A cura della Dott.ssa Daniela Cusimano, Psicologa Clinica, Coordinatrice Pronto Soccorso Psicologico Italia
“Né la famiglia né l’Istituto sono onnipotenti e capaci di rispondere a tutti i bisogni della Terza Età: insieme si possono costruire percorsi di assistenza che nel tempo possono modificarsi, ed insieme va riconosciuta l’impossibilità di soddisfare completamente la persona anziana, che si mantiene viva proprio in questa ricerca continua del rapporto, anche contraddittorio ed ambivalente, con coloro che ama” .
Per gli anziani l’ingresso in una struttura, come una casa di riposo, è uno degli eventi più delicati e difficili dell’intera vita, sia per le ripercussioni sull’equilibrio della persona, che ricorre a questa soluzione per fronteggiare una situazione di bisogno, spesso non per una scelta personale, sia perché rappresenta un cambiamento radicale di vita sia per l’anziano che per la famiglia.
Quando l’anziano entra in una casa di riposo il suo mondo relazionale si amplia, ne continuano a fare parte i familiari, ma si arricchisce di tutto il personale che, a seconda degli specifici ruoli, interagisce con l’ospite e i suoi cari, così come degli altri ospiti con cui condivide tempi e spazi.
Quando si parla di Istituzionalizzazione si intende la necessità di ricoverare l’anziano in strutture residenziali assistenziali e/o di cura a lungo termine.
Essa non deve essere concepita solamente come un modo per fornire assistenza continua qualora la famiglia non abbia la possibilità di fare ciò in maniera adeguata, ma come un’opportunità per aiutare l’ospite a mantenersi attivo e, ove possibile, autosufficiente, ad avere rapporti interpersonali costruttivi, a mantenere vivi interessi e curiosità. Insomma, si pone l’accento su come cercare di garantire all’individuo a cui si fornisce assistenza uno stato di salute totale, non meramente fisica, ma anche e soprattutto psicologica, con una maggiore sensibilità verso le sue esigenze interiori e motivazioni profonde.
Inserirsi in una struttura comporta reazioni psicologiche diverse in base a numerosi fattori personali ed oggettivi. Il vissuto psicologico può essere suddiviso in tre fasi : il ricovero, durante il quale, le ripercussioni psicologiche sono strettamente collegate alla causa e al modo attraverso il quale l’anziano è entrato nella struttura; la sindrome del primo mese, che si riferisce ad un problematico adattamento nella nuova residenza (il tempo di un mese è indicativo). Può succedere che il ricoverato abbia determinate reazioni come la confusione mentale, l’agitazione, l’apatia, il rifiuto e l’ostilità per la perdita del proprio ambiente di vita nel vedere limitata la propria libertà individuale. I vissuti emotivi negativi legati all’adattamento nella struttura, quindi, possono influenzare le prestazioni cognitive producendo uno stato di confusione e rallentamento mentale; l’accomodamento, dopo la crisi del primo mese, si può osservare un recupero delle condizioni di salute antecedenti il ricovero oppure un progressivo deterioramento.
I fattori principali che possono rendere il trasferimento in una struttura un evento stressante sono: la minaccia allo spazio personale dell’individuo; la rottura non solo dell’attaccamento a un luogo, ma anche delle relazioni familiari, amicali e di vicinato; la possibile compresenza di altre fonti di stress, come la vedovanza e l’insorgere di malattie d’invalidità; la socializzazione forzata con gli altri ospiti e la mancanza di controllo sulle proprie attività, a cominciare dagli orari delle normali routine quotidiane.
Ciascun anziano entra in istituto con una “storia di vita” che comprende la sua famiglia, sia essa presente accanto a lui oppure distante: con essa la struttura si confronta fin dal primo incontro volto al ricovero e con essa deve diventare capace di dialogare, se intende superare la logica del posto letto a favore di una prospettiva di cura e riabilitazione, che nel tempo potrebbe arrivare ad includere anche un ritorno a casa, attraverso la formazione dei familiari all’utilizzo di tecniche di assistenza e, perché no, di regolazione delle emozioni che entrano nel campo delle relazioni in famiglia.
Anche per il familiare la fase di inserimento di un proprio caro in una struttura non è certamente facile: il problema principale è il senso di colpa che spesso si prova come se si trattasse di un vero e proprio abbandono. Tutto ciò va affrontato affinchè venga facilitato l’adattamento all’interno della struttura: gli elementi positivi apportati dal ricovero non devono essere percepiti solo dall’anziano, ma anche dai suoi familiari, che devono considerare la struttura come una fonte di stimoli e come un’occasione per conferire al proprio caro una ritrovata dignità personale.
Spesso, per la gestione di tali dinamiche emotive appare necessario il supporto di figure specialistiche che possano fornire un aiuto nell’affrontare tutto ciò.
Il Pronto Soccorso Psicologico-Italia e la sua equipe, operano anche a supporto dei familiari dell’anziano istituzionalizzato per accompagnarli durante la sofferta scelta, favorendo l’accettazione della nuova condizione e consentendo l’elaborazione positiva del forte senso di colpa inevitabilmente legato a tale evento. Tutto ciò mediante un “lavoro di rete” con gli specialisti presenti dentro la struttura, che già operano nella prospettiva di un’assistenza che ponga la persona al centro dell’organizzazione, promuovendone sia i bisogni sanitari che quelli emotivi e relazionali.
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