La famiglia con adolescenti

A cura della Dott.ssa Daniela Cusimano, Psicologa Clinica, Coordinatrice Pronto Soccorso Psicologico-Italia

Abstract

The development of the human being can be described as the intersection between two fundamental processes: the development of stable, long-lasting and satisfying interpersonal relationships and the gradual affirmation of a more differentiated, realistic and integrated description of oneself. These two processes advance interactively in favourable situations from birth to late adulthood. A phase of the life cycle in which the dispute between connection and autonomy seems to stand out is during adolescence, a period during which the subject’s need for independence, mainly from the mother and father, becomes essentially intense, so much so that It becomes challenging to maintain favourable relationships with the closest people.

Riassunto

Lo sviluppo dell’essere umano può essere descritto come l’intersecarsi tra due processi fondamentali: lo sviluppo di relazioni interpersonali stabili, durature e soddisfacenti, e la graduale  affermazione di una descrizione di sé stessi  palesemente più  differenziata, realistica e integrata. In situazioni favorevoli, questi due processi  avanzano in modo interattivo dalla nascita alla tarda età adulta. Una fase del ciclo di vita in cui la disputa tra  connessione e autonomia sembra risaltare in maniera  evidente è durante l’adolescenza, periodo nel corso del quale il bisogno di indipendenza del soggetto,principalmente dalla madre e dal padre, si fa essenzialmente intenso tanto che diventa complicato riuscire a conservare relazioni favorevoli  con le persone più vicine.

figli contesi

Introduzione

L’adolescenza è una fase importante e delicata dello sviluppo dell’individuo e costituisce un momento in cui anche il legame con i genitori viene ridefinito e rinegoziato; per questo motivo possono insorgere conflitti genitori-figli e difficoltà di comunicazione.

I rapporti tra genitori e figli rappresentano da sempre una questione delicata e difficile, talvolta un vero e proprio problema, che si accentua durante l’adolescenza. E’ difficile comprendersi anche per la differenza di ruolo: i genitori si sentono responsabili dei figli e vorrebbero, spesso in buona fede, indirizzarli per il meglio nella vita, ma talvolta ciò si traduce in imposizione, in autoritarismo, e produce solo conflitti. I figli dal canto loro, man mano che crescono, desiderano (e meritano) più autonomia ma talvolta esagerano e sono inconsapevoli dei rischi cui vanno incontro. In questo periodo un buon numero di cambiamenti avviene all’interno del sistema familiare, il rapporto tra genitori e figli assume nuove sfaccettature e mutano gli equilibri che sino ad allora si erano creati. Il cambiamento più evidente avviene a livello corporeo, nell’adolescente c’è un esplosione ormonale, il fisico si sviluppa più velocemente rispetto alla psiche, e questo determina una crisi nell’identità perché non si è più bambini, ma neanche adulti.

Parallelamente nel genitore emerge la consapevolezza che anche il suo corpo muta, egli va verso la mezza età, e il confronto con i figli pieni di energie e in pieno sviluppo sessuale pone l’attenzione sul tempo che passa e sui limiti fisici che la nuova età impone.Questo processo di trasformazione porta con se ulteriori novità: il gruppo dei pari diventa il principale punto di riferimento, mentre il genitore, che sino ad allora era stato considerato come il modello identificativo principale, viene messo in discussione, con l’intento di differenziarsi e poter definire la propria identità.

Il genitore vive questa processo come una perdita di potere, e una messa in discussione del suo ruolo, in quanto si trova a percepire il figlio in modo diverso, e a sentirsi per lui meno importante rispetto a prima.

Durante l’adolescenza è molto importante l’uso del dialogo; mantenere un atteggiamento accogliente e pronto all’ascolto, aiuta a prevenire eventuali disagi e a ridimensionare problemi che sembrano insormontabili. Laddove questo dialogo fosse difficile, è opportuno chiedere aiuto, se si manifestano i segni di un possibile disagio; questo è un periodo di cambiamento e per questo motivo anche il malessere è in evoluzione, sapere di poter chiedere aiuto in un momento di difficoltà o all’interno della famiglia o all’esterno, aiuterà l’adolescente a dare un senso a ciò che gli capita e a prevenire l’insorgere di un disagio maggiore.

La famiglia dell’adolescente (specie i genitori) è messa di fronte al compito non semplice di conciliare la propria tendenza al mantenimento dell’unione familiare con una nuova e a volte anche intensa sollecitazione del figlio, che vuole trasmettere nuovi punti di vista e nuove forme di relazione. Rispetto ai compiti di sviluppo della famiglia stessa, intesa come “organismo” fatto da più persone in stretta e vitale relazione tra di loro, in questa fase il principale è quello di favorire in modo “protetto” il processo di separazione psicologica dell’adolescente dai genitori, permettendo cioè al giovane di costruirsi un’identità propria e separata ma al contempo non permettendo che la famiglia si “sfaldi” nelle sue linee costitutive di fronte alle spinte spesso confuse e poco “finalizzate” del ragazzo. Questo processo, che è parte della “separazione-individuazione”, è piuttosto complesso (soprattutto se la famiglia è un po’ rigida verso i cambiamenti) e spesso produce nel suo svolgersi ansia sia nel ragazzo che nei genitori. Per realizzarsi compiutamente questa separazione-individuazione richiede che siano stati interiorizzati rapporti stabili e di fiducia tra i membri della famiglia.  La “separazione – individuazione” non è un processo “a senso unico”, svolto cioè solo dal ragazzo, ma deve avvenire contemporaneamente anche per i genitori, altrimenti l’adolescente rischia di trovarsi di fronte ad un “muro” di resistenze difficile da superare e che lo confonderà rispetto alle proprie spinte interne. I genitori dal canto loro potrebbero invece trovarsi a dover gestire un adolescente arrabbiato e confuso.Si può quindi dire che la famiglia deve raggiungere un equilibrio tra due compiti opposti: da un lato favorire il cambiamento e l’indipendenza emotiva (quindi “separarsi” dall’adolescente e dunque un po’ “dividersi”) ma dall’altro restare unita per poter essere una “base sicura”  proprio per il ragazzo, soprattutto nei momenti di difficoltà.Per aiutare il figlio adolescente i genitori dovrebbero essere in grado di contenere le sue (normali) oscillazioni tra movimenti di esplorazione del mondo e movimenti di ritorno al “nido sicuro” della famiglia. Infine voler bene ai propri figli significa lasciarli liberi entro i limiti ovviamente, così che imparino a “camminare da soli”, imparando dai propri errori, senza però abbandonarli mai e restandogli affianco, sempre pronti per un consiglio e un incoraggiamento. Il rimodellamento della personalità dell’adolescente può e deve diventare lo stimolo per il rimodellamento della famiglia nel suo insieme. Si può quindi dire che vi è e vi deve essere un parallelismo evolutivo tra la crescita dell’adolescente e quella del sistema famiglia, e che queste due evoluzioni sono “circolari” e complementari tra loro.

considerazioni

L’adolescenza è quella  fase della vita che denota il passaggio dallo stato di bambino a quello di adulto,lo possiamo immaginare come un periodo di trasformazione in cui si verificano  una serie di cambiamenti sia a livello fisico, cognitivo e comportamentale. Sebbene il decorso dell’adolescenza ha comportato dei cambiamenti in relazione all’epoca in cui si vive  se un tempo questa veniva delineata  come una fase rapida che metteva le basi per  la successiva vita adulta, oggi, l’adolescenza si sta procrastinando nel tempo, tanto che  si percepisce  la necessità di definire quegli individui che seppur effettivamente hanno superato la fase fortemente adolescenziale, non sono alquanto maturi da essere considerati adulti. In effetti oggi  l’età media di ingresso alla vita adulta che coincide molto spesso con l’inizio dell’attività lavorativa e l’età del matrimonio si è alzata. Allo stato attuale molti adulti dell’età compresa tra i 20 e 34 anni è tuttora celibe o nubile e vive con almeno un genitore, questo range di  popolazione la possiamo definire con il termine giovani adulti. L’adolescenza, come abbiamo già affermato prima ,  è un percorso di crescita, che racchiude dentro di sé alcune sfide e compiti evolutivi che il soggetto dovrà sostenere, e che ha come fine la realizzazione dell’identità e l’acquisizione dell’autonomia. Nell’ambito dello sviluppo nel ciclo di vita, importanti sono gli studi di Erickson che  ha posto il suo interesse sul conflitto come punto di partenza dal quale l’individuo, saggiandolo e affrontandolo, può evolversi e oltrepassare lo stadio precedente, il conflitto pertanto si delinea come uno stimolo per l’evoluzione. Un altro studioso , Hall invece ha creato l’espressione storm and stress (tempesta e impeto) per spiegare la volubilità emotiva e fisica di questo periodo di crescita. In risposta a questa dimensione evidenziata, Arnett ha proposto che non tutti gli adolescenti saggiano rapporti conflittuali con i genitori e scompigli di natura emotiva, ma che invece queste particolarità si ritrovano soprattutto nelle culture industrializzate. Richiede uno sforzo non indifferente conoscere il mondo adolescenziale se non lo si contestualizza. Questa mia riflessione  vuole dare la possibilità di rintracciare le strategie adoperate dai genitori per far fronte alle richieste dei propri figli in un momento di sviluppo che è contraddistinto da un certo grado di conflittualità. Bisogna comprendere quale sia  il ruolo educativo della famiglia e le sue mansioni nel momento in cui l’intero nucleo viene trascinato e destabilizzato dalla fase adolescenziale del figlio. Lo scoglio da superare, da parte dei genitori, in questo processo sta nel rintracciare quali siano le linee guida più conformi per educare, dato che ciò comporta  la comprensione del mondo interno dei figli. Il mondo adolescenziale è da sempre contraddistinto  da una certa complessità, per cui di rado è possibile creare un tipo di relazione priva di scontri e disaccordi, seppur in misura difforme da famiglia a famiglia. L’adolescenza, in alcuni casi, può essere anche una mentalità, un modo di mostrarsi. Questa mentalità può permanere nel tempo e costituirsi un modo per allontanare il tempo che passa e fermare la giovinezza per impedire di vedere in faccia le responsabilità della vita da adulti. Questa è una condizione comune a molti genitori i quali  basano questo modo di vivere credendo che per capire  in toto  il pensiero e lo stato d’animo dei propri figli devono mettersi al loro livello. Nondimeno questa modalità di gestione delle dinamiche familiari possono rendere più confuso il clima familiare che già di per sé in questo periodo è contraddistinto da instabilità e deve fare i conti con una ristrutturazione interna. Un effetto di questo rapporto parallelo tra genitore e figlio è che per impedire il conflitto “e farsi voler bene”, il genitore sceglie di  soddisfare tutte le richieste del figlio, il quale a sua volta sfrutta questa sua accondiscendenza fino ad arrivare ad avere  una posizione di “superiorità” rispetto al genitore stesso. Si viene così a raffigurare  una famiglia fatta da genitori che fanno fatica a divenire  adulti e che rimangono incastrati in una rete adolescenziale con i propri figli e che non sapendo come affrontare il conflitto scelgono di  evitarlo ed esaudiscono subito le loro richieste. Gli adolescenti del nostro tempo , rispetto a quelli di ieri, risultano  privati della possibilità di beneficiare appieno delle loro conquiste, perché di fatto non sono più abituati a combattere per qualcosa che vorrebbero ricavare. E proprio il desiderio, che è mancanza, viene ad essere assente. Ma nello stesso tempo si giungerà al momento in cui i genitori capiranno che non tutte le richieste dei loro figli possono essere esaudite, e in maniera insolita cominceranno a rispondere con dei “NO!”. Ciò comporta per i figli una frustrazione che avrà differenti conseguenze emotive e comportamentali. Le conseguenze rispecchiano dei comportamenti più o meno funzionali, in relazione al temperamento, al carattere e ai tratti di personalità dell’adolescente e soprattutto in riferimento all’educazione ricevuta. Un adolescente che di per sé è molto vulnerabile, non si esclude che possa incappare allo sviluppo di un disturbo internalizzante come i disturbi d’ansia; depressione; ritiro sociale,  o esternalizzante tra cui l’aggressività fisica, il bullismo verbale, l’aggressività relazionale, la temerarietà e sfida del rischio, il furto e il vandalismo. Il rapporto genitori-figli è contraddistinto da repentini cambiamenti ai quali si dovrebbero rintracciare risposte adeguate perchè le situazioni di transizione possano essere superate. La società in cui viviamo oggi viene delineata  come “società del rischio” e questo non fa altro che porre  in guardia i genitori circa i pericoli in cui possono imbattersi i propri figli. Le difficoltà potrebbero palesarsi quando l’educazione adottata dai genitori si risolve in un tentativo di proteggere i propri figli, eliminando loro la possibilità di vedere con i propri occhi e superando con le proprie forza la realtà con le annesse brutture e fallimenti insite in essa. Se la finalità  genitoriale è quello di tutelare i figli dalla possibilità del fallimento, la soluzione  di queste misure cautelative è soltanto quello di renderli più vulnerabili e sprovvisti di quegli strumenti che gli permetteranno di assumersi le proprie responsabilità e di sentirsi pronti nell’affrontare una condizione tipica della vita da adulto. La fase adolescenziale possiamo concludere dicendo che  è abbastanza delicata e al tempo stesso potenzialmente proficua per “delineare” l‘adulto che la persona vorrà essere. Contemporaneamente  numerosi fattori tra cui il miglioramento della qualità di vita hanno portato ad un incremento dell’aspettativa della stessa per cui quasi in ogni momento la persona si trova nelle condizioni di avere ancora la possibilità di voler dare una svolta alla propria vita e di perseguire i propri sogni.

Conclusioni

Nel momento in cui in una famiglia si palesa un conflitto, è bene convergere le risorse per risolverlo, dipanare un conflitto  non è sempre facile e lineare. Ciò che è emerso in alcuni studi  come tra le madri che non sanno reggere il conflitto risulta esserci  una relazione positiva con la frustrazione dei bisogni psicologici di base, e più viene meno la soddisfazione nelle madri più aumenta lo stile di impegno nei figli o al contrario. Diventa necessario in questi casi che  all’interno della famiglia  vi sia la possibilità di identificare ed entrare in empatia con le emozioni degli altri e tentare di non farsi sopraffare da esse. Nel momento in cui una persona prova uno stato emotivo inadeguato alle circostanze, ha la possibilità di limitarlo in quel momento con un altro più funzionale . E’ molto rilevante  all’interno della famiglia il ruolo della regolazione emotiva, tenendo in considerazione che l’adolescente si trova in una fase contraddistinta da prevalente impulsività e che quest’ultimo dovrà inevitabilmente fare i conti con le reazioni dei genitori, presi nello sforzo di agire in maniera adattiva in situazioni critiche e quindi di saper controllare l’ansia e lo stress, provando a comprendere le ragioni sottese anziché, provare di celare le sensazioni negative e farsi sopraffare da queste.  Per concludere  è possibile sostenere che nonostante  il quadro familiare risulta complesso e contraddistinto da molteplici variabili che giocano ruoli diversi capire perlomeno come queste siano collegate tra loro è importante per cominciare  a introdurre dei programmi di prevenzione che porre l’attenzione non tanto sugli aspetti problematici che si riscontrano, quanto più sulle risorse che il nucleo familiare possiede. Un obiettivo necessario nei diversi contesti di intervento, in cui si rilevano strategie di risoluzione dei problemi non funzionali, potrebbe essere quello di istruire gli individui attraverso un parent training che aiuti sia i genitori sia i figli a far fronte  alle situazioni problematiche .

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Dott.ssa Daniela Cusimano, Coordinatrice PSP-Italia