Il tempo dell’attesa tra fiducia e speranza

Il tempo dell’attesa tra fiducia e speranza

a cura del Prof. Mariano Indelicato, Presidente Pronto Soccorso Psicologico Italia

Introduzione

Il 2024 è giunto al capolinea,  e siamo ormai freneticamente proiettati nel nuovo anno  vivendo il tempo dell’attesa, del vuoto per quello che è stato e per ciò che vorremmo che avvenisse nel prossimo. E’ il momento della tensione ansiosa che porta a consultare oroscopi e tutto ciò che può essere utile per sollevarci dalle frustrazioni dei vissuti presenti e per lenire l’angoscia legata all’oscurità del tempo futuro.  Nel contempo, come sostiene Gotthold Ephraim Lessig scrittore e drammaturgo del 18° secolo, l’attesa del piacere è essa stessa il piacere. Emblematico, a tal proposito, è il testo di Lucio Dalla della canzone l’anno che verrà:

… Ma la televisione ha detto che il nuovo anno
Porterà una trasformazione
E tutti quanti stiamo già aspettando

Sarà tre volte Natale e festa tutto il giorno
Ogni Cristo scenderà dalla croce
Anche gli uccelli faranno ritorno
Ci sarà da mangiare e luce tutto l’anno
Anche i muti potranno parlare
Mentre i sordi già lo fanno

E si farà l’amore, ognuno come gli va
Anche i preti potranno sposarsi
Ma soltanto a una certa età
E senza grandi disturbi qualcuno sparirà
Saranno forse i troppo furbi
E i cretini di ogni età …..

Se l’attesa del nuovo anno è il tempo dei sogni come avverte lo stesso autore alla fine comporta un presa di coscienza sullo scorrere degli anni:

E se quest’anno poi passasse in un istante
Vedi, amico mio, come diventa importante
Che in questo istante ci sia anch’io

L’anno che sta arrivando tra un anno passerà
Io mi sto preparando, è questa la novità

Emblematico è anche il romanzo di Elizabeth Jane Howard “Il Tempo dell’attesa”   nel quale descrive gli affanni della famiglia Cazalet alla fine del 1939 che segna  l’inizio della seconda guerra mondiale.  I vari personaggi vedono i loro desideri, le loro proiezioni future, i loro sogni infrangersi in uno scenario segnato da distruzione e incubi sempre più insistenti in cui viene a mancare persino l’indispensabile come il cibo.  Particolare attenzione l’autrice presta alle figlie adolescenti che aspettano con ansia di poter diventare grandi e fremono per la conquista della propria libertà. Insieme a loro, fra tradimenti, segreti, nascite e lutti inaspettati, l’intera famiglia vive in un clima di sospensione mentre attende che la vita torni a essere quella di prima.

In fondo se ci soffermiamo un attimo tutta la vita è contrassegnata dal l’attesa: la nascita, il primo giorno di scuola, la prima comunione, la cresima, il primo bacio, la prima esperienza amorosa, la maturità, la laurea, il lavoro,  l’attesa del primo figlio,  la pensione e, perfino, la morte.

L’attesa segna tutte le fasi del  ciclo vitale e proietta il desiderio al di là della linea dell’orizzonte dove possiamo provare il piacere del godimento prima che esso si realizzi. Ma il piacere dell’attesa oltre che nel desiderio del nuovo di cosa di riempie? Sicuramente dalla fiducia e dalla speranza. Fiducia nel tempo che verrà e speranza che esso sia migliore di quello trascorso. Fiducia e speranza si completano a vicenda. Infatti, non ci può essere speranza senza fiducia e, al contrario, quest’ultima è sostenuta dalla speranza.  Fiducia e speranza sono  la condizione che permette di proiettarsi nel futuro e se vengono a mancare il rischio è restare ancorati al passato come avviene nella depressione.

Considerazioni

Erik Erison ha sottolineato il ruolo che la speranza gioca nell’evoluzione del bambino e nella formazione del Sè, come la più importante qualità che accompagna la spinta evolutiva del bambino alla ricerca di una esperienza positiva di fiducia e di accettazione.

Erikson intuì, oltre alla dimensione evolutiva della speranza, anche la dimensione   cognitiva e motivazionale di questa virtù, legata al raggiungimento dei propri obiettivi e nutrimento della propria autoefficacia e autostima.

E. Fromm (1979) dedica a questo tema una monografia, “La rivoluzione della speranza”, in cui sostiene che la speranza ha agito da propulsore di sviluppo e  come invece troppo spesso la sua mancanza accresca, sul piano tanto personale quanto sociale, diversi mali: la paura, l’isolamento, l’inazione, la povertà, l’indifferenza. Per lui la speranza è una forza dinamica che coinvolge tutte le qualità e potenzialità della persona in funzione non solo della ideazione dei suoi obiettivi, ma anche e soprattutto nella loro possibilità di  attuazione, perché attiva le capacità di pianificazione e realizzazione degli obiettivi.

Si deve, comunque, a Snyder (1994, 1995, 2002) l’elaborazione di una vera e propria teoria della speranza attraverso l’individuazione dei pattern, dei concetti e dei costrutti che la sostenevano. Per Snyder la speranza deve considerarsi un modello cognitivo che si fonda sui goals (pensiero orientato agli obiettivi) che guidano le azioni degli esseri umani; sui pathways thinking (percorsi di pensiero), che sono la capacità di generare percorsi multipli verso gli obiettivi desiderati; e, infine, sull’agency thinking (il pensiero dell’agency), che implica la capacità di iniziare e sostenere il movimento  lungo  il  percorso  che  porta  all’obiettivo.  Ogni  individuo,  dunque,  è  intrinsecamente orientato alla finalità nei confronti del futuro, e quest’apertura alla finalità  può  essere  l’elemento  che  permette  il  riconoscimento  dell’atteggiamento  verso  la  vita,  e  in  particolare  sulle  possibilità  di  miglioramento  della  condizione  umana (Pellegrino 2019). In questo modo, la speranza non è, quindi, una semplice aspettativa positiva. Con essa si può convivere anche in situazioni negative poiché permette di individuare obiettivi positivi e di riscatto assai motivanti e perciò capaci di successo. In altre parole, la teoria della speranza considera quest’ultima una componente  motivazionale  che  rappresenta  quell’energia  mentale  necessaria  per  avviare, utilizzare e sostenere l’attuazione delle strategie verso le finalità progettate. È  l’elemento  che  orienta  l’azione  perseverando  verso  il  raggiungimento  del  fine,  compreso il controllo degli elementi che possono distogliere da questo sforzo (Mangone, 2024). Infatti, non bisogna confondere la speranza con l’ottimismo “ottuso”  come lo definisce Seligman (1991). In effetti, Il futuro, la speranza, l’ottimismo,  la resilienza e la prospettiva temporale debbono fare i conti anche con l’accettazione del rischio.

Non vi è dubbio che stiamo vivendo in una epoca in cui il rischio è diventato la sfida da affrontare soprattutto nel passaggio da una cultura di carattere analogico a quella digitale. Non vi è dubbio che eravamo abituati a ritenere che sia le persone che i contesti fossero abbastanza stabili, e che nei paesi più ricchi almeno, esistessero per tutti ampie possibilità di scelta e di realizzazione. A differenza di quanto accadeva fino a pochi decenni fa, ora il futuro sembra imprevedibile, instabile, incerto e minaccioso e stiamo passando… “da una prima modernità costruita sull’idea di sicurezza, di certezza, di spazi definiti per la persona e la comunità, ad una seconda modernità, caratterizzata da insicurezza, incertezza e caduta di ogni confine” (Beck, 2000).

Stiamo affrontando uno dei passaggi generazionali più complicati e difficili della storia dell’umanità così come avvenuto in tutte le rivoluzioni di carattere tecnologico. Per tutto ciò che accade attorno a noi sembra che sia ritornata l’età del ferro cosi come descritta da Esiodo in cui “ i mali liberati da Pandora sembrano esprimersi al massimo nella vita degli uomini”.  L’età del ferro è caratterizzata dal dominio della violenza, dall’invidia, dalla fatica, dalla prepotenza e dall’ingiustizia. E’ la caratteristica umana che spicca di più è quell’orgogliosa tracotanza che in greco antico si esprimeva con il termine hybris.  Quest’ultima  era considerata sgradita agli dei perché aveva il sapore della ribellione. Dice infatti Esiodo: «Sciagurati! ché degli dei non hanno timore. Questa stirpe non vorrà ricambiare gli alimenti ai vecchi genitori; il diritto per loro sarà nella forza ed essi si distruggeranno a vicenda le città». La frattura tra i figli e i padri è un chiaro segnale della discordia che caratterizza le società dell’età del ferro. Mentre tra i giusti “le donne generano figli simili ai padri”, nel presente degli ingiusti “il padre non sarà simile ai suoi figli, né a lui i figli”.  L’età del ferro di Esiodo preannuncia una sorta di apocalisse che nei tempi moderni Lacan (1969) fa risalire all’evaporizzazione della figura paterna.

Il passaggio dalla cultura analogica a quella digitale sta comportando la rottura del patto generazionale in cui la stessa vita è diventata un valore alquanto effimero. Nell’ultimo anno abbiamo assistito ad omicidi per una cuffia o anche per meno. Abbiamo assistito ad adolescenti che camminano con coltelli in tasca e che accoltellano. Abbiamo assistito a continui suicidi degli adolescenti tant’è che questa pratica è diventata la prima causa di morte in questa fase della vita.

Ciò indica che negli adolescenti sta venendo meno la fiducia e la speranza. E’ proprio la fase adolescenziale il momento in cui l’individuo proietta i propri obiettivi nel futuro e, di conseguenza, il momento in cui ha bisogno di fiducia e speranza.  Deve contenere quest’ultime per affrontare il viaggio che lo porterà a costruirsi il proprio nido.

Nella ricerca i livelli di speranza sono stati posti in relazione con la percezione di competenza scolastica, sociale e sportiva e migliori risultati scolastici (Curry et al., 1997; Lopez et al., 2000a; Marques et al, 2009b, Snyder et al., 1997). La speranza sembra, inoltre, positivamente associata a elevate abilità di problem solving e a maggiori livelli di creatività (Onwuegbuzie, 1999) e costituisce una strategia efficace per far fronte agli effetti degli eventi negativi di vita (Valle et al., 2006). Gli studi sull’ottimismo negli adolescenti sembrano evidenziare, invece la relazione con la presenza di sentimenti positivi, minori livelli di depressione, di ansia, di comportamenti disadattavi o con l’abuso di sostanze (Ben-Zur, 2003; Chang e Sanna, 2003; Ey et al., 2005; Yarcheski et al, 2004).

Se la fiducia e la speranza sono due assi fondamentali dello sviluppo individuale è legittimo chiedersi: da dove provengono?

Gli studi e le ricerche indicano che un ruolo cruciale nello sviluppo della fiducia e della speranza è legato alle relazioni familiari.  Whiston e Keller (2004) in un ampia revisione della letteratura hanno affermato che lo sviluppo professionale dell’adolescente è influenzato da due fattori contestuali familiari interdipendenti: variabili strutturali familiari (ad esempio, il livello educativo familiare e lo status socio-economico) e variabili familiari di processo (ad esempio, le aspirazioni familiari, il livello di supporto, l’ottimismo e la speranza dei genitori).  Snyder afferma che la speranza interna di un individuo nasce in un contesto di altri che insegna speranza (Snyder2000). Per tale motivo lo sviluppo della speranza interna è fortemente influenzato dalle esperienze infantili, e un ambiente favorevole è importante per lo sviluppo della speranza interna.

Un ambiente che induce speranza include caregiver di supporto che trasmettono istruzioni su un pensiero pieno di speranza (Snyder 1994). Secondo lo stesso autore (2000),non sorprende, quindi, che gli adulti pieni di speranza raccontino di aver stabilito uno stretto legame con un caregiver che ha trascorso del tempo prezioso con loro.̂ Snyder nota, inoltre,  che la speranza effettiva che infonde il caregiver non impone obiettivi ai suoi figli; piuttosto, la speranza effettiva che instilla il caregiver guida e facilita gli obiettivi scelti

soggettivamente dai bambini (Snyder 1994). Di conseguenza, lo sviluppo della speranza di un bambino è una questione della qualità del tempo che un caregiver trascorre con il bambino facilitando i suoi obiettivi (Snyder 1994).  Altre ricerche indicano che la speranza degli adolescenti è associata all’attaccamento ai genitori (Jiang et al. 2013) e stili genitoriali reattivi (Cielo e Ciarrochi 2008).

Ecco spiegato il come mai la rottura del patto generazionale stia comportando il venir meno della fiducia e della speranza negli adolescenti.

E. Scabini e V. Cigoli (2000) e successivamente Cigoli e Tamanza (2009) fanno risalire l’origine della speranza alle transizioni familiari e più precisamente alla trasmissione generazionale. In particolare, la speranza è da far risalire ad origini feconde in cui l’individuo avverte il sentimento di aver ricevuto in termini di valori, regole di vita e modelli di relazione.

Conclusioni

Se la speranza ha origine all’interno dei legami e delle relazioni familiari  sia sul piano inter che trans generazionale non possiamo non spiegarci la crisi di identità dell’uomo moderno se non in termini di rottura del patto generazionale in cui sono venute meno le modalità dello sviluppo dell’identità. Stiamo vivendo un momento in cui le pressioni culturali hanno portato l’uomo a pensare che si potesse costruire da solo senza nessun apporto da parte delle generazioni precedenti. Nel fare questa operazione in cui le regole, i simboli, i miti, la cultura passata andavano distrutti non si è tenuto conto che gli alberi traggono la loro linfa vitale dalle radici e senza di essa sono destinate a morire.  Allo stesso modo l’individuo senza la propria storia generazionale è destinato a non avere una identità stabile che gli permetta di identificare i suoi obiettivi futuri e di proiettarsi nella bellissima esperienza della scoperta del non conosciuto. Ritornare alle origini non vuol assolutamente dire avere visioni di tipo nostalgico verso modelli  del passato ma piuttosto di poterli rielaborare in funzioni di nuovi modi di essere e di esistere. Ciò è possibile se  nella storia passata si trovano le necessarie sicurezze per poter affrontare il vuoto dell’attesa senza la paura di poter essere inghiottiti e anzi, al contrario, avendo la fiducia che al suo interno possiamo sperimentare la bellissima esperienza del desiderio provando il piacere dell’attesa.  Se l’attesa si riempie di fiducia e speranza allora il futuro non diventa un’incognita ma solo ciò che deve ancora arrivare e avvenire. Siamo noi i padroni del nostro destino, sebbene è il momento degli oroscopi e delle previsioni astrali, senza per questo rinunciare a prendere consapevolezza da dove proveniamo ma, semmai, rielaborando al storia in modo da poterla proiettare nel futuro. Sta a noi tuffarci nella mare magnum  della storia familiare e generazionale rimanendo continuamente a galla per trovare nuove rotte e nuovi obiettivi. D’altronde Cristoforo Colombo per scoprire le Americhe non si invento nuovi metodi di navigazione ma semplicemente sostenuto dalla fiducia e dalla speranza ha cambiato obiettivi e rotte. La sicurezza di potercela fare sicuramente l’ha trovata nelle esperienze di tutti i navigatori che avevano prima di lui solcato i mari. Ecco noi se vogliamo raggiungere i nostri obiettivi dobbiamo fare affidamento alla nostra storia ricercando in essa la speranza e la fiducia necessarie a darci la spinta necessaria. L’attesa del nuovo anno allora diventa metafora della nostra esperienza d’attesa accettando il rischio che :   l’anno che sta arrivando tra un anno passerà.


Prof. Mariano Indelicato, Presidente Pronto Soccorso Psicologico Italia