“Non è possibile essere una madre perfetta. Ma ci sono milioni di modi per essere una buona madre”, Jill Churchill
L’essere madre è una condizione che accomuna molte donne; tuttavia le storie per descrivere questo ruolo, così delicato e importante, sembrano sempre le stesse e le narrazioni prive di pericolosi stereotipi, faticano ancora a trovare il posto che meritano.
Le storie rappresentano una vera e propria occasione di conoscenza e di ispirazione offrendo a chi le ascolta informazioni sul mondo e sui significati che altri hanno colto dall’esperienza. Ognuno di noi, più o meno consapevolmente, attinge ad esse per ampliare il proprio sistema di credenze.
Le storie che ascoltiamo, scriviamo o narriamo influenzano il nostro modo di stare al mondo, di prendere decisioni, di giudicare o semplicemente di guardare l’altro. Se sono ricche di archetipi possono allargare gli orizzonti e trasmettere valori universali che arricchiscono, creando legami tra passato e futuro. Ponti comunicativi che diventano funzionali e agevolano la versatilità dei ruoli sociali. Al contrario, se le storie con cui ci interfacciamo sono cariche di stereotipi e di immagini destrutturanti, impoveriscono l’immaginario comune peggiorando la qualità della vita.
Gli archetipi sono modelli universali che aprono a diverse possibilità, nutrono la collettività con immagini positive che si prestano a infinite combinazioni e creazioni di possibili scenari.
Gli stereotipi, diversamente sono immagini rigide e immutabili che definiscono gli esseri umani, nonostante la loro complessità, attraverso grossolane semplificazioni fatte da poche ed irrisorie caratteristiche. Gli stereotipi non producono nessun movimento, non aprono a nuovi immaginari, creando situazioni caratterizzate da rigidità, omeostasi e disfunzionalità. In una società estremamente veloce come la nostra, questi ci illudono di poter inquadrare una storia secondo poche e semplici coordinate, senza il bisogno di scendere nei dettagli o di fare degli approfondimenti. Non c’è nessuna storia reale che possa reggersi con il solo utilizzo degli stereotipi, perché questi non lasciano spazio al cambiamento e al continuo dinamismo che caratterizza ogni esperienza umana.
“Una storia senza archetipi è una storia fine a sè stessa che non ha nulla da trasmettere, quindi destinata ad essere dimenticata”.
Uno degli stereotipi più diffusi e altrettanto pericolosi dell’epoca moderna è “il mito della mamma perfetta”. Credo che le storie autentiche delle madri non siano sopravvissute alle pressioni della società moderna e che inevitabilmente abbiamo lasciato il posto a false credenze che nel corso degli anni hanno contaminato molteplici esperienze che appartengono all’universo femminile. Dalla gravidanza al concepimento, dall’accudimento al ruolo della donna all’interno delle mura domestiche, si evincono una serie di false credenze che avvicinano la donna ad un’idea di abnegazione e sacrificio tendente alla santità, piuttosto che ad un’immagine di vita concreta. Una donna perfetta che non si arrabbia, che non sbaglia, pronta a soddisfare i bisogni del suo bambino a qualsiasi ora del giorno. Fissata nella gestione della casa e impeccabile nell’educazione dei figli. Donne tendenti alla perfezione che piano piano hanno invaso il nostro immaginario collettivo, entrando nelle nostre case attraverso la tv, i social e i mezzi di comunicazione.
Queste rappresentazioni portano con se gli stessi stereotipi degli anni 50, resi ancor più accattivanti e attraenti dai filtri della società attuale. Abbiamo la mamma che lavora fino all’ultimo giorno di gravidanza, esce dalla sala parto con i capelli perfetti e recupera in tempi brevi la forma fisica di un tempo, anzi la migliora. La mamma in carriera che con due ore di sonno non sbaglia un colpo ed è contemporaneamente un’ottima compagna, un’ottima amica e un’ottima figlia. Una super mamma, infallibile senza bisogni, senza esigenze e senza lati deboli, una mamma sola ma che non può non saper cosa fare per il semplice fatto di essere madre.
Questa narrazione, spietata e pericolosa, mette in cattiva luce rendendo qualsiasi madre immediatamente squallida e inadeguata. “Questa narrazione parla di una madre che non esiste“. Uno stereotipo che allontana la credenza collettiva dall’immagine reale della maternità.
Sempre più spesso le madri si isolano perché la pressione è troppa e il senso di inadeguatezza è forte. Purtroppo i cambiamenti sociali hanno portato non solo le madri ma la coppia genitoriale ad isolarsi ed allontanarsi dal resto della famiglia, rendendo la gestione dell’intera famiglia più complessa. Infatti fino a qualche decennio fa, la società aveva un’impronta matriarcale, con una rete più flessibile e coesa, che portava la famiglia ad avere molte più risorse da sfruttare nella crescita dei figli. Diversamente ad oggi, una coppia si ritrova a dover affrontare giornalmente una serie di compiti che richiederebbero invece, la presenza di un’intera tribù di persone. Le madri spesso hanno un carico di lavoro a livello familiare eccessivo e il rischio di fallire nei molteplici compiti, che giornalmente devono compiere per rispettare i presunti “criteri di una buona madre” è molto alto. Un piccolo errore, o una svista, possono mettere tutto in discussione diventando “cattive madri”. Le madri hanno bisogno di parole in cui ritrovarsi, di nuove storie con cui confrontarsi. Storie basate su sistemi valoriali funzionali. Le madri hanno bisogno di essere perfette nella loro imperfezione ed essere accettate per quello che sono, nella loro autenticità.
Un delicato passaggio dalla “madre perfetta” alla madre “sufficientemente buona”, così come è stata definita da Winnicot. L’autore intende una madre libera da stereotipi e pregiudizi e dal peso della perfezione. Una madre dispensatrice di amore, attenzione e cure materne, una madre che nonostante la stanchezza riesce ad essere presente e a trasmettere amore e sicurezza. Una madre che non sempre comprende i bisogni del suo bambino ma che comunque si trova lì per accoglierli. Una madre che prova emozioni scomode e che accetta con consapevolezza di avere il diritto di provarle senza abbandonarsi ai sensi di colpa.
“I figli non hanno bisogno di una madre perfetta, ma di una madre sufficientemente buona e presente nonostante tutto”.
I professionisti del Pronto Soccorso Psicologico-Italia sono presenti 24/h ore al giorno, per tutti i giorni dell’anno, per rispondere ai tanti dubbi che possono nascere nel rapporto e nell’educazione dei figli, soprattutto, per vincere l’impotenza e le frustrazioni legate al non riuscire a soddisfare tutti i bisogni dei figli. “La buona madre è quella mamma che riesce a fare ammenda dei suoi errori e non alla continua ricerca della perfezione”.
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