Il Gioco nella crescita del bambino

A cura della Dott.ssa Vera Cantavenera, Psicologa Clinica, Coordinatrice PSP-Italia, Agrigento

IL Gioco nella crescita del bambino

“È nel giocare e soltanto mentre gioca che l’individuo, bambino o adulto, è in grado di essere creativo e di fare uso dell’intera personalità, ed è solo nell’essere creativo che l’individuo scopre il sé.” (D. Winnicott)

L’attività ludico-ricreativa svolge un ruolo molto importante nello sviluppo del bambino, futuro adulto. Ognuno di noi, infatti, viene dal gioco, nel senso che le esperienze ludiche che abbiamo praticato nel corso della nostra età di sviluppo, hanno contribuito in maniera significativa alla nostra formazione: noi siamo anche l’esito dei giochi che abbiamo fatto, oltre che delle relazioni che abbiamo avuto ecc.

Basterebbe riflettere su questo per rendersi conto che il gioco è una faccenda molto più seria di quanto normalmente lo consideriamo nella sua normale, infantile attitudine. Si pensi al fatto che l’Alto Commissariato per i Diritti Umani delle Nazioni Unite con la “Risoluzione 44/25 del 20 novembre 1989”, riconosce il gioco come un “diritto” inviolabile ed insindacabile di ogni bambino.

“Il gioco è realizzazione dei desideri, è addestramento, è rispetto di regole, conoscenza e negazione della realtà, è piacere ma anche norma, è progetto e esercizio”.

Nell’infanzia il gioco serve a ricreare l’esperienza, chiarendola e rendendola più comprensibile, a organizzare le percezioni, a mettere alla prova le capacità, a dominare i sentimenti, a conoscere sé stessi individuando il proprio posto nel mondo.

Di fatto L. S. Vygotskij afferma che: il bambino nel gioco mette in pratica i suoi desideri progredendo, stimolando l’azione e favorendo la creazione di una “zona di sviluppo prossimale”. Immaginazione, interpretazione e volontà sono i processi interni portati all’azione esterna. Lo scopo, come fine ultimo, determina l’atteggiamento affettivo del bambino verso il gioco, giustificando così l’attività.

Già nel ‘900 C. Cross sosteneva che l’attività ludica è una sorta di esercizio utilizzato per sviluppare delle attività motorie e mentali dell’individuo. Una sorta di pre-esercizio per fare in modo che determinate strutture innate siano trasformate in strutture più complesse, e soprattutto più adatte a quelle che sono le modificazioni ambientali.

Attraverso il gioco, il bambino incomincia a comprendere il funzionamento degli oggetti.
Si parla di gioco funzionale, anche se non si tratta di una vera e propria attività ludica ma di un esercizio, di una attività imitativa rispetto a situazioni reali.
Si comincia a parlare di vera e propria attività ludica nel momento in cui il gioco funzionale comincia ad acquisire i primi caratteri rappresentativi, cioè il bambino utilizza funzionalmente gli oggetti, in questo caso si parla di gioco rappresentativo.

L’esperienza del gioco insegna al bambino ad essere perseverante e ad avere fiducia nelle proprie capacità. È un processo attraverso il quale diventa consapevole del proprio mondo interiore e di quello esterno, incominciando ad accettare le legittime esigenze di queste sue due realtà.

Le attività ludiche crescono e si modificano di pari passo con lo sviluppo intellettivo e psicologico del bambino, anche se rimangono una tappa fondamentale nella vita di ogni uomo qualunque sia la sua età.

F. Schiller, afferma infatti che “l’uomo è
pienamente tale solo quando gioca”
, in quanto attraverso il gioco ognuno mantiene libera la propria mente da qualsiasi pensiero, e ha modo di poter scaricare la sua emotività e la sua istintualità.

Il gioco è un vero e proprio lavoro per i bambini; è quello strumento che gli permette di acquisire e sperimentare nuove capacità cognitive che gli consentono di relazionarsi con i suoi pari, col mondo esterno e sviluppare la propria personalità.

Ad ogni fascia d’età il gioco assume una sua caratteristica e sarà poi chiave di lettura dell’equilibrio psichico del bambino/adulto.
– Nei primissimi mesi di vita da 0-1 anno, l’attività ludica arricchisce il sé del bambino che si sta formando. I suoi movimenti con le mani e le gambe sono rivolti al proprio corpo e a quello della madre, ma via via la sua attenzione si sposta verso gli oggetti, e tutte le attività iniziano ad assumere un carattere prettamente esplorativo e ripetitivo. Le azioni, infatti, si susseguono, e servono a far si che impari a distinguere fra il sé e il non sé.
– A 2 anni, il bambino inizia a prendere coscienza della separazione dalla mamma, e quindi deve far fronte alle crisi di ansia e d’abbandono. Il bambino “gioca” con l’oggetto transazionale, che assume carattere fondamentale in quanto rappresenterà la figura di accudimento (la mamma), nel momento in cui essa si assenta, assumendo un significato di certezza. Quest’oggetto, se diviene un’abitudine, viene abbandonato quando il bambino acquisisce la consapevolezza della figura materna.
– A partire dai 3 anni, il bambino mostra interesse per i giochi di socializzazione. Interagisce con gli altri e inizia a sviluppare la capacità immaginativa; di fatto, spesso, si diverte a imitare il comportamento degli altri.
– Tra i 4-5 anni il gioco diventa espressione delle proprie dinamiche interne. Generalmente, il bambino tende a simulare giochi che rappresentano delle punizioni o proibizioni che lo stesso ha subito. In questa fase dello sviluppo sono maggiormente prediletti i giochi con le bambole, il giocare al dottore o il gioco a nascondino.
– Via via, crescendo, verso i 6-10 anni il bambino impara a stare con gli altri e i giochi sono caratterizzati dalle regole e si svolgono per lo più in gruppo.

Il gioco, dunque, come ribadito in precedenza, favorisce la socializzazione, ed è fondamentale
anche nei primissimi mesi in cui esso è solitario e manca l’interazione sociale, che si svilupperà pian piano quando il bambino inizierà ad abbandonare il “nido familiare” e si inserirà tra i 4-5 anni a scuola.

La funzione del gioco acquisisce, nelle diverse fasi di crescita, un’importanza fondamentale, perché favorisce lo sviluppo cognitivo. Nello specifico, agevola e rafforza lo sviluppo della memoria, dell’attenzione, garantendo un incremento della concentrazione, della capacità di confronto, di relazionarsi, di utilizzare degli schemi percettivi. Di contro, una scarsa e carente attività ludica può contribuire a creare delle carenze a livello cognitivo.

Il gioco svolge un ruolo fondamentale e di duplice funzione nello sviluppo evolutivo: – consente al bambino di comprendere la realtà a lui esterna e gli permette un buon adattamento ad essa;
– consente al bambino di conoscere, interpretare e di controllare il proprio mondo interno fatto di desideri, pulsioni, istinti,
e quindi creare la giusta mediazione tra le due realtà.

Attraverso il gioco il bambino può conoscere, comprendere, ordinare e interiorizzare ogni nuova esperienza e acquisizione. Può, per mezzo del gioco, interpretare i propri desideri e dare loro una certa forma progettuale, e sarà in grado di percepire l’armonia e non il conflitto e la contraddizione spesso legati alla compresenza di due mondi: quello interiore e la realtà esterna.

Un bambino che gioca sarà senza dubbio un adulto che si sarà ben adattato e inserito nella vita; viceversa, la mancanza di ciò potrà esercitare un effetto negativo. Il bambino che non sa giocare non sarà infatti in grado di esplorare il mondo, e non sarà mai del tutto autonomo e maturo nello sviluppo emotivo.

Il gioco svolge una funzione catartica; di conseguenza, l’assenza del gioco nei bambini, fa in modo che questa “liberazione” venga canalizzata attraverso altri mezzi.
Giocando, i bambini imparano a controllarsi, a negoziare, a lavorare in équipe, ad aspettare e a condividere, viceversa si genereranno persone isolate, concentrate su se stesse e individualiste.

Così, come in ogni tappa della crescita del bambino, anche nel gioco la funzione dell’adulto è fondamentale specie nelle prime fasi dello sviluppo infantile.
Di fatto, per i bambini, giocare con i propri genitori, rappresenta un’importante occasione per costruire un legame di intimità: essi reagiscono con entusiasmo alla disponibilità della mamma e del papà al gioco, ne sono felici e ciò rafforza il loro senso di sicurezza e protezione.

Oggi purtroppo, i genitori, a causa del lavoro, hanno poco tempo per potersi dedicare al gioco coi figli e a volte demandano, nella migliore delle ipotesi, questa funzione ai nonni. Altre invece, impegnando i propri figli in attività extrascolastiche, che nulla hanno a che vedere con il gioco libero, oppure ancora permettendo loro di giocare con il computer o le varie console. Questi “nuovi giocattoli” , però, limitano molto e arricchiscono poco. Perché se, da una parte, i videogiochi possono costituire un’integrazione, ciò che è fondamentale è il gioco senza regole stabilite. Di fatto, l’ideale sarebbe alternare momenti di gioco individuale con periodi condivisi con altri bambini.

Il Pronto Soccorso Psicologico-Italia può intervenire per creare una rete famiglia/scuola che sia in grado sinergicamente di porsi in relazione con i piccoli , abbandonando rigidità ed entrando in empatia con il loro mondo.
L’equipe del PSP-Italia, di fatto, può aiutare il genitore, educatore o insegnante che sia, a divenire più consapevole circa l’importante contributo che loro stessi possono apportare nel gioco con il bambino, anche solo predisponendo l’ambiente al gioco. Ovvero, creando le condizioni ottimali per l’attività ludica, al fine di consentire al bambino di sperimentare e scoprire le sue competenze, di scaricare le sue tensioni e di esprimere le proprie.
È fondamentale che i genitori insegnino al bambino che per divertirsi non ha bisogno di utilizzare contemporaneamente tutti i giocattoli che possiede, che è importante saper selezionare e scegliere il gioco a cui dedicarsi in quel preciso momento.
Non è prioritario, infatti che il bambino abbia a disposizione una vasta gamma di giocattoli; è essenziale, piuttosto, che questi siano adatti alla sua età, che non precorrano i tempi, né ritardino le possibilità creative, ma che siano in grado di stuzzicare la sua fantasia e di soddisfare il suo bisogno di produrre, conoscere e condividere con gli altri.

Tutti i giochi di fatto si muovono tra due opposti: da un lato, la paidia (improvvisazione, assenza di regole e freni, divertimento) e dall’altro il ludus (regole e sforzo). Ed è solo creando le condizioni ottimali per l’attività ludica che il bambino potrà divenire un adulto autonomo che avrà tratto tanti benefici da tutto ciò.

Dott.ssa Vera Cantavenera, Psicologa Clinica, Coordinatrice Pronto Soccorso Psicologico-Italia, Agrigento