Il corpo accessibile: alle origini della violenza di genere

A cura del Prof. Mariano Indelicato, Presidente Pronto Soccorso Psicologico

Abstract

Over time, the woman’s body has been the object of male possession. Gender violence arises from the social accessibility of women’s bodies, which has been seasoned with theories and practices, including scientific methods, which have provided alibis for males to be able to take possession of them. Male intent, however, cannot be explained simply through a battle for supremacy. On the contrary, the answer can be found in the very morphology and physiology of the female body. Women can give life, and for this reason, the female body is directly in contact with the sacred. The male, strongly feeling this lack, takes possession of the female body to reach where the inexplicable becomes explainable. The taboo of the female body is broken by the figure of the Immaculate Conception who, in order not to submit to male power, remains a virgin and is not contaminated with the rest of the world, as prescribed for nuns who dedicate their lives to a religious path. Women are not allowed to rebel as they run the risk of their body being stripped of its soul and, as in the case of the Palermo rape, becoming the object of violence and sexual assault. Anyone who dares to rebel, like Giulia, is suppressed by killing her body.

Riassunto

Il corpo della donna nel corso del tempo è stato oggetto di possesso maschile. La violenza di genere nasce dall’accessibilità sociale del corpo delle donne che è stata condita da teorie, prassi anche di carattere scientifico che hanno fornito alibi ai maschi per poterne prendere possesso. L’intento dei maschi, comunque, non può essere spiegato semplicemente attraverso una battaglia per la supremazia. La risposta, al contrario,  può essere trovata nella stessa morfologia e fisiologia del corpo femminile. La donna è in grado di dare la vita e per tale motivo il corpo femminile e direttamente a contatto con il sacro. Il maschio sentendo fortemente questa mancanza si impossessa del corpo femminile affinchè possa raggiungere il luogo dove l’inspiegabile diventa spiegabile. La tabuizzazione del corpo femminile viene rotta dalla figura dell’Immacolata che per non sottoporsi al potere maschile resta vergine e non si contamina con il resto del mondo, così come prescritto alle suore che dedicano la loro vita a un percorso religioso. Alle donne non è permesso ribellarsi poiché corrono il rischio che il loro corpo venga privato della sua anima e, come nel caso dello stupro di Palermo, di diventare oggetto di violenza e di violenza sessuale. Chi osa ribellarsi, come Giulia, viene soppressa uccidendo il suo corpo per impadronirsi dell’anima. 

il corpo accessibile

Introduzione

La festività dell’immacolata è fortemente incentrata sul corpo femminile. Infatti, giorno 8 dicembre  si festeggia il corpo Immacolato di Maria, il corpo non contaminato della madre di Gesù. Essa comporta, anche in funzione degli ultimi avvenimenti di cronaca come lo stupro di gruppo di Palermo e la barbara uccisione di Giulia Cecchetin,  una profonda e doverosa riflessione sul corpo femminile e, in particolare, sull’accessibilità sociale al corpo delle donne che è “un ingrediente di base della violenza del genere maschile su quello femminile” (Trasforini, 1999). A fronte di un corpo non accessibile  e non contaminato, nel nostro sistema sociale, in funzione di una asimmetria di potere , si produce “l’effetto che il corpo degli uomini è socialmente autorizzato ad invadere quello delle donne, con gradienti che hanno nella violenza sessuale l’aspetto più clamoroso” (Trasforini, op. cit.).  Gli studi e le ricerche sulla violenza di genere hanno spesso tralasciato il corpo che, al contrario, diventa centrale, cosi come messo in rilevo da Focault, nella microfisica e nella distribuzione del potere tra maschi e femmine. Il corpo non è esente da valutazioni di tipo culturale e, anzi, spesso è un prodotto della stessa cultura. Galimberti (2002) sostiene che “il corpo è stato vissuto, in conformità alla logica e alla struttura dei vari saperi, come organismo da sanare, come forza lavoro da impiegare, come carne da redimere, come inconscio da liberare, come supporto di segni da trasmettere”. In sostanza   in ogni contesto esso assume significati diversi che danno origine a comportamenti diversi. All’interno del culto mariano è sacro ed inviolabile in quanto esclusivamente dedicato a contatto con il sacro. E’ cosi anche all’interno della stessa chiesa cattolica poiché i suoi ministri di ambedue i generi lo devono conservare immacolato e immolarlo alla causa di Dio. Il voto di castità è un prerequisito essenziale sia per i preti che per le suore.  Nella cultura patriarcale il corpo delle donne era al servizio dei maschi che ne potevano disporre a piacimento financo a sopprimerlo senza subire conseguenze. Nella nostra cultura, nell’era dei social il corpo è stato separato e svuotato dalla sua anima diventando un oggetto da poter assaporare ed assaggiare come un qualsiasi cibo o bevanda tanto da far dire ai ragazzi di Palermo nella loro chat “è solo carne”. Il corpo vetrinizzato, il corpo messo in mostra come qualsiasi abito o monile in effetti è solo un ammasso di cellule e niente più. La continua e pervasiva esposizione del corpo lo rende socialmente appettibile ed accessibile. La ricerca spasmodica delle migliori foto da esporre sui social diventa un mezzo con cui autocostruire il corpo. Come sostenuto da Dugo (2018) “lo sguardo contemporaneo influenza ma soprattutto è influenzato dal mezzo fotografico il quale rappresenta oggi quel potenziamento ottico ed empatico capace di soddisfare i nuovi bisogni dell’individuo singolo e della società attuale”.  La fotografia non costituisce più una mera rappresentazione della realtà ma può essere costruita a proprio piacimento attraverso appositi filtri e software come messo in rilievo da Pira (2021). Jenkins, già nel 2006, affermava che ogni individuo grazie alle moderne tecnologie e alle condizioni sociali è diventato medium di sé stesso, autonomo nella produzione e anche nella diffusione (Jenkins, 2006). Per Muzzarelli (2016) la fotografia nell’era digitale è passata da cassetto della memoria ovvero dalla conservazione di istanti di vita da poter condividere con gli altri al bisogno di esperire “quegli istanti di vita attraverso la fotografia stessa e vivere costruendo un’identità con quelle stesse immagini”. In tal modo il corpo è continuamente sotto la lente d’ingrandimento e lo dimostra l’emergere di nuove patologie strettamente legate al corpo come i disturbi alimentari (anoressia, bulimia, binge eating disorder), il cutting, il body positivity, etc. Esso, comunque, non solo è al centro dell’attenzione ma è continuamente sotto attacco. Le nuove forme di accessibilità al corpo femminile lo violentano e lo esibiscono attraverso nuove forme di violenza che corrono in rete come il revenge porn cosi come descritto da Mento e Pira (2023).  Tante altre volte, come nel caso di Giulia, per prendersi l’anima si uccide il corpo. La domanda che, comunque, resta in sospeso è il come mai nel corso della storia dell’umanità il maschio ha preso possesso del corpo femminile tanto da renderlo un oggetto di cui può disporre attraverso un possesso che sfiora la maniacalità. E’ a questa domanda che cercherò di rispondere in questo articolo.

Considerazioni

Nel corso della storia molte scienze diverse tra di loro, hanno cercato di rispondere a questa domanda formulando teorie diverse e, tante volte, contraddittorie tra di loro. Focuault (1975) fa riferimento alla microfisica del potere, ovvero la distribuzione reticolare di un potere diffuso che dà forma al corpo degli individui e alle loro autorappresentazioni, produce realtà e saperi, modella conoscenze e comportamenti. “Il corpo”, sostiene, “è direttamente immerso in un campo politico, i rapporti di potere lo prendono, l’investono, lo marchiano, lo addestrano, lo suppliziano, l’obbligano a cerimonie, esigono da lui dei segni. Non c’è corpo senza potere, e non c’è potere senza corpi. La tecnologia politica del corpo è dislocata e diffusa, diventa microfisica perché è fatta di reti, di relazioni sempre tese e in attività”. E’ in forza della distribuzione del potere che i maschi nel corso del tempo si sono arrogati il diritto di accesso incondizionato al corpo femminile. Per altri come Bordò (1975) l’asimmetria di potere tra i due generi è da riferire alla conformazione dei corpi maschili e femminili: forti, consistenti, attraversanti quelli maschili; deboli, inconsistenti, attraversabili, accessibili quelli femminili quasi come fossero delle bambole. Come precedentemente detto gli antropologi fanno risalire le differenze di potere alla cultura e alcuni ai rapporti con il sacro. Tra quest’ultimi Ida Magli (1982) la quale sostiene che bisogna tenere conto dei tabù che hanno circondato il corpo femminile in tutte le società da quelle antiche fino all’epoca contemporanea. Ella individua questo tipo di tabuizzazione nell’apertura del corpo della donna che attraverso il condotto vaginale è in contatto direttamente con il mondo di là e, in particolare,  con colui che ha a che fare con il mondo di là: il nuovo nato. Indipendentemente se quest’ultimo, a seconda delle concezioni culturali e religiose, sia la reincarnazione di un antenato, frutto degli spiriti, dell’acqua, del vento, del mare, del cielo, comunque, viene dal mondo prima della vita e dopo la vita. Non è un caso che nel corso dei secoli questa via si è tentato di chiuderla, tapparla attraverso, ad esempio, l’infibulazione o l’esaltazione della verginità. Essendo, però, un condotto che racchiude l’escatologia dell’uomo ovvero dei dubbi che lo hanno sempre circondato ovvero da dove viene la vita e cosa succede dopo la morte non vi è dubbio che conduce direttamente al sacro ovvero a quel luogo dove diventa spiegabile l’inspiegabile: il mistero della vita. Non è un caso che al corpo femminile, ad esempio, vengono conferiti poteri quasi magici durante il periodo mestruale a cui per tradizione venivano vietate tutta una serie di attività. Non poteva toccare i fiori onde evitare che seccassero, non poteva fare il pane perché non avrebbe lievitato, etc.  Se il corpo della donna  per la sua stessa morfologia contiene il sacro, la sfida del maschio è quello di impossessarsene, di controllare quella via. Il maschio per sua stessa conformazione non ha accesso diretto al sacro e per accostarsene deve passare attraverso il corpo della donna. Il possesso della donna diventa allora la chiave di volta per accostarsi alla sacralità: tu devi essere mia e di nessun altro che in forma patologica conduce Filippo Turetta all’uccisione di Giulia. La paura del mancato possesso si trasforma in mancata partecipazione alla sacralità del mistero della vita. Si uccide la donna per una paura che è connaturata nel corpo del maschio. Si violenta la donna per conquistarsi l’accesso al sacro. D’altronde tutti i rituali antichi e moderni prevedono il sacrificio della donna che viene offerta come agnello sacrificale per accedere al sacro. L’offerta della donna è nello stesso tempo un segno di possesso e di sottomissione. Basti per un attimo pensare  allo Jus primae noctis che dava diritto ai feudatari di poter sverginare le mogli dei loro sottoposti. Erano loro che aprivano la via, erano loro come signori della terra che avevano il diritto di accostarsi per primi al corpo sacro della donna. Era un modo per dimostrare la loro potenza, il possesso, il diritto di vita e di morte e, nello stesso tempo, un segnale di sottomissione per i loro sottoposti. Inoltre, l’esaltazione della verginità nel corso del tempo ha visto impegnate intere generazioni di donne accompagnate dalle loro famiglie tutte tese alla conservazione dell’imene. Ma qual è il valore intrinseco della verginità? Si può veramente pensare che sia cosi importante ai fini del primo rapporto sessuale? E ancora come mai è stato importante nel corso del tempo conservare la verginità della donna e non quella del maschio? La risposta a queste domande non può non essere trovata ancora una volta nel possesso che non è sterile o senza un obiettivo e/o finalità, ma ancora una volta ancorato all’accesso al sacro a quella via che deve essere mia e solo mia. Ai fini di questo accesso, il maschio nel corso del tempo ha messo in atto varie strategie tutte tese a dimostrare l’inferiorità della donna che era in qualche modo manchevole, difettosa sia nell’anima sia nel corpo. In questa ricerca vi è stato un vero e proprio accanimento non solo a livello popolare ma anche e soprattutto scientifico. Nel corso del tempo sono stati costruiti svariati stereopiti di genere per dimostrare la subalternità delle donne rispetto ai maschi. Come non ricordare, a tal proposito, che Darwin il padre della teoria evoluzionistica considerava le caratteristiche intellettive delle donne come quelle delle razze inferiori e che il loro cervello era mediamente più piccolo di quello dei maschi.  E, ancora, l’affermazione di Broca (1877) “In generale il cervello è più grande negli adulti maturi che negli anziani, negli uomini che nelle donne, negli uomini eminenti che in quelli di poco talento, nelle razze superiori che in quelle inferiori”.   E ancora la costruzione del test di intelligenza Stanford Binet tarato solo sulla popolazione maschile in modo da dimostrare che le donne erano meno intelligenti degli uomini. Anche la creatività è stata studiata in funzione del ruolo maschile e, in seconda analisi, di quello femminile. La psicoanalista Chasseguet-Smirgel (1964), rifacendosi alle sue esperienze cliniche, all’inizio dei movimenti femministi, sviluppando la tesi della Horney (1973) secondo la quale la creatività maschile è legata alla mancanza di generare dei maschi, fa rilevare che quella femminile è legata al senso di colpa femminile “di avere un pene, legata al padre idealizzato. L’assenza di un padre idealizzato non produce nessun atto creativo poiché la ragazza non può proiettare il suo narcisismo su una figura ideale che può essere raggiunta appunto con un atto creativo”. Quest’ultima definizione, comunque, ha il pregio di richiamare ancora una volta al problema originale ovvero alla possibilità del corpo femminile di essere in contatto con il sacro.

Conclusioni

Bateson (1979), nel cercare di trovare risposta alla spiegazione del reale pone una serie di domande sulle connessioni che si creano tra fatti e/o comportamenti apparentemente contraddittori: ““Quale struttura connette il granchio con l’aragosta, l’orchidea con la primula e tutti e quattro con me? E me con voi? E tutti e sei con l’ameba da una parte e con lo schizofrenico dall’altra?” L’invito è di andare al di là dell’apparente al fine di trovare, attraverso l’analisi delle relazioni e delle connessioni, la struttura metarappresentativa del reale. La struttura che connette trova i suoi riferimenti all’interno della cultura la quale precede l’uomo e in qualche modo lo plasma. Quest’ultima precedendo la stessa esistenza umana si inscrive nel registro del sacro e/o in qualche modo è la modalità di rappresentazione del sacro che si rende visibile attraverso di essa. Il millenario possesso del corpo femminile da parte degli uomini non può che trovare risposta se non all’interno del sacro. Il corpo femminile è sacro per le sue stesse funzioni di produzione della vita. Il maschio sentendo questa mancanza tenta disperatamente di impadronirsi di un corpo non suo con tutti i mezzi a sua disposizione ivi compreso l’uso della forza che si trasforma in violenza. Non è un caso che il corpo di Maria rimane immacolato onde evitare di contaminarsi con il mondo e di subire le conseguenze che molte donne sono costrette a sopportare. La verginità le permette di restare totalmente consacrata, di diventare icona di una donna che non deve sottoporsi al potere maschile. Non è un caso che uno dei prerequisiti per le suore all’interno della Chiesa è il voto di castità. Anche gli uomini che vogliono accostarsi al sacro devono restare vergini.

Le donne, al contrario, lungo la loro esistenza devono subire molti attacchi al corpo del quale i maschi si sono impadroniti per poter aver accesso all’inspiegabile. I miti, i rituali cambiano pelle ma si presentano intatti durante l’arco della storia. Malgrado le battaglie intraprese dal genere femminile per liberarsi delle catene che le hanno ridotte in schiavitù  nell’ultimo scorcio del secolo continuano a morire, ad essere violentate e ad essere vittime di violenza. La tabuizzazione del corpo femminile oggi trova riscontro su i social i quali permettono l’esposizione del corpo liberandolo dalla sua anima rendono più semplice e facile l’accesso per il maschio il quale come i ragazzi di Palermo possono finalmente affermare è solo carne e, quindi, disponibile per chiunque. Il problema è quando le donne, come Giulia, dicono di no allora bisogna sopprimerle per aver osato sfidare il potere maschile. 

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Bibliografia

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Prof. Mariano Indelicato, Presidente PSP-Italia