a cura di: Prof.Mariano Indelicato, Psicologo Psicoterapeuta, Presidente Pronto Soccorso Psicologico Italia
“…Il latte della madre non affluisce come un’escrezione, ma è una risposta a uno stimolo e lo stimolo è la vista, l’odore e la sensazione del suo bambino e il suo pianto che segnala un bisogno. La madre è la sola persona che può in modo appropriato presentare il mondo al bambino in una forma che abbia un senso per lui. Essa sa come farlo, non perché sia addestrata e abile, ma solo perché è la madre”. (Winnicott)
L’allattamento materno non rappresenta una semplice modalità nutritiva ma, soprattutto, una forma comunicativa e relazionale tesa a favorire il contatto fisico, pelle a pelle, il contatto olfattivo e visivo tra lo sguardo della madre e quello del bambino. L’allattamento al seno favorisce un importante scambio di sensazioni fisiche e psichiche che determina, oltre a un dialogo intimo tra mamma e figlio, il formasi di un legame profondo. Durante l’allattamento, oltre alla bocca che si attacca al capezzolo, il naso, il mento e le mani del bambino sono a stretto contatto con la pelle della mamma. Le parole affettuose di quest’ultima durante le fasi di suzione e nelle pause in cui il bambino rivolge il proprio sguardo alla madre che lo corrisponde contribuiscono a stabilire ciò che Bowlby ha definito come l’attaccamento sicuro. Negli anni ’60 Harlow, in contrapposizione alle concezioni classiche della psicoanalisi che teorizzava il legame d’attaccamento come il piacere legato alla suzione e al soddisfacimento della fame, dimostrò , attraverso degli esperimenti con scimmie rheus che simulavano l’esperienza dell’alimentazione infantile, che esse preferivano il contatto con un manichino ricoperto di peluche rispetto ad uno di rete metallica. Un contatto fisico “caldo” rappresenterebbe, secondo questo autore, un forte bisogno all’inizio della vita costituendo il fattore centrale del legame di attaccamento.
Il paradosso del processo di attaccamento è che esso si sviluppa attraverso la sperimentazione dell’autonomia. Il taglio del cordone ombelicale fa vivere alla madre e al bambino l’esperienza dell’altro con cui devo entrare in relazione al fine di potermi “attaccare”. Questa esperienza metaforicamente trova significazione nell’allattamento. Come sostenuto da Winnicott , il bambino, senza che nessuno glielo insegni, steso sul ventre materno ricerca e trova il capezzolo materno per potersi alimentare e attaccarsi al seno. E’ in questo modo che inizia ad adattarsi all’ambiente esterno: l’autonomia può essere sperimentata solo attraverso la sicurezza di trovare un porto sicuro costituito, in questo caso, dal seno materno. La comunicazione face-to-face, che avviene durante le pause delle poppate, riflette la capacità dell’adulto di rispecchiare gli stati affettivi del neonato aiutandolo a connettere la propria esperienza affettiva a quella del bimbo, così che dalla percezione di queste espressioni affettive si avvia la prima connessione con l’esperienza interna dell’altro. Beebe e Lachman hanno affermato che quando una madre e un bambino riescono a sintonizzare le proprie modalità di funzionamento affettivo e temporale, ciascuno ricrea uno stato psicofisiologico interno simile a quello dell’altro. La risonanza affettiva che fornisce il careviger tende, così, ad accentuare l’informazione percettiva e a motivare il neonato ad agire con modalità adattive, affettivamente contingenti alle espressioni del partner e favorire lo sviluppo dell’esperienza di intersoggettività.
Stern sosteneva che ““Il nostro sistema nervoso è costruito per agganciarsi a quello degli altri esseri umani, in modo che possiamo fare esperienza degli altri come se ci trovassimo nella loro stessa pelle” . Le recenti scoperte dei neuroni specchio hanno dato basi biologiche e neurofisiologiche ai suddetti processi. In sostanza all’interno di ogni individuo esiste, fin dalle prime ore di vita, una forma di rispecchiamento, ovvero la riproduzione delle relazioni con il caregiver. L’individuo ha una capacità innata e preprogrammata di internalizzare, incorporare, assimilare, imitare, ecc., lo stato di un’altra persona, e i neuroni specchio costituiscono la base di questa capacità. Ma per il raggiungimento della sua piena espressione questa predisposizione ha bisogno di avere come complemento un adeguato comportamento del caregiver che lo rispecchi, interagendo con lui in modo coerente o prevedibile. La qualità della relazione col caregiver, quindi, è di straordinaria importanza, come sostenuto da Bion, poichè la costruzione della capacità di comprendere i propri stati mentali, come pure quelli degli altri, è la risultante della capacità da parte della madre di pensare e reagire il più correttamene possibile agli stati mentali del bambino. In questo senso, la mamma funziona, come sostenuto da Gergely e Watson, da “biofeedback sociale”, nel senso che il bambino aggiusta le proprie emozioni monitorando le reazioni del caregiver che gliele rispecchia: ad esempio, assegna un significato a una emozione o percezione somatica osservando la risposta affettiva della madre.
L’allattamento costituendo la prima delle esperienze di attaccamento può risolversi in maniera positiva o negativa. Accanto, infatti, all’attaccamento sicuro è stato descritto quello insicuro che si determina nel momento in cui la madre è incapace di rispondere in maniera adeguata e/o in maniera ansiosa alle esigenze, ai bisogni del figlio. Se da un alto, vi è la good enough mother (la madre sufficientemente buona) che è quella madre che permette al bambino di esprimere le sue angosce, tollerandole e contenendole senza angosciarsi a sua volta restituendo al figlio le emozioni di lui, filtrate dal contenimento e bonificate, dall’altro, troviamo la “madre castrante” ovvero iperprotettiva, inibente, ansiogena, preoccupata, simbiotica. Quest’ultima è continuamente in ansia non tollerando che il figlio faccia il suo mestiere di sperimentare la sua autonomia attraverso la turbolenza infantile come fare dispetti e disubbidire.
Il problema è che un un rispecchiamento inadeguato può essere la causa di vari deficit di mentalizzazione con serie conseguenze nella vita adulta, come ad esempio una sintomatologia borderline (sensazioni di vuoto, diffusione di identità, carenza di empatia, aggressività e impulsività dovute a deficit di mentalizzazione, ecc.).
Da quanto fin qui descritto, l’allattamento è una esperienza fondamentale che ha conseguenze piuttosto importanti nello sviluppo futuro dell’individuo. Non è un caso che nel 2007 l’UNICEF ha lanciato una importante campagna di sensibilizzazione, nel momento in cui si erano sviluppate una serie di credenze errate legate all’allattamento al seno e le mamme in maniera egoistica erano più attente al loro aspetto fisico piuttosto che alle esigenze dei loro figli, promuovendo una pratica definita “Breast Crawl”. Quest’ultima prevede che il neonato mezz’ora dopo la nascita venga posto sul ventre materno in modo da ricercare il seno per potersi nutrire e risentire i profumi, gli aromi e i rumori tipici del periodo fetale.
Nella lingua anglosassone si utilizza il termine “bonding” per indicare una relazione intima tra madre e bambino fautrice della costruzione di un legame e di un attaccamento profondo. Non vi è dubbio che l’allattamento costituisce una tappa fondamentale al fine di soddisfare sia le esigenze fisiche, sia quelle emotive, necessarie per lo sviluppo sano dell’individuo. Un allattamento ben riuscito può accrescere la sicurezza della madre e l’adattamento al ruolo materno, oltre che favorire l’instaurarsi di un legame emotivo duraturo, “bonding”, con il proprio bambino.
Il Pronto Soccorso Psicologico Italia resta al servizio di tutte le future mamme che durante il periodo di gravidanza sviluppano ansie eccessive rispetto alla comprensione delle future esigenze dei propri figli e per tutte le neo mamme che nutrono dubbi e preoccupazioni rispetto ai comportamenti e alle risposte da dare ai propri figli in modo da instaurare un “bonding” duraturo.
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