A cura della Dott.ssa Vera Cantavenera , Psicologa Clinica, Coordinatrice sede di Agrigento Psp Italia
Ieri come oggi, avere coraggio significa per una donna pensare e scegliere con la propria testa, anche attraverso un silenzio nutrito di idee.
(Dacia Maraini)
Il termine generico DONNA, deriva dal latino volgare dŏmna, ossia dŏmĭna – “signora-padrona della domus- casa. Con tale termine si suole indicare il nome generico della femmina della specie umana, ma si dice più propriamente di quella che abbia, o abbia avuto, marito, così come sta ad indicizzare il sostantivo latino “mulier”. Via via che una bambina cresce diventa donna o propriamente chiamata femmina adulta, così che Donna sta per una ragazza che è cresciuta.
Mentre riferendoci a tutte le persone di genere maschile si usa il termine uomo, quando usiamo il sostantivo “donna” ci si può riferire a tutte le donne, al potere e non, ma talvolta capita che per indicare ad esempio la donna delle pulizie si usa l’espressione : “ho preso una donna che mi aiuti nei lavori di casa”, oppure ancora, un uomo riferendosi alla sua compagna o moglie dice: “la mia donna”.
Malgrado, le lotte per la parità femminile, hanno etichettato queste espressioni come risultato e frutto di un pensiero di tipo maschilista, esse sono ormai nei modi di dire e nel linguaggio comune. Non per questo, però, le donne si sono fermate , anzi nel tempo hanno fatto e continuano a fare le loro rivoluzioni: dalle lotte a favore del divorzio e dell’ aborto, allo sciopero nelle fabbriche, alle piccole o grandi conquiste via via ottenute.
Nel tempo la donna ha infatti, cambiato diversi volti divenendo protagonista in vari ambiti, assumendo diversificati ruoli. Di fatto, la donna, da sempre figlia, poi ragazza e alcune volte moglie e madre rispetto al passato si è affermata secondo le proprie passioni e inclinazioni in vari ambiti: nel lavoro, nello sport, nella cultura, nell’arte, nel mondo del volontariato…divenendo donna capace di apportare in ciò che fa quell’approccio tipicamente femminile che rende speciale il suo impegno, non migliore, ma sicuramente peculiare… … Donna che incontriamo nella vita quotidiana: dalla casalinga all’operaia e all’imprenditrice passando attraverso vari lavori, dalla dirigente scolastica alla studentessa, dalla donna militare alla donna impegnata nel sociale, dalla pittrice alla sportiva, dalla danzatrice alla musicista …
Lungo il corso dei secoli, la condizione della donna ha subito parecchi cambiamenti. Per tanto tempo ha subito condizioni meno favorevoli, indipendentemente dal contesto o paese in cui era inserita, rispetto all’uomo sia dal punto di vista civile, economico e giuridico. Inoltre, è rimasta priva di una serie di diritti e di attività sociali. Ma mentre ad esempio, nelle civiltà arcaiche, la donna era la regina della famiglia e la sovrana della comunità perché generava la vita, nell’antica Grecia il suo ruolo cambiò completamente. Molti tra i più grandi filosofi del tempo, come Platone, Pitagora o Euripide la consideravano incompleta, più propriamente difettosa, ignorante e inferiore, per tale ragione, fino alla morte assoggettata alla potestà del padre e/o del marito. Anche in epoca romana si doveva occupare esclusivamente dell’educazione e del mantenimento dei figli oltreché della casa. Le scelte erano demandate al paterfamilias che ricopriva anche cariche pubbliche. Facevano eccezione le mogli degli imperatori che erano impegnate nella vita politica e, di conseguenza, potenti e libere.
È nel Medioevo che la donna inizia ad acquisire gli stessi diritti dell’uomo, inizia a studiare e lavorare. Tuttavia, potevano svolgere solo determinati lavori (cuoche, massaie, domestiche)per lo più femminili e, spesso, inoltre lavoravano nell’industria tessile. Se lavoravano nell’impresa di famiglia, il capo era sempre il padre (a meno che non fosse venuto a mancare, ma erano comunque casi rari). Generalmente in queste situazioni non tenevano mai, loro, le relazioni pubbliche con i clienti e non effettuavano le trattative, poiché questa era una mansione riservata esclusivamente agli uomini; le donne si occupavano solo dei conti, delle spese e del bilancio.
A metà dell’Ottocento invece, con l’espandersi del settore siderurgico meccanico, molte donne rimasero a casa, dato che il lavoro era considerato “troppo impegnativo” per loro.
Le condizioni della donna “ricambiano” nel periodo fascista, dove addirittura chi voleva far accedere la propria figlia femmina agli studi superiori doveva pagare delle tasse più alte. Le lotte femministe, anche in questo periodo oscuntarista, hanno raggiunto grandi risultati come il diritto di voto per le donne. Di fatto, se ci fermiamo per un attimo a pensare è possibile asserire che: fino a meno di un secolo fa, in Italia, le donne non potevano votare. E in altri Paesi hanno raggiunto questo diritto anche in tempi recenti, un esempio ci è dato dall’Arabia Saudita, dove le donne hanno acquisito il diritto al voto nel 2011.
Ma cosa significa essere donna? Qual è il vero volto della donna o quello che ha e vuole mostrare?
Ancor oggi, essere donna non è una passeggiata, la storia ci insegna che da sempre le donne hanno dovuto lottare per affermarsi e hanno vissuto una realtà cruda, ingiusta e difficile, da cui traspaiono rabbia e paure, ma anche tutta la forza e la resilienza che da sempre mostrano. Essere donna per alcune ragazze ha significato avere una vita più difficile rispetto ai loro coetanei maschi: sacrifici, rinunce, senso di sicurezza precaria, è ciò che emerge spesso da alcuni racconti.
Poiché, anche se nel tempo la donna si è emancipata, ancor oggi vive in una condizione di disuguaglianza rispetto all’uomo e chissà quanto tempo passerà per garantirle la vera parità. Ci sono ancora molti tasselli mancanti che devono essere trattati e fronteggiati per reclamare diritti di cui ancor’oggi essa è sprovvista. Ciò cui manca ancora sono delle leggi più severe e legiferate per tutelare maggiormente la donna in tutti i campi anche sul posto di lavoro. Qui, di fatto, ci vorrebbe maggiore flessibilità per le madri lavoratrici, la parità salariale e l’estensione del congedo di paternità che dovrebbe essere estesa.
Tutto questo dovrebbe essere attuato non soltanto in segno di civiltà, ma come soluzione volta a garantite una maggiore equità sia dal punto di vista delle pari opportunità lavorative, sia della gestione del carico famigliare. Sarebbe opportuno fare di più anche a livello sanitario; garantendo ad esempio visite di screening gratuite, assicurando il diritto all’aborto in tutte le strutture sanitarie pubbliche e una maggiore accessibilità alla pillola contraccettiva, distribuendo assorbenti gratis nelle scuole e nei luoghi pubblici. Si potrebbe, inoltre, introdurre il congedo mestruale nelle aziende, e, infine, offrire la possibilità di essere visitate da medici in grado di affiancarle durante la diagnosi, senza sminuirne i sintomi nè giudicarle. In sostanza, si dovrebbe promuovere, con l’introduzione delle suddette norme, il diritto all’autodeterminazione.”Essere donna non è mai stato facile, e sembra continuare a non esserlo”.
Si impara da piccole che cosa voglia dire essere donna, viene trasmesso dalla mamma, modello femminile con cui confrontarsi e specchiarsi. Sono le madri a chiarire che essere donna significa: “dar vita, essere forti e lottare; non lasciarsi abbattere, dimostrare continuamente quello che si è e quello di cui si è capaci; sopportare: le avversità della vita, le differenze di genere, gli sguardi indiscreti, i giudizi; dare sempre il meglio, in una sfida continua, contro l’altro sesso, contro le altre donne”. In questa sfida continua non si può rimanere indietro il rischio sarebbe di non essere considerata abbastanza donna.
Sì, è così da sempre! Da sempre le madri ripetono che essere donna significa nascondere”:
– nascondere che stai male;
– nascondere le delusioni;
– “nascondere le umiliazioni, perché, alla fine “era solo una battuta” che non sai guidare, non sai parlare, non sai cambiare una ruota alla macchina e via dicendo…”
– nascondere i chili di troppo, la cellulite, le tette piccole o quelle troppo grandi così come quel “culo calato o quello enorme”.
E ancora che, per essere considerata donna si deve per forza, diventare madre, altrimenti non si vale nulla. Invece, avrebbero dovuto insegnare… quant’è bello amarsi! Infatti, se solo la donna avesse imparato a non aver vergogna d’essere donna e d’avere un corpo desiderabile e femminile. Se solo la donna avesse pensieri più positivi e meno remissivi, fosse sì forte ma in grado non di nascondere piuttosto manifestare i propri sentimenti, esprimere i propri pensieri e avere sempre una propria idea, verificarla, cercarla, non fermarsi alla apparenze e fare sempre quello che reputa giusto per se stessa, senza seguire la massa o le decisioni degli altri, a meno che non rispecchino le sue stesse decisioni. Se solo la donna avesse acquisito realmente il concetto d’esser indipendente ovvero sia il non dover dipendere da nessuno, che sia un marito, un compagno, un padre o anche la propria stessa madre, non solo a livello affettivo ma anche economicamente, allora forse, si potrebbe sperare in un vero cambiamento radicale. Perché nel tempo e ancor oggi la donna si augura d’esser libera.
Libera da convenzioni sociali che la vogliono angelo del focolare o spietata donna in carriera. Libera di muoversi per le città a qualunque ora del giorno e della notte. Libera di indossare qualsivoglia indumento, senza timore d’aver gli occhi puntati addosso. Libera di vivere la propria vita senza dover scendere costantemente a compromessi, richiesti anche sul posto di lavoro. Libera da pregiudizi e canoni estetici irraggiungibili. Libera di poter scegliere per sé stessa e per il proprio corpo. Libera da stereotipi e pregiudizi che da tempo aleggiano attorno alla sua figura.
Ma si sa, che ci vuol parecchio tempo, perché il mondo si adatti ad una “rivoluzione concettuale” e “faccia propri” i cambi. Cambi, che sono possibili solo con l’educazione dei bambini. È da bambini, infatti, che si dovrebbe imparare e mai dimenticare che la donna va Amata: deve amarsi e dev’essere rispettata!
Ogni donna dovrebbe imparare ad ascoltare le proprie emozioni e i propri desideri e provare a vivere in primis per la propria felicità, non soltanto per quella altrui; dunque impare ad essere la donna che si vuole e non quella che gli altri si aspettano che sia.
I professionisti del Pronto Soccorso Psicologico-Italia operando a garanzia del benessere psicologico delle persone hanno la piena consapevolezza che per eliminare certi stigmi e pregiudizi che da sempre ruotano attorno alla figura della donna, e da sempre la connotano e designano come “il sesso debole” , bisogna compiere un’azione culturale capillare e costante di informazione e di sensibilizzazione, a vari livelli e su tutti i fronti istituzionali, affinché si valorizzi a 360° il “prezioso” ruolo della donna, sotto diversi punti di vista. Inoltre l’equipe del PSPI presente nelle proprie sedi 24h su 24 può essere di supporto e sostegno a tutte quelle donne che in qualsivoglia momento sentendosi sole e fragili, desiderano essere aiutate per: accrescere la propria autostima, riappropriarsi di sé stesse, “slegarsi” da legami patologici, uscendo così dal tunnel della dipendenza affettiva e della subitanza psicologica, fisica ed economica.
Dott.ssa Vera Cantavenera , Psicologa Clinica, Coordinatrice sede di Agrigento Psp Italia
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