A cura della Dott.ssa Vera Cantavenera, Psicologa Clinica, Coordinatrice sede Agrigento PSP-Italia
Abstract
The concept of Phubbing was coined in 2012 by the Macquarie Dictionary and is the result of the combination of two words “phone” (telephone) and “snubbing” (snubbing) which indicate an excessive and exclusive use of the smartphone to the detriment of social and family relationships.
This term usually indicates the excessive use of the cell phone which leads many subjects to ignore their friendships or relationships, often causing serious damage to their interpersonal relationships.
Scholars in recent years have carefully analyzed the causes and consequences of a phenomenon that can be considered on par with any addiction. Among the former, anxiety, loneliness, the duration of telephone use, somatization and a devaluation of oneself have been identified. The effects, on the other hand, affect interpersonal relationships, in couple relationships, producing loneliness for them.
This article will analyze the causes, consequences and interventions that can be carried out to prevent this phenomenon from developing negative effects on the people who implement it and on those who become victims.
Riassunto
Il concetto di Phubbing viene coniato nel 2012 dal Dizionario Macquarie ed è frutto della combinazione di due parole “phone” (telefono) e “snubbing” (snobbare) che indicano un uso smodato ed esclusivo dello smartphone a discapito delle relazioni sociali e familiari.
Infatti con tale termine si suole indicare l’eccessivo uso del cellulare che conduce molti soggetti a ignorare le proprie relazioni di amicizia o di coppia, producendo spesso seri danni sui propri rapporti interpersonali.
Gli studiosi in questi ultimi anni hanno analizzato attentamente le cause e le conseguenze di un fenomeno che può essere considerato alla stregua di qualsiasi dipendenza. Tra le prime sono state individuate l’ansia, la solitudine, la durata dell’uso del telefono, la somatizzazione e una svalutazione di se stessi. Gli effetti invece incidono nelle relazioni interpersonali, nelle relazioni di coppia producendo a loro solitudine.
In quest’articolo si analizzeranno le cause, le conseguenze e gli interventi che possono essere effettuati per evitare che tale fenomeno sviluppi effetti negativi sulle persone che lo mettono in atto e su coloro i quali diventano vittime.
Introduzione
Oggigiorno l’uso smodato della Rete ci ha condotti ad utilizzare lo smartphone come fosse “un capo d’abbigliamento” indispensabile, da indossare sempre e ovunque, da non dimenticare e da tenere sempre tra le dita. È divenuto davvero difficile pensare di vivere senza cellulare, come fosse un prolungamento del corpo umano, un oggetto che ci fa sentire parte integrante del mondo e che ci permette d’esser “connessi“. In un recente studio Buckle (2016) ha messo in risalto che gli smartphone hanno recentemente superato personal computer e laptop come dispositivi più comunemente utilizzati per accedere a Internet.
Ciò che ci si domanda è tuttavia se realmente la tecnologia unisce o allontana le persone?Siamo veramente “connessi” col mondo o siamo soli?
Turckle (2012) risponde a queste domande affermando che nonostante i loro ovvi vantaggi, gli smartphone a volte possono separare le persone. Un fatto indubbiamente certo è infatti che i cellulari, nati per permetterci di comunicare più facilmente -quindi strumenti di comunicazione celeri ed efficaci- oggi risultano essere “disturbatoridella comunicazione” stessa e generatori di discordia e rottura delle relazioni affettive.
Di fatto, sempre di più, si assiste a scene in cui, ad esempio, a cena in famiglia o ad una riunione di lavoro, ma anche al Cafè o ad un’uscita con amici, i partecipanti, quasi senza rendersene conto, cadono in una sorta di “trance” davanti al cellulare e totalmente catturati dal virtuale, ignorano quanto accade intorno a loro.
Questo comportamento inizialmente è un atto volontario, ma può divenire problematico quando diventa una sorta di ossessione per il soggetto che quasi involontariamente e in maniera automatizzata, si ritrova a controllare spasmodicamente il cellulare. La persona, senza rendersene conto, inizia nella sua quotidianità e nelle svariate circostanze a trascurare la famiglia, i figli, i colleghi, gli amici e non si accorge che essendo in compagnia manca di rispetto a chi gli sta vicino, giungendo a non connettersi più con intere aree della sua vita piuttosto rimanendo in contatto, solo con il mondo virtuale.
L’atto di snobbare, ignorare chi ci sta accanto per interagire con lo schermo dello smartphone e controllare ripetutamente i sms o le notifiche del cellulare, viene chiamato Phubbing.
Con tale termine di origine inglese, nato dalla combinazione di due parole, “phone” (telefono) e “snubbing” (snobbare), si descrive per l’appunto il dilagare recente del fenomeno in oggetto.
Tale comportamento, che porta a trascurare intenzionalmente e poi quasi in modo automatico i propri interlocutori reagendo a qualsiasi “input” proveniente dal cellulare o semplicemente dalla rete nel bel mezzo di una conversazione o di un qualsivoglia evento sociale, è predittivo di una vera e propria dipendenza da cellulare.
Molti studiosi di tale dinamica asseriscono che gli effetti causati da un uso smodato della tecnologia sono simili a quelli delle sostanze stupefacenti. Di fatto, in questi soggetti è facile che si inneschi piacere nel breve termine ma a seguito di un periodo d’astinenza vi sia la comparsa di irrequietezza, ansia, tolleranza, craving e assuefazione, come fossero veramente dipendenti da sostanza.
Considerazioni:
Ad oggi il Phubbing non è considerato una vera e propria malattia, ma un fenomeno che va attenzionato e non sottovalutato; il suo dilagare soprattutto fra i giovani può divenire un serio problema per chi lo mette in atto, ma anche per chi lo subisce.
La prima definizione di Phubbing fu introdotta nel 2012 nel Dizionario Macquarie, per tratteggiare i contorni di un fenomeno che iniziava a coinvolgere chiunque avesse un telefono.
Autori come Anshari et al. (2016) hanno sottolineato, studiando tale comportamento, la sua portata negativa nella qualità delle relazioni, poiché tale gesto sarebbe rappresentativo del desiderio di evitare il contatto con l’altro, oltre ad interferire con moltissime delle attività quotidiane come i pasti, gli incontri, le lezioni, le conferenze, il lavoro, ed i momenti con gli amici e la famiglia (Nazir & Piskin, 2016).
Altrettanti studi sono stati condotti per comprendere le origini del fenomeno, le sue cause e le motivazioni sottostanti (Al-Saggaf & O’Donnell, 2019) o per studiare strategie di disintossicazione da questo atteggiamento (Ugur & Koc, 2015) che a lungo andare potrebbe comportare problematiche serie nei rapporti interpersonali.
Il rimanere costantemente attaccati al telefono non attenzionando chi ti sta vicino o il rimanere collegati in Rete ma disconnessi dal mondo reale, come accennato, può risultare non solo sgradevole agli occhi del nostro interlocutore che indubbiamente faticherà a mantenere buoni rapporti con noi, ma aumenta anche il rischio di isolamento e quindi di scivolare facilmente nella solitudine e in alcuni casi, nella depressione.
Questa chiara forma di “dipendenza da smartphone”interessa come ogni comunicazione almeno due attori principali: il PHUBBER, colui al quale possiamo addebitare l’appellativo di smartphone addicted, che tiene sempre il cellulare in mano e presta scarsa o nessuna attenzione al suo interlocutore ; e il PHUBEE, colui che viene nella fattispecie ignorato e può, di fatto, avvertire sensazioni di disagio, fastidio e rabbia.
E se quando ci riferiamo alla comunicazione, parliamo di mettere in comune, far partecipe l’altro e dunque, trasmettere, attraverso precisi codici e regole, un’informazione da un individuo a un altro (o da un luogo ad un altro), quando ci focalizziamo sul fenomeno del Phubbing, facciamo riferimento ad un dialogo che va in “cortocircuito”. Di fatto, lo scambio d’informazione si inceppa e c’è un soggetto che preferisce dedicarsi al cellulare piuttosto che stabilire un dialogo con l’Altro.
Secondo il ricercatore in psicologia sociale all’Università di Milano-Bicocca, Luca Pancani, il Phubbing è a tutti gli effetti una forma di esclusione, per cui, “chi lo subisce si sente invisibile, pur essendo fisicamente in compagnia di altre persone“.
Il dilagare di questa tendenza sta divenendo un serio problema sociale poiché va ad intaccare le relazioni. Molte amicizie o storie d’amore finiscono o “entrano in crisi” proprio per la mancanza di comunicazione derivante dal fatto che uno o entrambi i soggetti prestano costantemente attenzione al loro cellulare. Quando questo problema è vissuto da entrambe le parti, non viene sempre notato, a meno che, poi, non diviene invadente e non è troppo tardi. Piuttosto quando capita solo ad uno dei due, il Phubbing genera, specie nel PHUBEE un’ovvia frustrazione.
Con ciò non si vuole intendere che il concentrarsi sullo smartphone durante una conversazione noiosa o se si è con persone con le quali non ci si trova bene sia necessariamente un segno di Phubbing. Si parla indubbiamente di Phubbing quando “il problema si ripete di continuo”.
È solo nella reiterazione che il fenomeno è da prendere in considerazione, sopratutto per gli effetti negativi. Nel tempo, infatti, il Phubbing comporta effetti poco piacevoli, quali:
-problemi nelle relazioni;
-scarsa attenzione per i dettagli;
-momenti vissuti con minor emozione;
-allontanamento dal partner o dagli amici;
-rischio di dare un’immagine sbagliata di se agli altri;
– isolamento (Chotpitayasunondh e Douglas, 2018).
A fronte di quanto argomentato sinora il Phubbing e le possibili conseguenze negative che può comportare non vanno, come già detto, per nulla sottovalutate.
Tale atteggiamento, irritante per chi lo subisce e non bello neppure per chi lo agisce, si presenta di fatto come una nuova modalità di isolamento sociale.
Chotpitayasunondh e Douglas (2018), sono stati i primi ad analizzare questo fenomeno per comprendere meglio gli effetti del Phubbing sugli esiti dell’interazione sociale. Già nel 2013, i due autori realizzarono delle scale ad hoc per indagarne l’impatto.
A tal riguardo, per esaminare il Phubbing su 4 fattori (nomofobia, conflitto interpersonale, autoisolamento e riconoscimento dei problemi) è stata redatta la Generic Scale of Phubbing (GSP), mentre per analizzare l’esperienza di essere phubbed è stata creata, incentrando il lavoro su 3 fattori (norme percepite, sentirsi ignorati e conflitto interpersonale) la Generic Scale of Being Phubbed (GSBP).
Dalla loro ricerca si è rilevato e confermato che l’esperienza di Phubbing ha un impatto negativo e abbassa il tono dell’umore riducendo la qualità della comunicazione e del rapporto. Questo atteggiamento da “snob” va a ledere gli stessi bisogni (bisogno di appartenenza, di autostima, di attribuzione di significato e controllo), portando a un vissuto di ostracismo e isolamento, così che le persone si sentono socialmente escluse.
Secondo i due Autori il fenomeno del Phubbing si è divulgato a causa dello sviluppo della dipendenza da smartphone, che a sua volta è dipensa da alcuni fattori determinanti come l’internet addiction, la cosidetta FOMO, (acronimo di Fear of missing out, ovvero la paura e l’ansia di esser tagliati fuori, di perdersi qualcosa di interessante sui social) e una delle componenti chiave della dipendenza, la mancanza di autocontrollo.
Ma Chotpitayasunondh e Douglas non sono i soli ad asserire che il Phubbing è un vero e proprio disturbo trasversale a molte dipendenze, anche Karadağ e colleghi (2015), asseriscono che la dipendenza e l’uso eccessivo di internet e dei cellulari, conducono a generare tale atteggiamento. Inoltre, Ergun et. alt. (2019), in uno studio condotto in Turchia, hanno messo in relazione l’essere Phubbing con alcune variabili psicodemografiche tra cui ansia, depressione, sé negativo, somatizzazione, ostilità, solitudine, soddisfazione della vita e durata dell’uso del telefono. L’analisi delle associazioni tra le variabili ha mostrato che:
a) il Phubbing era associato negativamente alla solitudine e positivamente a tutte le altre variabili;
b) c’era una forte relazione tra il Phubbing e la durata dell’uso del telefono;
c) la somatizzazione, la soddisfazione per la vita e la durata dell’uso del telefono predicevano il phubbing;
d) il Phubbing prevedeva tutte le variabili tranne la soddisfazione per la vita;
e) essere phubbed era associato negativamente con la solitudine e la soddisfazione per la vita e positivamente con tutte le altre variabili;
f) l’ansia, il sé negativo e l’ostilità predicevano il phubbed.
Alla luce di quanto sinora scritto è possibile asserire che il fenomeno del Phubbing è molto complesso e molteplici sono i fattori che lo causano. Ad influenzarne per prima la diffusione vi sono le variabili contestuali che seppur sembrano di poca rilevanza non vanno sottovalutate. Come evidenziato in precedenza, spesso, il sentirsi annoiati durante un evento, il provare disagio all’interno di una situazione che non si conosce, o il consultare il telefono per sentire la vicinanza di qualcuno potrebbe acuire la messa in atto di tale comportamento.
Inoltre, tra le cause vi sono anche quelle di natura psicologica dettate dalle varie dipendenze, dipendenze dallo smartphone, dipendenza dal social network, dipendenza da internet, la necessità di controllare i propri livelli di ansia sociale attraverso l’uso del cellulare e poi non vanno dimenticate fra le possibili cause anche le motivazioni culturali e sociali. Di fatto, sembrerebbe che l’ignorare ed il trascurare l’altro, durante un evento, una discussione o in un dialogo di coppia, in famiglia, un dialogo tra genitori- figli, per concentrarsi sul cellulare sia ormai divenuta una norma accettata socialmente dalla maggior parte delle persone, tanto da essere considerata per molti un comportamento automatico difficile da inibire.
Conclusioni:
Siamo costantemente agganciati alla Rete, i nostri smartphone sono ormai accessori indispensabili nella nostra quotidianità. Difficile è oggigiorno non notare che ad esempio ad una festa o ad un tavolo di un Cafè più di una persona è china sul suo telefonino. Tale per cui questo comportamento è considerato un atteggiamento comune e abituale, percepito come una “regola” .
È proprio perché ancora poche sono le ricerche su questo nuovo “disturbo” che secondo Chotpitayasunondh e Douglas (2016), la frequenza, il falso consenso e la reciprocità rendono il Phubbing un comportamento percepito come normativo e non dannoso. Di fatto, acccade che spesso la gente accresce il valore della diffusione di idee o di alcuni comportamenti percependo quindi un “placet” molto più ampio del reale. A ciò si aggiunge che spesso il phubbee diventa phubber e viceversa come in un circuito che si autoalimenta, incrementa la frequenza e la reciprocità del comportamento e amplia l’effetto del falso consenso.
Tuttavia, che tale comportamento venga considerato normativo o meno, l’esperienza di sentirsi invisibili ed esclusi dalle relazioni sociali conduce l’individuo a vivere vissuti di depressione, ansia, rabbia e solitudine che determinano l’esclusione e il conseguente impoverimento delle risorse dell’individuo.
Molto spesso dunque questa nuova modalità di isolamento sociale passa inosservata ma in realtà può essere “insinuosa” per le nostre vite specie per le possibili conseguenze negative che s’innescano.
Autori come Roberts & David (2016) hanno evidenziato in uno studio condotto su alcune coppie che circa la metà degli adulti hanno dichiarato di essersi sentiti trascurati dal proprio partner a causa del cellulare. Nello stesso studio è stato da loro evidenziato che il 36% dei partner ha provato sentimenti di tristezza ed il 22,6% ha asserito che i problemi presenti nella relazione sono stati causati dal Phubbing.
Tale fenomeno inficia qualsivoglia relazione, di fatto viola l’interazione autentica con l’altro, cioè uno dei bisogni primordiali dell’uomo.
Gli effetti negativi del Phubbing si notano maggiormente nelle relazioni sentimentali poiché provoca nel phubbee emozioni contrastanti che generano incomprensioni e reazioni di gelosia, oltre che di isolamento e distanza mentale.
Tuttavia quest’atteggiamento va a ledere anche le relazioni genitori/ figli; di fatto, nelle dinamiche familiari può accadere che sia i genitori che i figli interpretino il ruolo del phubber. Ma mentre per i giovani, salvo che non ne facciano un abuso, l’utilizzo del cellulare può essere considerato un processo fisiologico, dato che è possibile utilizzarlo come mezzo tramite cui ricercare la propria autonomia ed indipendenza, connettersi con i pari e soddisfare il bisogno naturale di appartenenza ad un gruppo e di differenziazione dai propri genitori, per quest’ultimi, che oggigiorno controllano costantemente il cellulare, senza prestare attenzione e/o comunicare con i propri figli, non vi è alcuna giustificazione.
Da alcune ricerche dell’Università Bicocca di Milano è emerso che il Phubbing influisce negativamente sulla relazione genitori-figli. Di fatto, dalle interviste rivolte ai figli emerge che gli stessi si sentivano ignorati e disconnessi dai genitori perennemente al cellulare; gli studiosi affermano che questo fenomeno possa innescare fra i più giovani vere e proprie crisi depressive.
È necessario quindi cercare di prevenire certi atteggiamenti e in alcuni casi ricorrere ad un intervento mirato con l’aiuto di uno specialista. Talvolta infatti si può essere in grado da soli di controllare questo atteggiamento ma tante altre volte potrebbero esserci motivazioni più intrinseche riconducibili all’essere della persona, a dinamiche psicologiche della persona e alle sue difficoltà di socializzazione. In questi casi o quando questo comportamento diventa compulsivo e si innesca un circuito di dipendenza consultare uno psicologo o uno psicoterapeuta può indubbiamente essere utile in modo tale da avere un confronto su tali tematiche e prenderne coscienza, comprendersi, per superarli e godere in maniera piena delle relazioni.
A prevenzione basterebbe che ognuno di noi facesse notare a chi tiene in mano tutto il giorno lo smartphone il disagio che si crea a stargli davanti mentre questo è chinato a chattare o comunque è collegato in rete. Basterebbe anche che ognuno di noi si impegnasse a non commettere gli stessi errori una volta richiamato e mettesse in atto piccole strategie per evitare di divenire “schiavi” dello schermo.
Alcune piccole regole da osservare potrebbero essere ad esempio:
– se si esce con amici non portare il cellulare con sé , in tasca o in borsa;
– se proprio è necessario portarlo con sé, silenziarlo;
– se possibile usare il cellulare solo come mezzo per ricevere ed effettuare chiamate senza necessariamente andare sui social;
– se possibile usarlo solo come macchina fografica impostando la modalità aereo;
– se possibile evitare anche quando la discussione diviene noiosa di usarlo (Al-Saggaf, Y., & O’Donnell, S.B. , 2019).
L’osservanza di queste semplici regole applicabili nel quotidiano, potrebbe aiutare gli individui a vivere al meglio il rapporto con gli altri e a godersi di più il presente.
Come accennato prima, tuttavia, quando l’atteggiamento del Phubbing diviene per la vittima un ostacolo per le relazioni e ci si accorge che chi lo agisce non riesce a controllare il tempo passato sullo smartphone, è consigliabile rivolgersi ad uno specialista.
Uno psicologo o psicoterapeuta potrà aiutarci a riflettere sul nostro modo di comunicare, sull’efficacia della comunicazione intenzionale che può servire al phubbee a chiedere all’altro di essere considerati.
Inoltre uno specialista può essere d’aiuto ad esempio a quelle coppie che hanno innescato nella loro relazione il circolo vizioso tra phubber e phubbee e intervenire fornendo loro un supporto a livello relazionale per meglistire le emozioni e le dinamiche interpersonali.
Dopotutto la vita va vissuta a pieno e non è certamente nascondendosi dietro ad uno schermo da guardare che la si assapora, a volte basta un aiuto per ricordarsene e ritornare a godere di tutto ciò che ci circonda e dunque della compagnia dei presenti. _____________________________________________
Bibliografia e Sitografia:
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Al-Saggaf, Y., & O’Donnell, S.B. (2019). Phubbing: Perceptions, reasons behind, predictors, and impacts. Human Behavior & Emerging Technologies,1, 132-140;
Anshari, M., Alas, Y., Hardaker, G., Jaidin, J.H., Smith, M., & Ahad, A.D. (2016);
Buckle, C. (2016). Mobiles seen as most important device. Retrieved from http://www.globalwebindex.net/blog/mobiles-seen-as-most-important-device
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Roberts, J.A., & David, M.E. (2016). My life has become a major distraction from my cell phone: Partner phubbing and relationship satisfaction among romantic partners. Computers in Human Behavior, 54,(1), 134-141;
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Turkle, S. (2012). Alone together: Why we expect more from technology and less from each other. New York, NY: Basic Books.
Ugur, N.G., & Koc, T. (2015). Time fot Digital Detox: Misuse of Mobile Technology and Phubbing. Social and Behavioral Sciences, 195, 1022-1031.
Watzlawick, P., Beavin, J.H., Jackson, D.D. (1971). Pragmatica della comunicazione umana. Studio dei modelli interattivi. Roma: Astrolabio;
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