A cura della Dott.ssa Vera Cantavenera, Psicologa Clinica, Coordinatrice PSP-Italia, Agrigento
“L’unità della sfera intellettiva ed affettiva è la posizione basilare, la pietra angolare sulla quale deve costruirsi una dottrina della natura della insufficienza mentale congenita dell’età infantile” (Lev Vygotskij)
Il Ritardo Mentale è un deficit dello sviluppo delle funzioni intellettive, e non è da confondere con la malattia mentale; difatti la maggioranza di chi soffre di disturbi psichiatrici non presenta disabilità intellettiva. Il termine Ritardo Mentale, vista la sua connotazione ad eccezione negativa, è stato sostituito dagli operatori sanitari con l’espressione Deficit Intellettivo. Con Deficit Intellettivo o RM, si intende un deficit neuroevolutivo, ovvero una funzione intellettiva significativamente inferiore al normale presente fin dalla nascita o dalla prima infanzia, che causa limitazioni nella capacità di svolgere le normali attività quotidiane.
Il RM rappresenta una problematica che emerge già in età evolutiva, infatti i primi segnali si possono notare quando i bambini sono ancora molto piccoli. Le disfunzioni, che riguardano aspetti come il ragionamento, il problem solving e il pensiero astratto, provocano delle conseguenze anche sulle capacità adattive del bambino. Quest’ultimo non riesce a raggiungere gli obiettivi standard previsti per la sua età cronologica e anche la sua autonomia ne risulta compromessa. L’inserimento scolastico e sociale sono fortemente influenzati da questi fattori, e il bambino riscontra problemi relazionali e di apprendimento.
In sintesi esso è il risultato dell’insieme dei deficit dello sviluppo cognitivo e socio-relazionale; la quinta edizione del Manuale diagnostico e statistico dei disturbi mentali (che sostituisce il termine ritardo mentale con quello di disabilità intellettiva) infatti, non fa più riferimento al punteggio del QI per stabilire livelli di gravità del disturbo, ma li definisce in base al funzionamento adattivo, dividendoli in tre diversi ambiti: concettuale, sociale e pratico.
I soggetti affetti da deficit intellettivo manifestano diversi livelli di deficit, che sono classificati da lievi a profondi; se ne distinguono 4 tipologie:
Ritardo mentale lieve, che rappresenta la forma meno invasiva e risulta più difficile da diagnosticare nei primi anni di vita del bambino. Infatti, i primi segnali si scorgono nella scuola dell’obbligo, per le difficoltà di apprendimento e per i problemi di comunicazione. Tuttavia, la scarsa gravità del deficit non ostacola il bambino nel suo percorso di studi e nell’acquisizione di determinate abilità. Il suo grado di apprendimento sarà più lento e graduale, ma con un opportuno sostegno potrà conseguire dei buoni risultati anche successivamente crescendo, nel campo lavorativo;
Ritardo mentale moderato, che rileva una differenziazione tra l’età cronologica del bambino e quella intellettiva, che non cresce di pari passo e che si ferma a circa 8 anni. I maggiori problemi si riscontrano nella comunicazione e nell’apprendimento. Entrambe le abilità risultano scadenti e anche l’autonomia è parziale e riguarda solo aspetti molto semplici della vita di tutti i giorni;
Ritardo mentale grave, che comporta problematiche a livello comunicativo, scolastico e sociale. In questi casi, l’età mentale del bambino corrisponde a circa 4/6 anni e generalmente lo stesso riesce a svolgere le più semplici attività giornaliere con l’aiuto di altre persone. Riesce a comunicare le sue esigenze attraverso l’acquisizione di parole semplici e basilari;
Ritardo mentale gravissimo, che rappresenta l’incapacità del bambino a svolgere autonomamente anche le attività più semplici. Di fatto, egli necessita costantemente di un supporto esterno che lo guidi durante tutta la giornata e la sua comunicazione è ridotta o quasi del tutto assente.
Il Deficit Intellettivo o RM può essere causato da un’ampia varietà di condizioni mediche e ambientali, ma anche da una condizione di origine genetica o da un disturbo che interferisce con lo sviluppo cerebrale. Alcune condizioni si presentano prima o al momento del concepimento; altre ancora insorgono durante la gravidanza, durante o dopo il parto. Il fattore che le accomuna è un disturbo della crescita e dello sviluppo cerebrale. Nonostante i recenti progressi nella genetica, soprattutto nelle tecniche di analisi cromosomica, spesso non si riesce a identificare una causa specifica di deficit intellettivo.
Per ciò che concerne il RM Lieve è possibile asserire che per il 43% dei casi la causa è di tipo organica, ed è da addebitare a: Encefalopatie Ipossico-Ischemiche; Infezioni del gruppo TORCH; Malattie Metaboliche; Trisomia 21; Sclerosi Tuberosa; Distrofie Muscolari (Steinert-Duchenne ); Sindrome Feto-Alcolica; Sindrome dell’ X–fragile.
Mentre ad esempio per il Ritardo Mentale di grado Grave si riconosce per l’ 89% un’eziologia organica. Rispetto al momento della nascita, le cause sono:
Prenatali e comprendono: Malattie Cromosomiche; Sindromi Polimalformative (S.Prader Willy, S. Sotos, S. Cornelia de Lange, Lissencefalie, ecc.); Sindromi Neurocutanee (Sclerosi Tuberosa, M. Recklinghausen, ecc.); Malattie Geniche (metaboliche, degli aminoacidi, lisosomi, ecc.); Ipotiroidismo; Encefaliti fetali (T.O.R.C.H.); Malformazioni cerebrali; Iatrogene; Malnutrizione fetale (S.G.A.);
Perinatali per il 10 % e tutte note, in pratica solo Encefalopatia Ipossico-Ischemica;
Postnatali.
Solo, attraverso una “diagnosi precoce ed accurata” è possibile cominciare un trattamento adeguato da subito e migliorare le condizioni di vita del bambino. Di fatto, entro i 3 anni è possibile considerare per far prevenzione, i seguenti segni:
al 1° mese di vita, lo scarso interesse, lo scarso agganciamento visivo, lo scarso inseguimento visivo e la scarsa discriminazione visiva che il neonato presenta;
al 3°–6° mese, la scarsa preferenza visiva: il bambino non si “riconosce” neppure nello sguardo materno;
al 5°–6° mese, la prensione volontaria assente (senza disturbo neurologico);
al 12° mese, ciò che evidenziano i genitori, è l’assenza di linguaggio e un ritardo motorio.
Inoltre sono da attenzionare: tutti i bambini con macro-microcefalia; i bambini con disturbo dell’attenzione e della memoria; i bambini che non presentano gioco organizzato e tutti quelli che presentano stereotipie gestuali ripetitive.
I soggetti con RM di grado Lieve possono essere individuati ai 2 anni di vita; gli interventi invece possono esser effettuati entro i 6 anni e aumentano realmente le possibilità dello sviluppo cognitivo finale. Di fatto, una valutazione corretta dall’età scolare consente un completo inserimento sociale in età adulta.
I soggetti con RM di grado Medio possono essere riconosciuti a 12-18 mesi e l’entità del problema definita a 4-5 anni. È possibile intervenire per ridurre lo stato assistenziale.
I soggetti con RM di grado Grave possono essere individuati a 8 -12 mesi, la gravità precisata a 3-4 anni; in questi casi è possibile programmare per tempo i supporti assistenziali e sociali necessari.
In sintesi, è dunque possibile asserire che alcuni bambini con deficit intellettivo possono presentare anomalie evidenti alla nascita o subito dopo. Tali anomalie possono essere fisiche e neurologiche e comprendere malformazioni del viso, come cranio troppo grande o troppo piccolo, deformità delle mani o dei piedi e molte altre caratteristiche alterate. Talvolta, pur avendo un aspetto normale, i soggetti affetti da questa patologia presentano altri segni indici di grave malattia, come attacchi epilettici, sonnolenza, vomito, odore alterato dell’urina o impossibilità ad alimentarsi o a crescere normalmente.
Durante il primo anno di vita in molti bambini con deficit intellettivo grave è osservabile uno sviluppo tardivo delle abilità motorie, in quanto sono lenti nel gattonare, sedersi e alzarsi. Tuttavia, la maggior parte di questi soggetti non sviluppa sintomi evidenti fino al periodo prescolare. Nei casi più gravi i sintomi diventano evidenti a un’età più precoce.
In genere, il primo problema che i genitori notano è un ritardo nello sviluppo del linguaggio. Questi bambini sono più lenti nell’uso delle parole, nel metterle insieme e nel pronunciare frasi complete. Il loro sviluppo sociale talvolta è rallentato a causa di deficit cognitivi e del linguaggio. Possono imparare tardivamente a vestirsi e ad alimentarsi autonomamente. Alcuni genitori non considerano l’eventualità di un’alterazione cognitiva fino all’età scolare o prescolare del bambino, che si dimostra incapace di svolgere i compiti adeguati alla sua età.
I soggetti affetti sono in qualche modo maggiormente predisposti, rispetto ai loro coetanei, ad avere problemi comportamentali, come esplosioni di collera, accessi d’ira e comportamento aggressivo o autolesivo. Questi comportamenti sono spesso collegati a specifici eventi frustranti, aggravati da un’alterata capacità di comunicare e di controllare gli impulsi. I bambini più grandi possono essere ingenui e facili da ingannare o spinti verso comportamenti scorretti di lieve entità.
È in queste situazioni che l’equipe del Pronto Soccorso Psicologico-Italia può intervenire a sostegno e supporto delle famiglie che vivono il disagio d’avere un bambino con Deficit Intellettivo.
Si tiene a precisare che la prevenzione relativa al ritardo mentale di un bambino deve iniziare dalla donna, ancor prima di arrivare ad una gravidanza, al fine di arrivare ad essa con le migliori condizioni salutari. È bene sapere che durante la gravidanza, sarebbe opportuno controllare alcuni parametri “vitali”. È consigliabile di fatto, sottoporsi per tutto il periodo della gravidanza a controlli e nello specifico ad alcuni esami clinici che possono essere richiesti dal medico. Ad esempio, per alcune donne che sono affette da diabete, sarebbe bene sempre controllare i propri valori glicemici o verificare (soprattutto nei primi mesi di gestazione) le proprie difese immunitarie contro il virus della rosolia, responsabile di gravi deficit.
I professionisti del Pronto Soccorso Psicologico-Italia possono esser d’aiuto e supporto per tutte le donne che devono affrontare lo screening prenatale. E successivamente possono assistere la famiglia e programmare un training familiare che possa insegnare ai genitori il modo migliore per relazionarsi con i propri figli. Di fatto, un corretto progetto riabilitativo non può e non deve prescindere dalle “relazioni” del bambino con la famiglia e con la madre. Il primo mondo con cui il bambino interagisce, infatti, è rappresentato dalla madre, i cui comportamenti sono in genere in perfetto equilibrio con le proposte del figlio, in modo naturale e spontaneo. Questa sintonia viene inevitabilmente alterata in caso di RM, cosa che può turbare l’armonia del legame, aggravando la situazione già difficile del bambino. La famiglia deve dunque essere resa partecipe delle modalità di intervento terapeutico, dei mezzi di conoscenza e di interazione più opportuni con un bambino diverso dagli altri, allo scopo di preservare e, perché no, migliorare la qualità del rapporto.
Dall’altro lato va però categoricamente evitato un coinvolgimento eccessivo, che trasformerebbe la vita familiare in un bombardamento di stimolazioni e in una continua terapia, deformando la qualità delle relazioni.
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