A cura del Prof. Mariano Indelicato, Presidente Pronto Soccorso Psicologico-Italia, e della Dott.ssa Daniela Cusimano, Coordinatrice Pronto Soccorso Psicologico-Italia
“Se c’è qualcosa che desideriamo cambiare nel bambino, dovremmo prima esaminarlo bene e vedere se non è qualcosa che faremmo meglio a cambiare in noi stessi”. Carl Gustav Jung
La psicologia dello sviluppo e/o dell’età evolutiva è partita dalla ricerca delle determinati del comportamento adulto nell’infanzia. Eminenti studiosi, tra cui Freud, Jung e alt., nel cercare di spiegare il comportamento patologico degli adulti, sono andati a ritroso al fine di trovare le “cause” nello sviluppo infantile.
Il primo lavoro clinico in assoluto lo pubblicò Freud – “Il caso del piccolo Hans” – e riguardava un bambino di 5 anni, figlio di un suo allievo, il quale aveva sviluppato una fobia per i cavalli che non gli permetteva di uscire di casa a causa di un trauma subito avendo assistito, all’età di quattro anni, alla caduta di un cavallo che trasportava un carico pesante. In realtà a sconvolgere la vita del piccolo è un avvenimento importante, ossia la nascita della sorellina, di cui teme la competizione e l’allontanamento della madre nei suoi confronti. Secondo Freud, alla base della nevrosi infantile di Hans, ci sarebbe il complesso edipico, cioè la paura nei confronti del padre, che associava al “cavallo che morde”, per cui temeva una punizione del padre perché pensava che avesse nutrito pensieri cattivi nei suoi confronti. Il tutto si mescola all’angoscia e alla frustrazione che ne deriva di essere abbandonato dalla madre, la quale non dormiva più con lui.
L’importanza di questo caso non risiede tanto nella scoperta del trauma ma sulle modalità con cui è stato trattato. Infatti, Freud vide una sola volta il piccolo Hans (in realtà si chiamava Herbet) mentre il trattamento vero e proprio fu svoltò dal padre il quale annotava su un diario discorsi, sogni, giochi, disegni e fantasie del piccolo: “E’ vero che ho tracciato le linee generali del trattamento e che in una singola occasione sono intervenuto personalmente in un colloquio col bambino, ma il trattamento stesso è stato eseguito dal padre del piccolo paziente; a lui va tutta la mia riconoscenza per avermi consegnato i suoi appunti affinché fossero pubblicati”.
Lo stesso Freud scrive “Secondo me, nessun altro sarebbe riuscito a far fare al bambino simili ammissioni. Le conoscenze particolari grazie alle quali il padre è stato in grado d’interpretare le osservazioni del figlio cinquenne, erano indispensabili e senza di esse le difficoltà tecniche che la psicoanalisi di un bambino così piccolo presenta, sarebbero state insormontabili. E’ solo perché l’autorità del padre e di medico si fondevano in una persona, e perché in essa si combinavano l’interesse affettivo e quello scientifico, che è stato possibile in questo caso particolare applicare il metodo ad uno scopo cui esso di solito non si presta”.
Il caso del piccolo Hans è importante, inoltre, perché segna una svolta epocale poiché fino ad allora l’infanzia era considerata un periodo della vita interamente sottovalutato dalla società e, quindi, dagli adulti che pensavano ad essa come ad un periodo per così dire “vegetale” dell’individuo, in cui il bambino era solo un corpo asessuato, privo di mente, affetto, desiderio.
È a partire da questo caso che ogni bambino viene considerato “un soggetto attivo, competente e protagonista del proprio sviluppo”. In sostanza, il bambino diventa “un soggetto pensante, dotato di capacità e abilità ben specifiche, e in grado di organizzare le diverse competenze implicitamente presenti nel proprio bagaglio genetico” .
Da Freud ad oggi la psicologia dello sviluppo e le metodologie per i trattamenti in età evolutiva hanno fatto molti passi in avanti, ma resta indispensabile nelle terapie con i bambini la presenza della famiglia. Ciò essenzialmente per due motivi:
1. il setting deve essere rassicurante per i bambini al fine di ottenere la loro collaborazione;
2. spesso i problemi presentati nascono e si sviluppano a seguito delle relazioni familiari e/o genitoriali o, come nel caso del piccolo Hans, nei vari passaggi dello sviluppo familiare.
Sul piano metodologico e tecnico nel trattamento dei bambini particolare rilevanza ha assunto il gioco poiché, come sostiene Vygotskij, in esso gli oggetti acquistano nuovi significati e “il pensiero è separato dagli oggetti e l’azione nasce dalle idee più che dalle cose: un pezzo di legno comincia ad essere una bambola e un bastone diventa un cavallo”. Si attiva così un processo di transizione nel percorso di separazione del significato dall’oggetto reale. Il gioco del rocchetto serve a Freud per dimostrare come l’andirivieni dello stesso rappresenta l’angoscia dovuta all’assenza della madre e la sicurezza, al contrario, della sua presenza.
Lo stesso Freud , a proposito del gioco, scrive “ogni bambino impegnato nel giuoco si comporta come un poeta: in quanto si costruisce un suo proprio mondo , o meglio, dà a suo piacere un nuovo assetto alle cose del suo mondo”.
In effetti il gioco permette ai terapeuti di cogliere le dinamiche affettive e socio-relazionali che vivono i bambini. Gli psicoanalisti lo utilizzano come i sogni nelle terapie con gli adulti tant’è che la Klein scrive “i giochi dei bambini hanno, come i sogni, una facciata dietro cui possiamo scoprire un contenuto latente soltanto attraverso un’analisi accurata, così come facciamo per scoprire il contenuto latente dei sogni”. L’autrice, prosegue dicendo che “nel gioco il bambino non si limita a superare soltanto la realtà dolorosa: nel gioco egli trova anche il modo di dominare l’angoscia delle forze istintuali e delle minacce interne, proiettandole sul mondo esterno”. Infatti, oltre ad avere una funzione rivelatrice delle dinamiche inconsce, svolge un’azione catartica ovvero guaritrice dei sintomi esteriorizzando nel gioco, specie in quello libero, i loro più intimi conflitti, diminuendo in tal modo la tensione e l’ansia che ne derivano.
Sausse mette in risalto, a tal proposito, che “il piccino intento a giocare è un re che governa e domina il mondo secondo i suoi desideri… Il gioco è al servizio del principio del piacere pur contribuendo a instaurare il principio della realtà…”.
Da queste intuizioni e affermazioni il gioco diventa nell’incontro tra lo psicologo e i bambini uno dei principali strumenti terapeutici. D’altronde Platone aveva già affermato che “Si può conoscere di più una persona in un’ora di gioco che in un anno di conversazione”.
La Play Therapy, oltre a essere considerata un’attività divertente e sicuramente piacevole, abbraccia l’intera psicologia infantile e risulta essere appropriata per i bambini dai 3 ai 12 anni. Essa risulta efficace in un’ampia gamma di problematiche: sociali, emotive, comportamentali, di apprendimento, oppure in problemi legati a situazioni stressanti come il divorzio, il decesso, gli abusi fisici e sessuali, le violenze domestiche e i disastri naturali. Ai fini di raggiungere i suddetti obiettivi si avvale di tecniche e strumenti adatti ai bambini come l’uso di racconti di storie, giornali, raccolte di foto, giochi da tavolo, gioco fisico-interattivo, tecniche artistiche quali la danza, il teatro dei burattini, le maschere e il vassoio della sabbia, deve poter rappresentare simbolicamente quella finestra in grado di far emergere il mondo interno dei bambini. Il play therapist a sua volta, deve saper entrare in relazione con i bambini, conoscendo gli interessi e mantenendo un’atmosfera giocosa, di accettazione e d’interesse. La capacità del play therapist risiede, infine, nell’individuare e progettare quelle attività di gioco basate sui poteri terapeutici che sostengono il bambino e lo aiutano a risolvere i propri problemi psicosociali per favorire lo sviluppo e la crescita ottimale dello stesso.
Il Pronto Soccorso Psicologico-Italia , con i suoi operatori nelle sedi opportune, è adeguatamente preparato al fine di mettere in atto tutte quelle soluzioni che possono far emergere il mondo interiore del bambino, costruendo appositi setting in cui la selezione dell’arredo e la scelta dei giochi diventi funzionale affinché lo specialista osservi e analizzi accuratamente il comportamento del piccolo che interagisce con la realtà che lo circonda.
This website uses cookies so that we can provide you with the best user experience possible. Cookie information is stored in your browser and performs functions such as recognising you when you return to our website and helping our team to understand which sections of the website you find most interesting and useful.
Cookie strettamente necessari
I cookie strettamente necessari dovrebbero essere sempre attivati per poter salvare le tue preferenze per le impostazioni dei cookie.
Se disabiliti questo cookie, non saremo in grado di salvare le tue preferenze. Ciò significa che ogni volta che visiti questo sito web dovrai abilitare o disabilitare nuovamente i cookie.