Alla scoperta della Terza Età

A cura della Dott.ssa Pamela Cantarella, Psicologa Clinica, Responsabile Settore Comunicazione PSP

Alla scoperta della Terza Età

La vecchiaia è l’epoca privilegiata di quella saggezza che in genere è frutto dell’esperienza, perché il tempo è un grande maestro”

(Giovanni Paolo II, “Lettera agli anziani”, 1999)

Il termine Terza Età viene utilizzato per indicare l’ultima parte del ciclo vitale umano, generalmente dai 65 anni in poi, sebbene la SIGG (Società Italiana di Gerontologia e Geriatria), tenendo conto dell’allungamento medio della speranza di vita alla nascita (circa 83 anni), abbia proposto di spostarne la soglia di ingresso a 75anni.

In questa particolare fase di vita, che scandisce l’ultimo capitolo dell’esistenza di ogni essere umano, sono previsti tutta una serie di “eventi critici” che colpiscono la persona sotto diversi punti di vista: si tratta di un quadro multidimensionale e dinamico di mutamenti biologici, psicologici e sociali con annesse conseguenze tanto che, le particolari esigenze e le problematiche che ne derivano, se non affrontate per tempo e nel giusto modo, finiscono per rendere ancora piú difficile un periodo già di per sé delicato e complesso, soprattutto sul piano psicologico ed emotivo.

La persona che lo vive, protagonista di tutte le trasformazioni e dei conseguenti cambiamenti di ruolo sia nei confronti della famiglia che della società, si trova a dover “riorganizzare” il proprio modo di vivere, per riadattarlo alle aspettative ed ai nuovi compiti che questa particolare età comporta; ma non sempre ci riesce!

La vecchiaia molto spesso viene infatti vissuta come una condizione di inesorabile declino (fisico e cognitivo), di riduzione del vigore e dell’autonomia, di asessualità, di precarietà economica …e quindi di tristezza, di isolamento, di nostalgia che nasce da un confronto tra passato (valutato in maniera positiva) e presente (valutato in maniera negativa), di carenza di autostima, di timore di dover dipendere dagli altri, di sentimenti di inutilità, di mancanza di obiettivi e di progettualità, di paura della morte.

Ad alimentare ancora di più tutto questo, (seppur si tratti di pensieri che nascono da considerazioni ragionevoli e da fatti oggettivabili), ci sono tutta una serie di “stereotipi legati alla vecchiaia”: credenze, immagini e visioni negative della stessa, che non fanno altro che portare il soggetto ad un processo di “interiorizzazione” di tutte le vulnerabilità e le fragilità prima descritte, con conseguente demotivazione alla messa in gioco di sé stesso e, quasi inevitabilmente, ritiro sociale.

Proprio a questo proposito Hillman afferma che “La patologia principale della vecchiaia è l’idea che se ne ha della stessa”.

La vecchiaia però non sempre è stata connotata negativamente.

In un passato non molto lontano gli anziani erano considerati insegnanti e custodi della cultura, depositari della conoscenza e del sapere, e della possibilità di trasmetterli alle generazioni a venire; la vecchiaia, dunque, evocava autorevolezza e saggezza, suscitando grande riconoscimento e rispetto.

Platone affermava che “solo alla fine della vita l’uomo acquista la saggezza e la conoscenza delle cose”, e Tolstoj dichiarava con enfasi che “il progresso morale dell’umanità lo si deve ai vecchi. Essi nel corso della loro vita diventano migliori e più saggi, e trasmettono la loro esperienza alle nuove generazioni; senza di loro l’umanità rimarrebbe stazionaria”.

Del resto, la vera saggezza non è questione di teoria, bensì di conoscenza “applicata” e vissuta nella quotidianità e nei rapporti sociali, così da generare un vero e proprio ampliamento di esperienza e di coscienza.

Oggi, nella nostra società super-tecnologizzata, frenetica e consumistica, l’acquisizione della “saggezza” nella modalità appena descritta appare un processo fortemente anacronistico, laddove oramai il sapere si acquisisce velocemente ed “autonomamente”, soprattutto attraverso la Rete;

la preziosa fonte di saggezza rappresentata dall’anziano viene sostituita da una disarmante facilità di reperimento di informazioni e conoscenze, alle quali chiunque può avere accesso (navigando per esempio in Internet, comodamente da casa propria), tanto che i “racconti” stessi dei vissuti di coloro che hanno già affrontato le vicissitudini dell’esistenza, ritenuti un tempo estremamente affascinanti, perdono di valore e del forte significato simbolico di “connessione tra le generazioni” di cui erano profondamente intrisi.

Inoltre, i cambiamenti demografici degli ultimi anni, dovuti all’aumento della speranza di vita e ad un allungamento della stessa (con conseguente “invecchiamento” della popolazione), hanno fatto contemporaneamente innalzare i tassi di prevalenza dei disturbi cognitivi e delle malattie croniche degenerative, con insorgenza proprio durante la Terza età, che si aggiungono al fisiologico declino fisico progressivo dovuto all’avanzare del tempo.

Ed essendo il benessere emotivo legato in modo assai marcato allo stato di salute fisica, é chiaro come quest’ultimo sia un mediatore fondamentale per il raggiungimento ed il mantenimento di uno stato di benessere anche e soprattutto psichico.

Alle compromissioni sul piano fisico e cognitivo si aggiungono la privazione di una collocazione sociale (data soprattutto dal ritiro dall’attività lavorativa) ed una generale mancanza di senso e di scopi, che rendono le persone anziane preda di timori e preoccupazioni, tristezza e sconforto.

Invecchiare è passato dall’essere un processo naturale all’essere divenuto un “problema sociale” a tutti gli effetti, per quanto appena scritto e, soprattutto, per il suo rappresentare, all’interno della società, un forte peso e vincolo, a causa delle implicazioni che i carichi di mancata autosufficienza e di malattia comportano in termini di fabbisogno di assistenza.

Per uscire da questa visione pessimistica e scoraggiante, e per fronteggiare tutti i sentimenti negativi che fin troppo frequentemente vengono associati (e purtroppo concretamente “vissuti” dai diretti interessati) a questa fase di vita, bisogna adottare la convinzione che lo sviluppo e il progresso umano non si arrestino mai, e che proseguano durante tutta l’età adulta, fino alla senilità: “ciascuna fase della vita, compresa l’anzianità, ha quindi insite possibilità di modificazione ed accrescimento, e si presenta come una attiva e densa possibilità di evoluzione e sviluppo” (Life-Span Psychology, Baltes).

È proprio in questa cornice che si inserisce il concetto di “Invecchiamento Positivo”, che fa prevalere la prospettiva secondo la quale l’anziano é una risorsa molto importante della società, che ha ancora molto da dare e che può invecchiare in “modo attivo”: rimanendo innanzitutto sempre “aperto” alle relazioni con gli altri, svolgendo un ruolo di aiuto e supporto ai propri familiari, intraprendendo attività di volontariato, viaggi, hobbies e sport (proporzionalmente alle proprie condizioni di salute).

Tutte queste esperienze vanno a “nutrire” i vari ambiti di vita del soggetto, da quello affettivo a quello cognitivo e motivazionale, da quello strettamente personale a quello sociale, consentendo una “riqualificazione” dell’anziano, ed un recupero della percezione di competenza, auto efficacia e della stima di sé.

Per cui, un lavoro di tipo psicologico rivolto alla Terza Età dovrebbe essere prettamente orientato alla valorizzare delle capacità residue e delle risorse presenti nella persona anziana e nel suo ambiente di vita, ed al potenziamento di un suo stato di benessere in senso “olistico”, piuttosto che concentrato esclusivamente sulla cura degli aspetti patologici, che tuttavia devono essere considerati e presi in carico, magari anche da specialisti di altri settori;

con un soggetto tendenzialmente “polipatologico” quale é il paziente geriatrico, risulta infatti imprescindibile l’utilizzo di un “approccio multidimensionale“, sia in fase di intervento vero e proprio, che di valutazione e pianificazione dello stesso.

Gli specialisti del Pronto Soccorso Psicologico-Italia sono consapevoli del fatto che, nell’affrontare la tematica dell’Invecchiamento, per una buona riuscita della pratica clinica, é fondamentale conoscere e tenere presenti le caratteristiche dell’anziano e del suo ambiente di vita, avere consapevolezza delle dinamiche sociali e psicologiche, oltre che dei cambiamenti fisiologici che caratterizzano quest’ultima fase di ciclo vitale,cosí come riconoscere i propri atteggiamenti e le proprie credenze in merito a tutto ciò.

Saper invecchiare è il capolavoro della saggezza, ed uno degli aspetti più difficili della grande arte del vivere” (Henri-Frédéric Amiel);

il Pronto Soccorso Psicologico Italia può aiutarti a farlo, guidandoti con professionalità verso una visione evolutiva e costruttiva dell’esistenza e dei rapporti sociali, che va mantenuta fino all’ultimo giorno di vita.


Dott.ssa Pamela Cantarella

Psicologa Clinica, Responsabile Settore
Comunicazione PSP