppure nell’immaginario collettivo c’è l’idea che la violenza psicologica sia qualcosa di più ammissibile, o comunque una violenza di gravità inferiore rispetto a quella fisica. Ma se è vero che le parole non feriscono il corpo, è vero anche che fanno sanguinare il cuore. Lo psicanalista Massimo Recalcati diceva “le parole sono pietre”; le parole possono fare molto male…offendono, umiliano, denigrano!

La violenza psicologica entra nell’area della soggettività e tende a minare il valore personale, il senso di identità, la dignità e l’autostima di un’altra persona. Oltre a ciò, recentemente è stato possibile osservare la ricorrenza a una nuova forma di manipolazione psicologica poco praticata in passato, ritornata oggi, in voga: il fenomeno del Gaslighting. Tale fenomeno si manifesta quando l’abusante presenta alla vittima false informazioni con l’intento di farla dubitare di se stessa, della sua stessa memoria e percezione, della sua capacità di analisi e valutazione della realtà fino a farla sentire disorientata, inadeguata, o addirittura sospettosa di star sviluppando un disturbo psichico.

Il Gaslightingsi verifica ogni volta che qualcuno mente, negando l’evidenza dei fatti ed imponendo una realtà alternativa, modificata a suo piacimento e tornaconto. E infine potrebbe essere agito attraverso la vera e propria messa in scena di situazioni insolite, bizzarre, con l’intento di disorientare e confondere la vittima.

In questa disamina si analizzeranno gli effetti della violenza psicologica e le sue forme, compreso il fenomeno del Gaslighting e dunque i sintomi, che le vittime manifestano. E per concludere si definiranno “i segnali” per riconoscere e prevenire questi maltrattamenti.

Considerazione

Esiste come accennato in precedenza quella silente, insidiosa violenza che non è fatta di sola rabbia espressa o agita ma, al contrario, è fatta di silenzi ostili, alternati a parole pungenti. Si tratta di forme di violenza psicologica, difficili da rilevare e comprendere, ma in grado di lasciare profonde ferite psicologiche, una di queste è il Gaslighting.

Quest’ultimo fenomeno è  un tipo di abuso che viene agito dal “gaslighter” (persona abusante), nelle relazioni ed è finalizzato a manipolare la realtà del “gaslightee” (vittima),  confondendola e privandola della fiducia in sé stessa e nelle sue capacità cognitive, fino a dubitare delle proprie facoltà mentali. Potremmo tradurre gaslighting come  “schiavitù percettiva”. Chi la subisce è quasi sempre una donna, e questo fa rientrare il fenomeno del Gaslighting nello schema della violenza di genere. Di fatto, quando si parla di Gaslighting, ci si riferisce ad una manipolazione emotiva agita nei riguardi della propria partner per indebolirne le energie mentali e fisiche. È una vera e propria tattica psicologica devastante che combina elementi di manipolazione, controllo, e sfruttamento della fiducia e che si manifesta ed evolve in quattro fasi:

– distorsione della comunicazione da parte del perpetratore allo scopo di insinuare dei dubbi;

– Incredulità e confusione della vittima;

– Difesa disordinata e aggressiva della vittima;

– Depressione e rassegnazione.

Molto spesso questo tipo di violenza psicologica viene minimizzato e percepito come un forte senso di protezione e umanità. Un così premuroso  controllo rappresenta poi di fatto la base per agire una “effrazione psichica” della mente della vittima.

Infatti, l’elemento su cui si fonda il gaslighting, è l’inganno. Il patner denigra la sua donna attraverso una strategia comunicativa costellata continuamente da frasi che disconfermano il suo percepito (“Ti ricordi male come sempre”, “Mi sto preoccupando per te perché dici cose strane”) e che negano fatti realmente accaduti (“Questo non è mai successo, ti inventi le cose”, “non ho detto questo, hai capito male come sempre”) e che portano la donna/vittima di quest’inganno a dubitare di se stessa e a credere di essere pazza. Infragilita, lesa nelle sue capacità decisionali e di fiducia in se stessa, la vittima va incontro a uno stato mentale depressivo e di rassegnazione, diventando insicura, vulnerabile e dipendente. Un processo che conduce la vittima alla perdita di sé; tutte le svalutazioni messe in atto per screditare apertamente tutto ciò che la donna è o fa, unite alla trascuratezza emotiva e alle intimidazioni e minacce, permettono la “colonizzazione” della mente della vittima.  

Tuttavia, il fenomeno del Gaslighting non è presente solo e per lo più nei rapportisentimentali, ma si può  verificare anche nei contesti amicali, familiari, a volte professionali, dove c’è o si crea uno squilibrio di potere e asimmetria tra manipolatore e manipolato.

In coppia, lo abbiamo già accennato, si manifesta dove c’è uno dei partner che ha l’obiettivo di mantenere il controllo e il potere sull’altro.

In questi casi si genera quasi sempre una relazione tossica contraddistinta da: svalutazioni più o meno subdole, costante discredito delle convinzioni, modalità passivo-aggressive, ambiguità, silenzi punitivi, umiliazioni, colpevolizzazioni, ricatti, menzogne, negazione o modificazioni di eventi accaduti, omissioni. Stessa modalità di manipolazione può verificarsi in amicizia quando il legame amicale in maniera repentina tende ad essere vissuto come esclusivo, totalizzante e possessivo.

Il Gaslighting, si può generare anche in famiglia dove c’è un genitore autoritario e iperprotettivo verso il figlio che lo tratta da incapace, non rendendolo progressivamente autonomo e in grado di assumersi le proprie responsabilità, facendolo sentire in colpa e poi velocemente distanziandosi.

E ancora questa subdola violenza silente e nefanda può essere agita in un contesto di lavoro. In quest’ultimo caso spesso ciò  che accade è  che il gaslighter agisce sul disconoscimento dei risultati e competenze, con il contemporaneo affidarsi all’altro, rinunciando al pensiero critico e al personale giudizio in una dinamica che gioca su aspetti affettivi, cercando contestualmente di ricreare un’appartenenza da ambiente di “famiglia”.

Identificare i campanelli di allarme e riconoscere la violenza psicologica non è semplice.

La violenza psicologica e la manipolazione provocano di fatto,  in chi la subisce:

– confusione e disorientamento;

– dubbi su di sé, insicurezza e inadeguatezza;

– maggior fiducia nell’altro che in se stessi;

– percepirsi vulnerabili e difettosi;

– dipendenza;

– idealizzazione dell’altro come forte e capace;

– vissuti di ansia, angoscia, rabbia, frustrazione, sensi di colpa, tristezza fino ad arrivare a sintomi depressivi;

– disturbi psicosomatici senza l’evidenza di un’origine organica.

Ovviamente affinché si configuri il fenomeno della violenza psicologica, devono verificarsi più episodi ricorsivi nel tempo che a lungo andare causano  grande disagio e angoscia nella vittima, la quale si ritrova sempre più incastrata in un circolo vizioso di abusi emotivi che variano per tipologia, intensità e frequenza.

Conclusioni

Alla luce di quanto sinora disquisito, volendo giungere ad una conclusione e dare un supporto alle vittime, è possibile asserire che è  difficile uscire dal circolo vizioso che incatena la vittima al suo abusante. Chi vive violenza psicologica non riesce a dare un nome a ciò  che sta vivendo eppure ha un’anima che pian piano viene “accartocciata”.

La violenza psicologica può essere definita un  processo di lenta erosione della personalità e delle difese della vittima che può svolgersi nell’arco di più anni e che, gradatamente, la rende incapace di essere consapevole degli abusi e di reagire in modo efficace e protettivo ad essi. Si tratta di un vero e proprio lavaggio del cervello, una manipolazione psicologica e relazionale, che tende a confondere la vittima attraverso una sistematica distruzione di ogni sua certezza, ogni punto di riferimento e fiducia in se stessa.

Per uscire da questo circolo vizioso il primo passo, ma anche il più difficile, è riconoscere che ciò che si sta vivendo è qualcosa di tossico, è violenza. Tornare ad essere padroni della propria vita, ricostruire la fiducia in se stessi, è  difficile. Quando chi a subire questa forma denigratoria di violenza è  la donna, autodeterminarsi per lei,  può essere un percorso lungo e faticoso, ma pienamente realizzabile. Di fatto è  possibile ed è utile chiedere un aiuto a professionisti o ai centri antiviolenza per essere sostenute nel superamento del trauma e sentire che il proprio valore è qualcosa che non dipende dall’altro, chiunque esso sia.

Bisogna abbattere il muro del silenzio e andare oltre, farsi aiutare da professionisti del settore.

Di fatto, attraverso il supporto psicologico la vittima può: normalizzare le emozioni contrastanti, spesso caratterizzate da senso di colpa e vergogna; comprendere il suo status e dunque accogliere le sue sofferenze.

Il supporto psicologico può fornire alla vittima gli strumenti adeguati  affinché conosca e riscopra le proprie risorse e al contempo favorire il processo di riabilitazione delle funzionalità psicofisiche in ogni sua sfera di vita quotidiana.

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Sitografia

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– https://www.ordinepsicologier.it/it/violenza-psicologica

Dott.ssa Vera Cantavenera, Psicologa Clinica, Pronto Soccorso Psicologico Italia