Il suicidio nell’adolescenza

A cura della Dott.ssa Daniela Cusimano, Psicologa Clinica, Coordinatrice Pronto Soccorso Psicologico-Italia

Abstract

Suicide is an infrequent phenomenon before puberty and is, at the same time, an adolescent problem, specifically in the age group between 15 and 19 and adulthood. Many factors can contribute to the increase in suicide attempts in children and adolescents, one of which is the development of depression among adolescents, especially among girls, the rise in suicide rates among adults among one’s acquaintances, conflicting relationships with parents and school stress. However, suicidal intentions contain a certain level of insecurity limited to the determination to disappear or perhaps a request for help. Among adolescents, the male-to-female suicide ratio is 4:1, although, among female subjects, suicide attempts are 2-3 times more frequent. However, preadolescents commit suicide, and this likely dilemma should not be overlooked. The effects that the Covid period has had on the mental health of younger people is a cause of permanent and alarming current events affecting healthcare systems around the world. The concern that the restrictions of social isolation and the prolonged closure of educational institutions could have effects on the psychological balance of children has unfortunately proven to be well founded. The growth in cases of anxiety and depression among young people during the first year of the pandemic was equal to 20-25% compared to previous years. Among all the manifestations of severe mental suffering, one category, in particular, appeared most disturbing and worthy of further investigation, that relating to suicidal acts. International literature is beginning to offer us the first data regarding youth populations in different parts of the world.

Riassunto

Il suicidio è un fenomeno infrequente prima della pubertà ed è allo stesso tempo un problema adolescenziale,  specifico nella fascia di età compresa tra i 15 e i 19 anni, e dell’età adulta. Molti fattori possono concorrere all’incremento dei tentativi di suicidio nei bambini e negli adolescenti, uno fra tutti lo sviluppo  della depressione tra gli adolescenti soprattutto tra le ragazze, l’incremento ai tassi di suicidio degli adulti tra le proprie conoscenze, rapporti conflittuali con i genitori e stress scolastico. Tuttavia, gli intenti suicidari racchiudono in sè un certo livello di insicurezza limitatamente alla risolutezza di scomparire o magari una richiesta di aiuto. Tra gli adolescenti, il rapporto di suicidi tra sesso maschile e femminile è di 4:1, anche se, tra i soggetti di sesso femminile, i tentativi di suicidio sono di 2-3 volte più frequenti. Tuttavia, i preadolescenti compiono suicidio e questo dilemma probabile non deve essere trascurato. Gli effetti che il periodo del Covid ha comportato sulla salute mentale dei più giovani è motivo di permanente e allarmante attualità che interessa i sistemi sanitari di tutto il mondo. La preoccupazione che le restrizioni di isolamento sociale e di chiusura protratta delle istituzioni scolastiche potessero avere effetti sull’equilibrio psicologico dei ragazzi si è dimostrato purtroppo fondato . La crescita di casi di ansia e depressione tra i giovani durante il primo anno di pandemia è stato uguale al 20-25% riguardo agli anni precedenti . Tra tutte le manifestazioni di grave sofferenza mentale, una categoria in particolare è apparsa più inquietante e degna di approfondimento, quella relativa agli atti suicidari. Su questo argomento la letteratura internazionale inizia a offrirci i primi dati relativi alle popolazioni giovanili in diverse parti del mondo.

adolescenti e suicidio

Introduzione

Secondo l’Organizzazione Mondiale della Sanità il suicidio viene considerato  come un problema complesso, non ascrivibile ad una sola causa o ad un motivo preciso. Lo possiamo fare derivare da una complessa interazione di fattori biologici, genetici, psicologici, sociali, culturali ed ambientali. Pertanto possiamo dire che il termine suicidio deriva dal latino suicidium, e  letteralmente significa  uccisione di se stessi, pertanto si intende l’atto col quale una persona si procura volontariamente e consapevolmente la morte. Esso non è altro che la morte causata da un atto intenzionale di autolesionismo ideato per essere letale. Il comportamento suicidario comprende il suicidio compiuto, il tentato suicidio e l’ideazione suicidaria. Le ricerche sul suicidio hanno visto che molto spesso  è correlato ad una malattia mentale o  a disturbi dovuti all’uso compulsivo di sostanze come alcool o droghe. L’abuso di sostanze rende anche più probabile che si arrivi ad agire per pensieri di suicidio impulsivi o comportamenti a rischio. I giovani  che muoiono per suicidio, rappresentano solo una frazione di quelli che ci pensano o che arrivano a compiere almeno un tentativo: le statistiche hanno evidenziato che i tentativi potrebbero essere tra 8 e 25 per ogni morte effettiva. I fattori di rischio che determinano un tentato suicidio negli adolescenti sono depressione e uso di sostanze stupefacenti. Il suicidio viene vista come una tragica risposta alle situazioni di vita stressanti, e tanto più tragica perché prevenuto. Spesso il soggetto a rischio di suicidio si presenta con pensieri identificabili con le seguenti espressioni: “Sono triste, depresso”, “Non posso più andare avanti così”, “Sono un perdente”, “Gli altri staranno meglio senza di me”.

Un altro fattore di rischio del suicidio è che legato a sentimenti di disperazione, rabbia incontrollabile; alla ricerca di vendetta, all’agire in modo imprudente o rischioso e senza meditare sulle conseguenze di un certo comportamento, al sentirsi intrappolati e sentirsi senza via d’uscita. La conseguenza può essere il consumo di alcol e droga; l’allontanamento dalle amicizie, dalla famiglia, e dai contatti sociali; può manifestare ansia, agitazione e disturbi del sonno sono sempre identificabili in presenza di rischio di suicidio. I giovani  che hanno avuto pensieri suicidari ,riferiscono dai loro racconti che notano dei cambiamenti marcati del tono dell’umore, mancanza di motivazione nel vivere e della non identificazione del senso della vita.  Il suicidio si può prevenire. La maggior parte degli individui con rischio di suicidio vuole assolutamente vivere; costoro non riescono, cercano possibili alternative ai loro problemi. Emettono dei chiari segnali inerenti alla loro intenzione suicida, ma spesso chi è intorno non coglie il significato di tali messaggi, oppure non sa come rispondere alla loro richiesta d’aiuto.

Molto spesso capita che chi parla del suicidio non induce nell’altro un proposito suicidario; al contrario, l’individuo in crisi e che pensa al gesto si sente sollevato dal poterne parlare, ed ha l’opportunità di sperimentare un contatto empatico. Il suicidio tormenta profondamente gli individui, le famiglie, i luoghi di lavoro, la comunità e la società nel suo complesso.

 

Considerazioni

Il suicidio, lo possiamo considerare, la forma più terribile di attacco al corpo, la soluzione cercata per porre a tacere un dolore mentale che non vede canali comunicativi, che non può  essere dichiarato, narrato, riferito. Eppure abbiamo appreso che ogni gesto in adolescenza, ogni sintomo, anche l’attacco più doloroso al proprio corpo, contiene di per  sé un intento comunicativo. I genitori, gli insegnanti, gli educatori dovrebbero cogliere questo concetto ed essere predisposti a arrestare il dolore muto di adolescenti che sempre più abitualmente attaccano sé stessi. Gli adolescenti di oggi non sono più ribelli, sempre più sporadicamente si oppongono alle figure adulte, quasi mai hanno timore. Se non si espongono agli adulti è perché hanno paura di deluderli, li avvertono come troppo fragili, inadeguati di farsi carico giudiziosamente e autorevolmente di cosa succede loro, di cosa sentono, stanno in una società che tende sempre più all’ egocentrismo e concorrenziale. Allo stato attuale le famiglie moderne ascoltano molto di più di quanto fossero ascoltate le generazioni dei nostri padri, ma non arriva ad udire davvero cosa hanno da affermare i propri figli, limitando la complessità ad assenza di motivazione e distrazione da internet.

I tassi di suicidio si stanno ampliando nel mondo e il suicidio è al tempo stesso la seconda causa di morte più diffusa tra i giovani. L’aumento apparirebbe essere maggiore negli adolescenti e negli giovani adulti, piuttosto che nelle persone anziane. Uno dei principali fattori di rischio di suicidio in adolescenza è l’esistenza di disturbi psichici non dichiarati o non approfonditi adeguatamente. Il segnale di pericolo potrebbe essere una grave instabilità emotiva e il ritiro sociale. Ma non possiamo generelizzare allo stesso tempo che tutti gli adolescenti che azzardano il suicidio sono depressi. Quello che emerge dalla  letteratura è molto interessante: non sempre a ridosso di un tentato suicidio in adolescenza vi sono  disturbi psichici conclamati, quanto distinte modalità di esistenza e di vivere le emozioni. Gli aspetti da non trascurare sono la tendenza all’impulsività, i sentimenti di disperazione e auto-svalutazione, la difficoltà nella gestione delle emozioni, una scarsa capacità di problem-solving, difficoltà nei processi decisionali, elevati livelli di rabbia o la tendenza al perfezionismo. Potrebbe anche essere presente nella storia dell’adolescente una relazione significativa con l’abuso di sostanze: come l’utilizzo di alcol, droghe o un mix di entrambi potrebbe essere un segnale d’allarme, poiché facilita i comportamenti impulsivi e aggressivi e modifica la percezione della realtà. Inoltre bisognerebbe anche porre attenzione ai fattori predisponenti, quali la familiarità per il suicidio, l’ esistenza di disturbi psichici in uno o più familiari e i fattori precipitanti o scatenanti. I più frequenti, annoverati in letteratura, sono: essere vittima di bullismo o cyber bullismo, gli insuccessi scolastici, l’isolamento sociale, una forte delusione amorosa , la morte di un genitore o in generale il lutto per una persona cara ,conflitti intra-familiari , la separazione dei genitori, traumi emotivi, abusi e violenze sessuali in infanzia. Altri indicatori a cui porgere attenzione sono i  comportamenti autolesivi in adolescenza come il tagliarsi, il bruciarsi o farsi male in altro modo. Le persone che dispongono in atto comportamenti autolesivi in genere non interpretano porre fine alla loro vita; tuttavia sono pensati a rischio per il suicidio perché risiedono in una forte sofferenza emotiva e relazionale, che a sua volta accresce il rischio di incrementare pensieri suicidi, e perché con il trascorrere del tempo si desensibilizzano al dolore fisico e quindi divengono più capaci di effettuare un gesto suicida. Per molti individui il gesto suicidario è incomprensibile. Molto spesso sentiamo  frasi del tipo: “Andava bene a scuola, non aveva grossi problemi con i genitori e aveva anche degli amici”. Alla luce di questo una domanda sorgerebbe spontanea il gesto suicida è realmente indecifrabile o piuttosto non spontaneamente prevedibile? Non è forse sempre preannunziato da una richiesta d’aiuto non ascoltata e gesti che non sono stati afferrati?

Esiste un mondo sommerso, offuscato dietro la maschera degli adolescenti, un mondo non così promettente come può apparire. Ecco perché, diventa necessario che se vogliamo capire, aiutare e parallelamente evitare le recidive, non rimane che ristrutturare scrupolosamente le storie dei giovani che si sono tolti la vita o hanno provato a farlo. Dovremmo ricercare le caratteristiche personali, l’ambiente socio-culturale, i significati dell’ atto suicidario e i nessi tra questi fattori.

Tra le fragilità psicologiche proprie della fase adolescenziale è importante citare  il rapporto dell’adolescente con il proprio corpo, che va verso a cambiamenti e trasformazioni, divenendo fonte di nuovi stimoli e di inclinazioni sessuali. Per molti adolescenti il corpo è percepito come una cosa di estraneo, sconosciuto, incontrollabile, non realmente facente parte al proprio sé. Spesso gli adolescenti saggiano assillo per il proprio corpo, ma anche malcontento e vergogna, sentimenti la cui tragicità è sminuita dagli adulti. In questo contesto il suicidio può farsi un attacco distruttivo al proprio corpo: il corpo diviene la vergogna da rimuovere, l’impaccio di cui svincolare.  Non sono da minimizzare gli stati pubblicati sui social network; molti adolescenti, anche in via indiretta, mettono frasi e pensieri che invocano gesti estremi e hanno l’ intonazione di un grido d’aiuto. Anche se a questa età si protende a esaltare ogni situazione e a condurre tutto all’estremo, dare poco importanza alle parole di un adolescente è sempre uno sbaglio.

 

Conclusioni

Qualsiasi gesto di  tentato suicidio in età evolutiva è la manifestazione di una condizione ultima e complessa scaturita dalla concatenazione di fattori interni ed esterni. Quando un adolescente arriva alla scelta del suicidio che potrebbe essere vista come  la conseguenza di una dimensione esistenziale contraddistinta dalla mancanza di soluzioni, da uno stato di inettitudine che lo costringe a ritenere infinite le sue sofferenze. Le fantasie sulla morte negli adolescenti sono normalissime come è confermato da quel che redigono nei loro diari dove gli attimi di sofferenza o di odio per i genitori spesso si traducono con la frase “vorrei morire”: sono immaginazioni che, anche se già divenute forti e ideate, possono anche dileguarsi se l’ adolescente istaura un nuovo legame di amicizia o di amore che lo estrometta tanto da restituire alla Vita senso e valore.

Ma allo stesso tempo assistiamo, come molti di loro riferiscono, la dimensione surreale talvolta progressivamente si consolida fino a divenire una sorta di esistenza psichica separata nella quale sempre più spesso ci si cerca conforto, per poi finire in una determinata azione. Esiste dunque un continuum fra fantasia e gesto autodistruttivo” ( Piotti A. 2009). Alla stesso tempo anche  Schnidman sostiene che il suicidio non è mai un gesto improvviso, ma invece l’esito di una lunga catena di eventi connessi a diverse emozioni come la vergogna, l’ umiliazione, la  paura, la  sconfitta, l’angoscia, rispetto alle quali il suicidio sembrerebbe l’unica soluzione possibile per mettere fine ad un dolore psichico percepito come insopportabile. Prendersi carico di un adolescente che ha tentato il suicidio implica per il terapeuta essere tenuti costantemente fare i conti con un mastodontico senso di responsabilità, con l’angoscia di chi avverte di muoversi su un filo oscillante sul vuoto. Non ci si può concedere di sbagliare e allo stesso tempo è necessario restare lucidi. Al di la delle differenze delle storie personali e familiari, di questi adolescenti si delinea sempre un filo comuni che riporta alle cause che li hanno fatti arrivare alla ricerca della morte come unica soluzione ad una sofferenza e ad una rabbia insostenibili. Questi  ragazzi sono eguagliati dall’essere ragazzi forniti di capacità fuori dal comune sono intelligenti, profondi, colti, bravi a scuola, estremamente sensibili, appaiono in qualche modo come “ragazzi d’altri tempi”. Li potremmo definire come dei  ragazzi “ speciali”,  ma con una gravissima fragilità narcisistica che li rende fragilissimi alle delusioni, alle separazioni, ai rifiuti : adolescenti che, proprio per queste  specifiche caratteristiche di personalità, appaiono appartenere a coloro che Jung (1921) riconosce come gli  “Introversi”.  Per quanto riguarda l’introversione ed estroversione oltre che polarità psichiche sono anche aspetti che possiamo rilevare nel sociale : ogni epoca storica favorisce uno dei due poli facendone i valori reggenti e mitizzando l’altro. In una società narcisistica come è la nostra in cui primeggia l’immagine, l’apparire, la tecnologia, la competizione sfrenata, la maniacalità l’Estroversione la potremmo fare diventare la nuova Divinità. Mentre l’Introversione viene vista come patologica, per cui gli adolescenti introversi che non fanno parte nei modelli sociali prevalenti, vengono classificati con i termini più spregevoli, come per esempio gli sfigati, i falliti, i perdenti. Questo chiarisce quel  doloroso senso di diversità, di distanza, quel senso di estraneità dalla vita e dalla normalità dei coetanei che nei ragazzi che hanno azzardato il suicidio, così come in quelli che si estraneano dal mondo, raggiunge dritto il cuore del terapeuta. Il trattamento in caso di tentato suicidio può essere rappresentato come: tempestivo, intensivo, multifocale, deve essere svolto da una équipe multidisciplinare  con il coinvolgimento della famiglia, accompagnato dai fattori di rischio e non deve estromettere, a priori, l’intervento psicofarmacologico. Solo in questa maniera si avrebbe la possibilità di mettere nuovamente in moto processi di integrazione annullati nel momento in cui un giovane usa il corpo e l’azione per manifestare la propria sofferenza psichica impensabile ed intollerabile. Studi recenti hanno messo in evidenza che chi  perde una persona cara a causa del suicidio, rimane a lungo traumatizzato e sono molto spesso anch’essi a rischio di suicidio. La sfida della prevenzione del suicidio dovrebbe essere intrapresa dalla collettività. Probabilmente, eseguendo un’indagine ad hoc sul suicidio che gioco hanno le emozioni negative, per cui  si puó fare molto di più. Dobbiamo provare ad essere empatici con il dolore mentale del paziente considerandolo l’unicità  della sua sofferenza. Ogni sforzo dovrebbe essere fatto per cambiare anche di poco il dolore da ‘intollerabile’ a ‘tutto  sommato sopportabile’; nel far questo l’enfasi dovrebbe essere sui bisogni psicologici frustrati dai quali origina la sofferenza del soggetto a rischio. Tutti gli operatori della salute mentale , e non,  che entrano in contatto con la popolazione generale, per fornire servizi di assistenza, consulenza e supporto, sono coloro che veicolano informazioni chiare e precise sul riconoscimento e sulla gestione del soggetto suicida.  Chi pensa al suicidio non vuole realmente morire: desidera solamente porre fine ad un dolore insopportabile.  Urlare quel dolore a qualcuno significa cominciare a liberarsene.

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Dott.ssa Daniela Cusimano, Coordinatrice PSP-Italia