Accogliere il nuovo in famiglia

A cura della Dott.ssa Daniela Cusimano, Psicologa Clinica, Coordinatrice Pronto Soccorso Psicologico-Italia

Il bebè non si rispecchia soltanto “nello sguardo della madre”, ma anche nel sorriso del fratello, nel suo abbraccio, nella sua tenerezza e nelle sue premure (Petri, 1994).

“Ogni figlio è il risultato dell’incontro di quattro generazioni, per cui il corredo genetico è solo in parte condiviso” (Cigoli e Scabini, 2000)

Abstract

This article aims to offer parents those tools and resources to help the child cope with this exciting and, at the same time, challenging period of change towards growth and acceptance represented by the birth of a sibling. The family, in its life cycle, is used to overcoming a series of evolutionary tasks that inevitably lead to changes. These changes in the family structure require a transformation of relationships between members. In this phase, the parents have to welcome the new arrival, provide him with all the necessary attention, and encourage and involve the firstborn in this new event.

Riassunto

Il presente articolo vuole offrire ai genitori  quegli strumenti e  quelle risorse per aiutare il bambino a far fronte a questo, emozionante ed allo stesso tempo impegnativo, periodo  di mutamento verso la crescita e l’accettazione rappresentato dalla nascita di un fratellino. La famiglia, nel ciclo della sua vita, è abituata a superare una serie di compiti evolutivi che portano inevitabilmente  a dei cambiamenti. Tali cambiamenti, della struttura familiare richiedono una trasformazione dei rapporti tra i membri. In questa fase i genitori, si trovano a dover accogliere il nuovo arrivato e a fornigli tutte le attenzioni dovute, sia a incoraggiare, rendere partecipe  il primogenito in questo nuovo evento.

l’arrivo di un nuovo figlio

Introduzione

L’arrivo di un figlio produce, inevitabilmente, mutamenti profondi negli equilibri interni al nucleo familiare, sia esso composto dalla coppia coniugale, sia se già ampliato dalla presenza di altri figli. L’entrata di un nuovo componente nella quotidianità dei rapporti coniugali, e familiari di più membri di diverse età ed esigenze, impone, in maniera necessariamente rapida, la riorganizzazione della vita personale e collettiva, implica, anche, in tempi più lenti, importanti e profonde trasformazioni nelle relazioni affettive e sul piano della ridefinizione dell’immagine di sé, della propria posizione all’interno del gruppo familiare, del proprio ruolo rispetto agli altri. Anche l’immagine che si propone all’esterno, agli altri, di sé e della propria famiglia, in particolare riguardo alle sue origini e caratteristiche eterogenee, richiede una sostanziale riformulazione, All’interno di queste formulazioni trova esplicazione la relazione fraterna che va considerata come un vincolo, ossia un legame di dipendenza e di connessione dei figli/fratelli con le generazioni precedenti. Questo vincolo prevede che tra genitori e figli ci siano delle regole implicite ed esplicite da rispettare tra cui la lealtà e il  rispetto (Cigoli).

Ciò vuol dire che sta ai genitori, forti degli influssi provenienti dalla loro storia generazionale, creare la necessaria  differenziante della famiglia, ovvero, quella di creare legami unici con ciascun nuovo nato.

Infatti, essi devono prestare una particolare attenzione alla condivisione con loro dell’evento che sta per essere vissuto. Il disporsi all’arrivo di una sorella o di un fratello implica un incominciare a pensare a lui o a lei, in un coinvolgimento che può avere diverse forme, in base all’età dei figli, in un’attesa che rende partecipi sul piano emotivo e affettivo, prima del concreto avviarsi della relazione con la persona reale, la cui visibilità, non potendone osservare la crescita nel corpo materno, sarà sperimentabile solo al momento dell’incontro e, quest’ultimo rappresenta un momento delicato per tutto  il sistema  familiare che deve essere preparato con cura. Il primogenito, ad esempio, d’un tratto, si trova a dover dividere le attenzioni dei genitori con un nuovo arrivato che necessita di tantissime cure. E’ per questo motivo che, nell’ambito della riorganizzazione delle relazioni familiari,  il fratello più grande  può provare gelosia per il nuovo arrivato che è strettamente legata alla paura di perdere le attenzioni e le cure dei genitori. Tante volte è fisiologica, dovuta alla perdita dell’esclusività,  in quanto non può essere evitata, ma è certamente possibile mettere in atto dei comportamenti che possano peggiorarla.

E’ in questa fase, o addirittura durante la gravidanza, che il primogenito può presentare atteggiamenti regressivi, come il succhiare il pollice, fare pipì a letto, o la cacca addosso. Spesso, nei bambini più piccoli, capita di vedere anche comportamenti quali morsi, capricci, ricerca di attenzioni, che potrebbero essere interpretati come la manifestazione di un malessere interiore, difficile da spiegare e vivere in altri modi. Questi comportamenti che si presentano come dei veri e propri  disturbi somatici non sono altro che  l’espressione del sentimento negativo  della gelosia che il bambino non riesce ad esternare a parole. I sintomi, o meglio, le manifestazioni di disagio variano rispetto all’età. I bambini più grandi, infatti, tendono a manifestarsi nei loro ambienti quotidiani quali nido, scuola, etc., richiedendo l’attenzione degli altri e maggiori spazi personali.

Non tutti i bambini  però manifestano la gelosia così palesemente a volte capita che  alcuni bambini hanno spesso male alla pancia, presentano eruzioni cutanee, dormono male, fanno incubi durante il sonno, oppure rifiutano il cibo, presentano tic o hanno dei comportamenti insoliti. A seguito di ciò sarà cura dei  genitori essere molto attenti e studiare i propri figli  per cogliere il loro stato d ́animo, essere comprensivi e dargli conforto per sostenerli e dar voce al loro malessere. Ciò richiede particolare sensibilità e competenza educativa che i genitori dovranno mettere in campo nella gestione delle relazioni tra fratelli onde evitare che possano svilupparsi atteggiamenti di ambivalenza, conflittualità, gelosia. La difficoltà sta nel non comportarsi con i figli come fossero “tutti uguali”, cercando di dar corpo a un principio di equità di trattamento che, non solo può non servire a evitare conflitti tra loro, ma può anche ostacolare nei genitori la disponibilità a riconoscere le differenze/peculiarità in fatto di bisogni e risorse proprie a ciascuno. Se al primogenito viene richiesto uno sforzo maggiore, forse troppo grande, in termini di pazienza e capacità di comprensione, un atteggiamento genitoriale troppo tollerante verso l’ultimo arrivato può far nascere l’aspettativa di essere giustificato, legittimato per la sua tenera età anche ponendo in secondo piano le esigenze degli altri. Cosa questa che non aiuta il soggetto a comprendere quanto effettivamente gli sta accadendo, né ad apprendere modalità relazionali diverse; tra l’altro indispensabili nelle relazioni esterne al protettivo ambiente familiare.

Gli studi svolti nell’ambito della psicologia mettono in risalto che un fratello è una persona che appartiene allo stesso nucleo familiare e quindi condivide con noi una realtà fondamentale ed è soprattutto una persona che conosce tutti i nostri più intimi segreti.  Il sistema familiare rappresenta per ogni bambino il primo contesto di scambio e di condivisione grazie al quale, sentendosi sostenuto, potrà poi interagire con il mondo esterno.  Il  legame fraterno , quando nasce, può spesso portare con sé conflittualità, disagi, ma ciò è dovuto alla diversità dei caratteri e delle esperienze dei due protagonisti del rapporto. I fratelli non si sottraggono a questa “normalità” di conflitti ed è proprio questa diversità che, nel corso degli anni,  può essere trasformata in una risorsa.

Quando il primogenito si trova nella situazione  di dover accettare l’arrivo del nuovo membro della famiglia, può di conseguenza manifestare alcuni comportamenti che sono il risultato di ciò che vede e pensa.

Il fratello, di conseguenza,rappresenta da un lato il primo palcoscenico sociale cioè il primo scenario sociale dove il bambino inizia a capire cosa significa condividere, gestire delle emozioni tanto intense, quanto la rabbia o l’invidia, e cosa vuol dire indossare i panni di un altro per sviluppare l’empatia.

Il timore di essere diversi, vissuto durante l’infanzia , ma soprattutto nell’adolescenza, si affievolisce con il passare degli anni e, quando l’unico collegamento con la famiglia di origine rimane un fratello o una sorella e si è liberi dall’influenza esercitata dalla devozione ai genitori, si può cercare di soprassedere alle differenze.

Considerazioni

Quando all’interno di una famiglia viene alla luce  un bambino che  non è primogenito, i genitori e l’intero nucleo familiare posano un’attenzione particolare agli altri figli, in modo particolare se sono piccoli. In loro si evincono sovente  alcune reazioni più o meno accentuate sia a livello comportamentale sia di umore.

Si parla generalmente di gelosia tra fratelli, questa locuzione viene definita come uno “stato emotivo determinato dal timore, fondato o infondato, di perdere la persona amata nel momento in cui questa rivela affezione verso un’altra persona” (Galimberti 1999, p.455).

Al fine di contrastare il problema, le cure del genitore vengono indirizzate  al fratello maggiore, in modo che in lui non scaturisca la paura di non avere più l’amore della mamma e del papà, percepirsi meno importanti.

Le ultime ricerche fatte, hanno portato a modernizzare  la descrizione delle tappe di sviluppo del bambino, evidenziando dati significativi, molto interessanti, che a volte si scontrano con le convinzioni comuni. L’osservazione diretta ha portato ad inquadrare in modo chiaro l’esplosione dell’intelligenza nel bambino, seconda pietra miliare dello sviluppo globale, all’età di 4,5 mesi, quando il raggiungimento di molteplici capacità conduce il bambino a comprendere in modo chiaro semplici discorsi e comincia  ad interagire in modo attivo con l’altro.  Pertanto ci  troviamo  a confrontarci  con un fanciullo , che ascolta ed espone le proprie esigenze e comprende le eventuali disarmonie.

A questo proposito è utile menzionare  la frase di Friedrich Froebel, uno dei padri della pedagogia: “Ogni uomo, fin da bambino, deve essere conosciuto, riconosciuto e trattato come membro necessario, essenziale dell’umanità. Solo da questa considerazione dell’uomo, fin dall’annuncio della sua apparizione, può riuscire, fiorire, dar frutti, maturare la vera genuina educazione dell’uomo” (Froebel, pp.16, 18). Il bambino in quanto tale va considerato come uomo, membro essenziale dell’umanità, con lo stesso medesimo valore e dignità di ogni altro uomo.

Nello stesso tempo però sta vivendo un momento di sviluppo qualitativamente diverso, caratterizzato da particolari modalità di crescita, di apprendimento, di relazione e di espressione. Per potersi mettere in correlazione  con l’educando è necessario intercettare le caratteristiche dell’età che sta vivendo, per poter conoscere al meglio le sue modalità relazionali. Allo stesso tempo bisogna avere  una grande sensibilità all’ascolto. Il bambino si palesa con la parola, ma pure con  gesti, espressioni, stili relazionali. È fondamentale non suggerirgli  ciò che si vuol udire, ma invece  avere la pazienza di rimanere in attesa e lasciargli il tempo di esporre, secondo le sue capacità, ciò che prova e vuol esprimere.

Con questo tipo di approccio, si può provare ad esaminare ciò che succede quando nasce un fratellino, a comunicare e confrontarsi con fratelli e sorelle maggiori, seppur ancor piccoli, che evidenziavano qualche disarmonia,ne sono affiorati spunti interessanti.

Si parte dalla riflessione, la mamma resta incinta e, man mano che la pancia aumenta di volume, prepara il figlio più grande al nuovo arrivo, pronunciando  frasi del tipo:

Arriverà il fratellino, che bello! Tu potrai giocare con lui, ma anche, visto che sei più grande, gli insegnerai tante cose, aiuterai la mamma a crescerlo”.  Il piccolo si impregna di gioie e di aspettative, fino al fatidico giorno del parto, è qui che tutto cominci a cambiare. Nel momento in cui  la mamma ritorna dall’ospedale, ha paura di mollare il neonato in braccio con il fratello che, dopo le tante frasi riferite in precedenza, si trova in una situazione abbastanza  insolita. Quel bel fratellino, che lui avrebbe dovuto felicemente accarezzare ed aiutare a diventare grande,  può essere pigliato in braccio e relazionarsi con tutti, tranne che con lui. I due bambini possono avere solo relazioni saltuarie  e assodate, ma sotto stretta sorveglianza.

Alcune cose cominciano a non procedere nel verso giusto , come se ci fosse una  dissonanza nei compiti, nei ruoli e nelle relazioni, che il fratello maggiore prova ad esporre come può: i tentativi di rapporto col piccolo sono sempre più saltuari, agitati e quindi artefatti. La famiglia percepisce che c’è una difficoltà , ma lo comprende  in modo diverso, e quindi cerca di sistemare il tutto  con  strade che rafforzano il problema. Tutti tentano a dare considerazione al fratello grande: lo coccolano, intrattengono rapporti diversi con lui; ma il problema resta , perché non è stato captato. Il rapporto tra fratelli rimane infatti inalterato.

Se proviamo ad esaminare il primogenito nei suoi comportamenti, lo si  prova a dare ascolto senza produrre troppe interpretazioni, si percepisce piuttosto bisogno fondamentale costruire una relazione nuova  tra fratelli. Chi intuisce  il problema si orienta in modo diverso, più favorevole , prova ad attuare  delle situazioni in cui i due bambini possano restare  da soli e rapportarsi tra loro, in ambienti preservati, sorvegliati, ma in segreto.  È curioso guardare la delicatezza con cui un bambino preleva in braccio e tratta il fratellino neonato, anche se lui è più grande di qualche anno: di base deve esserci l’atteggiamento del genitore che lo fa rendere  consapevole  e si fida di lui. È interessante analizzare  quanto siano necessari nel rapporto educativo  “le azioni e gli atteggiamenti con cui l’adulto può offrire   nella semplicità, la percezione di essere stimato  e diventare grande . Semplici compiti  possono essere visti, soprattutto  le prime volte, come grandi e belle responsabilità” (Faberi 2016, p. 181).

Prendersi cura del  fratellino, il poter costruire una relazione individuale con lui, è in questo senso un’opportunità preziosa.

Comporta un’importante capacità da parte del genitore  la realizzazione  di un giusto rapporto tra “accordare e andar via” per soddisfare al bisogno di sicurezza e di conferma dell’educando per incentivare l’autonomia.  Conoscere la valenza pedagogica della distanza significa dare spazio alla capacità di iniziativa dell’educando, raccoglierne la storia, identificare le attese e soprattutto spronarlo a mettersi alla prova nei vari contesti di vita” (Passuello 2002, pp. 184, 187).

Il fratello maggiore può allora essere giudicato in semplici mansioni nel prendersi cura , spupazzare, far crescere il piccolo. In poco tempo si noterà come una nuova armonia sia venuta a creare  tra i fratelli e nella famiglia intera.

Ovviamente  la situazione a volte può non essere così semplice e l’affiancamento di un esperto può essere necessario  nel raccogliere, far affiorare e controllare le disarmonie espresse dal  figlio maggiore.

Questo articolo vuole essere  un ‘esortazione per la riflessione psico-educativa. quando nasce un fratellino o una sorellina, spesso gli equilibri e le armonie si modificano, possiamo parlare  effettivamente di gelosia?

Il trauma è per definizione uno sforzo maggiore delle capacità del soggetto di sopportarlo, integrarlo, trasformarlo in risorsa.
In certe circostanze  il bambino che prova gelosia e invidia per l’arrivo del nuovo fratellino/sorellina ha dei mutamenti  nella normale vita, che cambiano  le sue abitudini imparate e le conquiste di autonomia che aveva ottenuto. La gelosia può divenire segnale da trauma quando nel  bambino possiamo notare alterazioni della fame, del sonno, del controllo sfinterico, della partecipazione e attenzione a scuola; oppure presenta delle reazioni eccessive, come ad esempio aggressività e scoppi di collera, chiusura in se stesso, inibizione dell’azione, torpore del sentimento, iperprotezione del fratellino che pur vorrebbe eliminare, somatizzazioni improvvise e imprevedibili.

Questi sono possono essere visti come degli indizi di disagio che il bambino grande trasferisce  nella vita quotidiana: essi hanno bisogno di essere percepiti , esaminati, interpretati, e accompagnati da provvedimenti affettuosi. Sono segnali che possono attirare l’attenzione dell’adulto, e hanno infatti, per il bambino, quella finalità. Sono messe alla prova  che possono essere passeggere se stimolano l’attenzione dei genitori, che, grazie agli stimoli del figlio coinvolto, se ne prendono a cuore.
Quindi non bisogna mescolare  l’ episodio traumatico (nascita del fratello) con un suo possibile fine, ossia la “nevrosi traumatica”, che ha peculiarità di soluzione  nel contingente e nel presente.
È rilevante dunque ragionare della nascita di un nuovo figlio come di “alterazione  allo sviluppo” del primogenito, diverso dal “conflitto evolutivo”: questo è marcato dall’ambiente familiare incline per esempio quando non si percepisce immediatamente della difficoltà del bambino, non piglia provvedimenti amorevoli subito,ma  lascia procedere  gli input  che il bambino getta come richiami di aiuto, e consente un insediarsi di certe difficoltà e certe protezioni che il bambino metterà in pratica. L’interferenza di sviluppo è incentivata inoltre dalla coesistenza dei conflitti tipici dell’età, che ne favoriscono l’entità e la drammaticità, e possono convertirlo in conflitto evolutivo.

Conclusioni

Per accogliere  proficuamente  un neo fratello, pur oltrepassando la gelosia, il figlio maggiore deve poter essere premiato nei suoi bisogni fondamentali, e non sentirsi sottratto; diventa necessario avere  un buon rapporto collaterale fra genitori, in modo che il mutuo soccorso sia messo in atto  in favore del bambino maggiore, del bambino più piccolo, della casa, della madre e dei suoi doveri.

Il nuovo arrivato è ben accolto se il suo posto è stato allestito  insieme da tutta la famiglia, e se il bimbo grande è stato reso partecipe nella preparazione, specie per l’assestamento del suo spazio, dei suoi giochi, dei suoi abiti.

L’età del primogenito varia la capacità di accettazione, a seconda dello sviluppo psicologico; di conseguenza regola  l’intervento dei genitori: una minore differenza di età tra i due fratelli corrisponde ad adeguamento del bambino grande più difficoltoso e ad un maggiore lavoro  dei genitori; una maggiore differenza di età tra i due figli corrisponde  ad un adattamento più semplice  da parte del maggiore e maggiormente flessibile della frustrazione, oltre che dell’ avere in comune  l’amore genitoriale. Il bambino più grande se ha dai 6 anni in poi di differenza col fratello, ha più capacità di sentirsi sicuro di piaceri oramai assodati, piaceri che funzionano  da stabilizzatori della difficoltà di approvazione del nuovo venuto.

La competizione che potrebbe presentarsi  è normale; bisogna accoglierla  e affrontarla è opportunità di maturazione, maggiore che non possederla  e non sperimentarla: essere figli non unici fa comprendere le capacità di adattamento personale, essere figli unici dà certezza di amore,  ma priva l’esperienza della condivisione.

Nella gestione  della gelosia è meglio possedere  un socio che un nemico; e quindi sia da parte dei familiari sia da parte del bambino è importante provare ad arrivare  un’accettazione profonda del nuovo venuto, che sarà opportuno predisporre in tempo.

Come se non bastasse  è molto importante sostenere sempre che la relazione tra fratelli è la conseguenza di una intimità tra i genitori, dal punto di vista del bambino, imposta e non scelta, e che le sue lotte di ingiustizia sono evidenti se se accettate affettuosamente e come incluse del normale flusso della vita.

Prendiamo infine in evidenza, al fine di agevolare  la nascita di un secondo o terzo figlio, che il rapporto tra fratelli e sorelle è unico tra i rapporti umani, perché comincia con la nascita e finisce con la morte; unico anche per l’avere in comune  il patrimonio genetico, la condivisione dell’ ambiente cultural-familiare, di avvenimenti  in un unico sistema familiare.

L’essere fratello o sorella è un ruolo conferito e non appreso, sicché si resta  fratelli o sorelle a prescindere  dalle circostanze o dalle scelte di vita: pertanto vale la pena di costruire  con cura una buona relazione che inizi bene fin dall’inizio.

Avere fratelli e sorelle, in conclusione, è un bene , ossia un’opportunità della vita per prosperare , sostenere , accompagnarsi nell’esistenza.

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Bibliografia

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Dott.ssa Daniela Cusimano, Coordinatrice PSP-Italia