Giovani e violenza: “si può provare rabbia ma bisogna saperla gestire”

Giovani e violenza: “si può provare rabbia ma bisogna saperla gestire”

A cura della Dott.ssa Vera Cantavenera, Pronto Soccorso Psicologico Italia

Abstract

A topic that is being discussed today more than ever is that of violence among young people and young people. Even if widespread sensitivity is less tolerant of violence today than yesterday, the latter is present, aggression is everywhere, there is violence in reality in general and there is supremacy.  In this examination, we ask ourselves why the number of crimes has increased and what drives young people to commit such brutal acts. Violent crimes by adolescents appear more senseless than in the past; it is difficult to decipher the motivations and they seem to be generated by disorientation, rather than belonging, even if they are often committed in groups. It is not easy to understand the motivations that drive young people to carry out such cruel acts. So what has changed today compared to yesterday? What are the risk and prevention factors stem from the increase in this phenomenon? We have attempted to answer all these questions and others in this article which, transversally speaking of anger, presents it as a feeling that is not only destructive but also constructive: energy that can help us achieve our goals with more determination.

Riassunto

Una tematica che oggi più di ieri, fa discutere è quella della violenza dei giovani e tra i giovani. Seppure la sensibilità diffusa è meno tollerante oggi rispetto a ieri alla violenza, quest’ultima è presente,  l’aggressività è ovunque,  c’è violenza nella realtà in generale e c’è supremazia.  Ci si interroga in questa disamina sul perché il numero dei reati siano aumentati e cosa spinge i giovani a commettere atti così brutali. I reati violenti degli adolescenti appaiono più insensati rispetto al passato; è difficile decifrarne le motivazioni e sembrano generati dal disorientamento, piuttosto che dall’appartenenza, anche se spesso vengono commessi in gruppo. Non è facile capire le motivazioni che spingono i giovani a compiere atti così  crudeli. Cos’è cambiato dunque oggi rispetto a ieri? Quali sono i fattori di rischio e quelli di prevenzione per arginare l’aumento di questo fenomeno? A tutte queste domande e ad altre si è  cercato di rispondere in quest’articolo che trasversalmente parlando della rabbia la presenta come un sentimento non solo distruttivo ma anche costruttivo: energia che può servirci a raggiungere con più determinazione i nostri obiettivi.

Introduzione

Recentemente fatti di cronaca raccontano di episodi, a volte, vere e propri stragi, perpetrate a danni di coetanei o di adulti, da parte di  giovanissimi che dichiarano di vivere un malessere, di sentire un senso di oppressione, solitudine ed estraneamento che li conduce quasi inconsapevolmente ad agire in modo del tutto irrazionale.

Una tematica che oggi più di ieri, fa discutere è quella della violenza dei giovani e tra i giovani. Ci si interroga sul perché il numero dei reati siano aumentati e cosa spinge i giovani a commettere atti così brutali. Le statistiche sulla criminalità ci parlano che la violenza in generale è un problema che interessa tutta la collettività e di contro la violenza giovanile, seppur rappresenta solo una piccola parte della violenza riscontrabile nella società, va attenzionata, poiché nel tempo i reati giovanili sono divenuti sensibilmente più efferati rispetto al passato. Bisogna pertanto intervenire a  prevenzione e repressione della violenza giovanile, garantendo il contatto con i giovani stessi e la massima accortezza nell’agito. Certamente è  necessario, per prima, conoscere e capire cosa s’intende veramente per violenza giovanile.  Generalmente, quando si parla di violenza giovanile, quasi mai si distingue tra giovani adulti (18 – 25 anni) e minorenni (10 – 17 anni). Eppure, fare una  distinzione è importante: di fatto, i reati dei minorenni, sono giudicati secondo il diritto penale minorile (e non secondo il diritto penale degli adulti) e rilevati in statistiche separate. Anche la nozione stessa di violenza giovanile va definita differentemente sulla base del “reato” commesso. Spesso, di fatto, è utilizzata in maniera imprecisa e questo elemento fuorviante può alterare il quadro dei reati. Pertanto è opportuno distinguere i termini «violenza fisica», «aggressività» o «contegno sconveniente» che delineano comportamenti,  atteggiamenti, situazioni e azioni completamente diverse e ben distinte. Ad esempio la violenza giovanile fa riferimento in modo più specifico al ricorso di azioni che vanno a ledere e a coinvolgere altre persone o animali, dunque spazia dalla minaccia alla violenza fisica e/o psicologica, dalle lesioni personali alla coazione e all’aggressione, dall’estorsione  alla rapina, ma anche al danneggiamento di oggetti (p. es. imbrattamento, graffiti illegali, danneggiamento intenzionale su mezzi di trasporto o locali pubblici). Tali condotte hanno motivazioni di fondo molto complesse, difficili da analizzare nello specifico. In questo elaborato, tuttavia, si cercherà di delineare i possibili fattori di insorgenza della violenza tra ragazzi, a partire da ciò che per molti esperti sembrerebbero essere i principali fattori di influenza, come ad esempio: la crescente tendenza all’emarginazione o all’esclusione di alcuni gruppi della popolazione. Proprio quest’ultimo elemento, ovvero l’emarginazione di alcuni gruppi della popolazione si ritrova a diversi livelli e va più  che mai attenzionato.

Molti giovani, di fatto, vengono e si sentono spesso non considerati ed emarginati o perché appartenenti ad una diversa origine culturale o ad un diverso modo di vivere specifico della loro cultura e non riescono ad approfittare delle offerte della società, o ancora perché vivono una situazione economica di svantaggio o perché di fatto le offerte per certi giovani che non hanno raggiunto un certo status symbol non sono le stesse a livello professionale, a questo si aggiunge anche la carenza di posti di apprendistato, o di un lavoro dignitoso. Esiste di fatto, una tendenza all’emarginazione che riflette appieno la mancanza di solidarietà sociale che sussiste ancor oggi e che grava su queste situazioni. Ma i motivi e le forme della violenza di e tra i giovani possono essere anche molto diversi. In questa disamina si analizzeranno per l’appunto le diversificate cause e passo passo i fattori di rischio  che interferiscono con lo sviluppo di una così forte rabbia e dunque violenza incontrollata dei giovani a partire dall’infanzia sino ai 25 anni. Pertanto, ci si  interrogherà su come prevenire certi atteggiamenti e contestualmente si cercherà di analizzare ciò che è bene fare per canalizzare la rabbia quale carica positiva piuttosto che forza distruttiva e quindi causa di violenza.

Considerazioni

Alla luce di quanto sopra emerso è possibile asserire che il perpetrarsi della violenza fra i giovani è da addebitare per la maggior parte ai fattori di rischio che entrano in gioco prima degli accadimenti, ma è anche vero che il contesto  sociale e culturale in cui viviamo influenza molto sulla condotta criminale dei ragazzi. Di fatto, oggi, oltre ai molteplici fattori addebitabili alla carenza o  mancanza educativa nell’infanzia in famiglia, all’inadeguatezza delle regole, alla negligenza, alla violenza subita o assistita all’appartenenza a gruppi amicali devianti, alla non realizzazione di attività educative a scuola su emozione, affettività e inclusione, la violenza in generale e nello specifico quella giovanile è attribuibile anche ai valori di una società dove prevale molto l’egoismo. Una società, cui modelli di vita sono improntati sull’affermazione del sé, sulla spregiudicatezza e sull’avventurismo senza scrupoli, non vi sono più i valori dell’empatia e della solidarietà e sono venuti meno i valori dell’ onestà, della coerenza e della rettitudine. A tutto questo, bisogna aggiungere il fatto che  i giovani a causa dello smodato utilizzo delle tecnologie digitali sembrano non avere più  chiaro il confine tra vita online e offline, tanto da ritenere la vita una dimensione onlife (Floridi, 2017).  A tal proposito si parla spesso di Teen Dating Violence definita come una “varietà di comportamenti che vanno dall’abuso fisico e sessuale a forme di violenza psicologica ed emotiva che avvengono nelle coppie di adolescenti”. Ormai, iSocial Network e l’uso delle tecnologie sono diventati per i ragazzi, luogo e strumento di incontro e realizzazione delle relazioni stesse. Molti giovani ormai, un po’ per noia, un po’ per curiosità passano molte ore su internet a guardare video e filmati che incitano alla violenza, alla emulazione, a comportamenti pericolosi senza nessuna conseguenza per le azioni agite. Sappiamo infatti,  analizzando le tappe evolutive dell’individuo, che l’adolescente si trova in una fase in cui sta sviluppando il pensiero critico e pertanto le aree celebrali non sono ancora adeguatamente mature nella capacità di giudizio. Questo comporta un limite per le loro risorse cognitive e pertanto gli stessi sono portati a percepire la realtà virtuale come fosse reale, quindi a non filtrare i messaggi “mediatici”. Non dimentichiamo, infatti , che il periodo adolescenziale, compreso tra i 15 e i  22 anni, è caratterizzato da profondi cambiamenti psicofisici che vanno, dalla ricerca dell’individualità,  ai cambiamenti fisici ed emotivi, fino allo sviluppo delle prime relazioni affettive di coppia e che in questa fase l’incontro con l’altro è importante per la costruzione del sé. Grazie all’incontro con l’altro, di fatto, i giovani imparano a riconoscere affinità e differenze. È probabile che i mutamenti riguaranti questa fase di ciclo di vita dei giovani comportino forti turbamenti e generino disagi e/o situazioni di abuso e violenza nelle relazioni fra pari.

Indubbiamente in questo periodo,  non va ignorato come l’uso degli strumenti digitali, come precedentemente menzionato, ma anche la combinazione del loro abuso con l’utilizzo di sostanze psicoattive giochi un ruolo importante nei fatti di violenza e/o abuso. È stato provato scientificamente che nella giovane età il livello di violenza e la durata della carriera criminale sono inversamente proporzionali all’età in cui il soggetto ha manifestato per la prima volta, da bambino, un comportamento di gran lunga più aggressivo della norma. E siccome è risaputo che gli adolescenti in questo arco temporale di vita molto spesso, oggi, a causa dell’abuso dei Social Network, ma anche e soprattutto della scarsa educazione, in famiglia e a scuola, al rispetto dell’altro, all’affettività e ai sentimenti, sviluppano poi, sia sul piano sociale che relazionale, un forte senso d’impotenza e frustrazione, bisognerebbe a prevenzione lavorare sul ruolo educativo delle due primarie agenzie educative. È a loro che si addebita la formazione di stili comportamentali adulti, poiché se le figure adulte, in famiglia e a scuola, interagiscono in modo positivo, allora il ragazzo e la ragazza vivono al centro di una complessa rete di rapporti positivi, dove il loro microcosmo si intreccia con il contesto più ampio dell’ambiente, della società, della cultura in cui imparano il saper vivere.

Se di contro ciò non accade i ragazzi non svilupperanno mai l’attitudine a intraprendere buone relazioni interpersonali da adulto in famiglia e nel lavoro. Sin dalla nascita dunque sarebbe opportuno educare i ragazzi all’affettività e alle emozioni, in modo da permettere loro di svilupparel’intelligenza emotiva e dunque fargli acquisire maggiore consapevolezza delle proprie sensazioni, delle proprie emozioni e dei propri sentimenti in una dimensione affettiva: “Scoprire e conoscere l’aspetto delle proprie emozioni negative, dando loro un nome, rabbia, tristezza e altro, significa imparare a non farsi dominare da esse.” Essere educati ad esprimere i propri sentimenti durante l’infanzia e nel pecorso della crescita, rafforza il modo di gestire gli stati emotivi, andando a ridurre le emozioni negative e aumentare quelle positive. Ciò comporta una maggiore destrezza nella gestione delle emozioni e soprattutto di quelle negative che vengono facilmente riconosciute e non represse ma canalizzate in maniera positiva al punto da risolvere positivamente anche il conflitto che si sta  affrontando.

Conclusione

Volendo giungere alla conclusione di quest’articolo,  è possibile asserire che la violenza ha molte cause, ciascuna di diversa origine e molto complesse fra loro. Le diversificate concause a volte acuiscono l’aggressività altre volte la inibiscono, cosicché si individuano fattori di rischio e altri di protezione. Tuttavia l’importanza dei fattori sia di rischio che di protezione non è costante, ma varia nel tempo dalla prima infanzia alla fine della pubertà. La sfera individuale si amplia progressivamente e i livelli d’influenza e le occasioni d’interazione si moltiplicano e sovrappongono: alla famiglia si aggiungono la scuola e le relazioni con i coetanei, con il vicinato e con un più ampio contesto sociale. Negli anni, infatti, le diverse ricerche condotte sulla violenza hanno generato modelli esplicativi per l’analisi e la contestualizzazione dell’influenza sui giovani di diversi fattori.  Più in generale è stato constatato che l’inclinazione alla violenza cresce nettamente soltanto con la concomitanza di molti fattori di rischio. Quest’ultimi  possono cumularsi e interagire, aggravandosi vicendevolmente. Di contro, i giovani che non vengono esposti a fattori di rischio raramente diventano violenti. Mentre invece va ricordato che il tempo trascorso in situazioni a rischi può aumentare la probabilità di commettere atti violenti quanto quella di diventarne vittima. Così accade che se ad esempio i ragazzi fanno abuso d’alcool oppure rimangono sino a tarda notte in giro per strada questi comportamenti anomali per gli adolescenti potrebbero favorire lo sviluppo dell’aggressività. Ovviamente, ad evitamento di comportamenti violenti ci sono i fattori di protezione che sono molto importanti e bilanciano quelli di rischio. È di fatto risaputo che la costante presenza di persone di riferimento affidabili, l’ambiente favorevole e la positività del vissuto e delle caratteristiche individuali, possono contribuire ad una sana crescita dei ragazzi che certamente  saranno meno predisposti all’aggressività. Ovviamente la violenza si sviluppa laddove c’è un gruppo di persone che hanno molteplici problemi ecco perché per prevenirla bisognerebbe agire simultaneamente su più fattori di rischio e rafforzare al contempo gli eventuali fattori di protezione. Per cominciare, come già scritto, fin dall’infanzia i genitori dovrebbero lavorare sullo sviluppo emotivo legato alla gestione della frustrazione nei figli. Pian piano poi, nel periodo adolescenziale, dovrebbero esser in grado di creare uno spazio per dialogare e scambiarsi delle riflessioni sulle emozioni vissute in una data circostanza, così  da garantirne l’espressione ma in una modalità più adeguata. Ad esempio si dovrebbe cercare di far baipassare il concetto che la rabbia (emozione primaria) è sempre negativa, piuttosto sarebbe auspicabile veicolare il messaggio che si può provare rabbia ma bisogna saperla gestire!

Bisogna facilitare nei giovani la riflessione delle conseguenze che le reazioni violente possono avere e dunque fermarsi a ragionare su cosa fa arrabbiare e come ci si sente quando il nostro Io o qualcosa in cui crediamo viene messo in discussione.

Pochi sanno, infatti, che la rabbia è causata dalla rigidità della personalità, una rigidità che impedisce un rapporto sano e funzionale con il mondo.

Aiutare i giovani a focalizzarsi su ciò che sono le loro passioni e a perseguire i loro obbiettivi certamente li renderà più forti. Dopo la famiglia,  anche la scuola funge da agenzia educativa per i ragazzi, per tali ragioni gli insegnanti dovrebbero cercare di instaurare un rapporto di fiducia e di collaborazione con loro. I docenti di fatto  rappresentano dopo i genitori delle figure significative per il loro sviluppo. Pertanto il loro dovere dovrebbe essere quello di ascoltare il loro punto di vista, accogliere le loro esigenze ed accettarle, cercando insieme di trovare soluzioni condivise. Fare prevenzione è l’unica soluzione per limitare e combattere il problema alla radice.

È necessario come elicitato sinora agire in famiglia e a scuola per garantire ai giovani la piena acquisizione dei valori alti come: il rispetto degli altri, la condivisione e l’umiltà. Aiutarli a gestire i propri sentimenti soprattutto la rabbia è per loro utile per evitare conseguenze negative che possano derivare da atti di violenza. Altro elemento fondamentale per intervenire positivamente su questo fenomeno è la comunicazione, il dialogo attraverso cui poter insegnare ai giovani a risolvere pacificamente i conflitti e trovare risoluzioni a problemi. Infine, è necessario un adeguato coinvolgimento delle comunità. La comunità, di fatto,  gioca un ruolo importante nella prevenzione della violenza, soprattutto tra gli adolescenti, ad esempio organizzando programmi di mentoring e attività di gruppo che incoraggino la cooperazione e

il rispetto reciproco. E’ importante che la società in generale presti maggiore attenzione ai giovani e che li sostenga nella loro crescita e nel loro sviluppo.

In conclusione, la violenza tra i giovani è oggi più che mai cambiata, i reati violenti degli adolescenti appaiono più insensati rispetto al passato; è difficile decifrarne le motivazioni e sembrano generati dal disorientamento, piuttosto che dall’appartenenza, anche se spesso vengono commessi in gruppo. Non è facile capire le motivazioni che spingono i giovani a compiere atti così  crudeli e così i sentimenti di paura e lo sgomento aumentano  nella società. I reati che vengono commessi appaiono insensati, non nascono più per contrapposte, diverse ideologie politiche, o per rivalità legate al tifo calcistico, piuttosto a forme di malessere diffuse anche fra i ragazzi che non si immettono in percorsi di devianza o di illegalità. Quel che si nota è  che indubbiamente la violenza è meno tollerata oggi rispetto a ieri è  di fatto mutata la sensibilità diffusa. La violenza sembra essere l’invitato scomodo, rimosso eppure è presente. L’aggressività è ovunque,  c’è violenza nella realtà internazionale, c’è violenza di genere, da parte di maschi di tutte l’età, che sentono minacciato il dominio patriarcale, c’è violenza nei giochi della PlayStation, c’è supremazia ovunque. Ciò che serve dunque è occuparsi dei nostri ragazzi, figli di una società consumistica cui valori si sono persi. Bisogna non che ci si preoccupi di loro, piuttosto bisogna mobilitarsi per loro a loro sostegno. La parola d’ordine dev’essere occuparsi dei ragazzi e la password dev’essere l’ascolto. Serve la collaborazione da parte di tutte le istituzioni, nessuna esclusa, la famiglia,  la scuola e la società devono intervenire immediatamente a supporto dei giovani in difficoltà e cooperare tutti insieme e in maniera capillare per creare una cultura che valorizzi la non violenza.

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Dott.ssa Vera Cantavenera, Psicologa Clinica, Pronto Soccorso Psicologico Italia