A cura della Dott.ssa Francesca Torre, Psicologa Clinica Pronto Soccorso Psicologico-Italia
Abstract
Becoming parents is a delicate transition phase which implies a restructuring of one’s identity, in this case affecting both the single individual and, above all, the parental couple who will have to commit themselves to dedicate themselves primarily to the growth of the new child generated, re-establishing and maintaining, in the at the same time, however, the balance of the marital couple. How new parents address this transition will undoubtedly affect the relationship with their child during childhood and beyond. The psychophysical harmony of parents is fundamental in any growth phase, but especially during childhood, as it is in this stage of the individual’s development that the relationship established with the principal caregivers will condition the entire process. They identify and individualise the child, laying the foundations for the gradual increase and achievement of the capacity for emotional regulation, which is also fundamental for recognising and managing future relationships.
Riassunto
Diventare genitori è una delicata fase di transizione che implica una ristrutturazione della propria identità, interessando in questo caso sia il singolo individuo, sia e soprattutto la coppia genitoriale che dovrà impegnarsi per dedicarsi in primis alla crescita della nuova creatura generata, ristabilendo e mantenendo, nello stesso tempo, però l’equilibrio della coppia coniugale. Il come verrà affrontata questa transizione dai neo-genitori avrà sicuramente delle ripercussioni nella relazione con il proprio bambino durante l’infanzia e non solo. L’equilibrio psicofisico dei genitori è fondamentale in qualsiasi fase di crescita,ma in particolar modo durante l’infanzia, in quanto è in questa tappa dello sviluppo dell’individuo che la relazione instaurata con le figure principali di accudimento, condizionerà l’intero processo di identificazione e individuazione del bambino, ponendo le basi per il graduale incremento e raggiungimento della capacità di regolazione emotiva fondamentale anche per il riconoscimento e la gestione delle future relazioni.
Introduzione
Introduzione
Naturalmente in tutte le culture ed epoche, le coppie il cui rapporto è riconosciuto come stabile e consolidato, maturano il desiderio di generare un figlio sia per una spinta innata insita nell’uomo ai fini della riproduzione e conservazione della specie, sia come obiettivo di realizzazione personale e raggiungimento di quel senso di completezza che permette di considerarsi uomini e donne maturi individualizzati, soddisfacendo il bisogno di generatività. Lo psicologo e psicoanalista Erik Erikson nel suo famoso modello di sviluppo psicosociale nello studio delle fasi evolutive dell’individuo introduce il concetto di generatività affermando che “l’uomo maturo ha bisogno che si abbia bisogno di lui e la maturità ha bisogno di essere guidata e incoraggiata da ciò che è stato prodotto e di cui bisogna prendersi cura. La generatività è quindi anzitutto la preoccupazione di creare e dirigere una nuova generazione”. Un altro psicologo Dan Mc Adams si è occupato di approfondire questo concetto individuando altre caratteristiche che definiscono la generatività in termini, di comportamento mirato e mettere al mondo ed educare i figli e in termini valoriali come necessità di trasmettere una parte del sé riconoscendosi come ponte intergenerazionale e transgenerazionale. In realtà per quanto il desiderio di maternità e paternità spesso è preponderante, all’interno di una coppia, la realizzazione di tale desiderio attraverso la nascita di un figlio, genera uno stravolgimento nell’equilibrio della coppia che si trova a dover fronteggiare emozioni e reazioni contrastanti con l’alternananza di sentimenti di gioia a sentimenti di rabbia, insicurezza e smarrimento. Perché come per tutti quei periodi di passaggio e cambiamento della vita, diventare genitori è una delicata fase di transizione che implica una ristrutturazione della propria identità, interessando in questo caso sia il singolo individuo, sia e soprattutto la coppia genitoriale che dovrà impegnarsi per dedicarsi in primis alla crescita della nuova creatura generata, ristabilendo e mantenendo, nello stesso tempo, però l’equilibrio della coppia coniugale. Il come verrà affrontata questa transizione dai neo-genitori avrà sicuramente delle ripercussioni nella relazione con il proprio bambino durante l’infanzia e non solo. In Ciancio (2015) leggiamo: “ la transizione donna-madre e uomo-padre da un lato e la transizione coppia coniugale- coppia genitoriale dall’altro, rappresentano orizzonti di ricerca a mio avviso importantissimi, non solo per la menzionata prospettiva evolutiva della famiglia, ma anche per la configurazione di modelli di intervento precoci sulla coppia e sui singoli in direzione preventiva”.
Considerazioni
Perché come abbiamo letto precedentemente si parla di attuare misure di intervento preventive rivolte alla gestione della transizione da coppia coniugale a coppia genitoriale? Perché l’equilibrio psicofisico dei genitori è fondamentale in qualsiasi fase di crescita,ma in particolar modo durante l’infanzia, in quanto è in questa tappa dello sviluppo dell’individuo che la relazione instaurata con le figure principali di accudimento, condizionerà l’intero processo di identificazione e individuazione del bambino, ponendo le basi per il graduale incremento e raggiungimento della capacità di regolazione emotiva fondamentale anche per il riconoscimento e la gestione delle future relazioni. Bowlby (1988) affermava infatti, che il compito più importante dei genitori è quella di: “dare una base sicura da cui un bambino o un adolescente possa avviarsi per affacciarsi nel mondo esterno e a cui possa tornare sapendo per certo che sarà il benvenuto, nutrito sul piano fisico ed emotivo, consolato se triste, confortato se spaventato. In sostanza questo ruolo consta nell’essere disponibili, pronti a dare risposta quando chiamati in causa, per sostenere e dare appoggio, ma intervenendo attivamente solo quando è chiaramente necessario. […] Nessun genitore può dare una base sicura al figlio che sta crescendo a meno che non abbia comprensione e rispetto per il comportamento d’attaccamento del proprio bambino e tratti questo comportamento come una parte della natura umana intrinsecamente degna di valore”. Dunque quando si parla di infanzia e di relazione genitori figli durante questa prima fase di crescita, la teoria che meglio può spiegare l’importanza delle dinamiche presentate fino ad adesso è proprio la teoria dell’attaccamento formulata proprio del già citato John Bowlby; il famoso psichiatra infantile dopo un lungo lavoro di osservazione e ricerca rivolto ai mammiferi più in generale e ai bambini nello specifico, giunse alla conclusione che la costruzione della personalità affonda le sue radici già dai primi giorni di vita ponendo fondamentale rilievo alla storia infantile dell’individuo con le figure di attaccamento anche per la comprensione di possibili aspetti psicopatologici di personalità. Lo studioso ha identificato ben 4 fasi attraverso cui si dispiega il legame di attaccamento:
Dalla nascita alle otto-dodici settimane: il bambino non è in grado di discriminare le persone che lo circondano nonostante riesca a riconoscere, attraverso l’odore e la voce, la propria madre. Successivamente, il bambino riuscirà a mettere in atto modi di relazionarsi sempre più selettivi, soprattutto con la figura materna;
Sesto – settimo mese: il bambino è maggiormente discriminante nei confronti della persone con le quali entra in contatto;
Dal nono mese: l’ attaccamento con la figura di attaccamento diventa stabile e visibile, richiama l’attenzione della figura di riferimento e la usa come base per esplorare l’ambiente, ricercando sempre protezione e consensi.
Il comportamento di attaccamento si mantiene stabile fino ai tre anni, età in cui il bambino acquisisce la capacità di mantenere tranquillità e sicurezza in un ambiente sconosciuto essendo, però, sempre in compagnia di figure di riferimento secondarie, ed avere la certezza che la figura di riferimento faccia sempre e presto ritorno.
A partire da queste considerazioni Bowlby distigue un tipo di attaccamento sicuro quando le figure d’accudimento rispondono in maniera coerente e soddisfacente ai bisogni e alle richieste di sicurezza, affetto, cura del bambino e parla invece di attaccamento insicuro quando chi si occupa del bambino non fornisce le necessarie risposte di cura e considerazione affettiva. Queste precoci esperienze di attaccamento come afferma lo stesso autore generano per ogni individuo una costruzione mentale, come degli schemi, denominati proprio Modelli Operativi interni che danno significato alla concezione di sé e dell’ambiente circostante e che di conseguenza regoleranno le modalità di relazione con l’altro. In Crocetti e Agosta (2007) viene ulteriormente definito questo concetto spiegando come i “Modelli Operativi Interni” detti anche MOI
“sono rappresentazioni interne di se stessi, delle proprie figure d’attaccamento e
dell’ambiente, come pure delle relazioni che li legano. Si tratta di modelli di relazione che si sviluppano nei primi anni di vita e che si mantengono relativamente stabili nel tempo. I Modelli Operativi Interni vengono utilizzati per rapportarsi con l’esterno. Le esperienze passate, particolarmente quelle relative ai pericoli, possono in questo modo essere conservate nel tempo generando aspettative e vengono utilizzate come guida influenzando i comportamenti futuri”. È bene ricordare che la creazione dei MOI non è espressione di una rappresentazione reale della relazione con la figura di accudimento, ma è il risutato delle risposte affettive che il genitore ha saputo fornire a fronte dei bisogni manifestati dal bambino già dai primissimi giorni di vita, ne derivano così diverse tipologie e modalità di attaccamento:
Attaccamento sicuro: se la madre e le diverse figure di accudimento sono in sintonia con i ritmi del figlio offrendo le giuste cure di sostentamento e affetto, stabilendo una relazione basata sulla fiducia e l’empatia a favorendo un buon adattamento sociale nel futuro.
Attaccamento insicuro-ambivalente: se le figure di accudimento hanno un atteggiamento incostante e a tratti incoerente nei confronti del bambino, non sintonizzandosi con i suoi bisogni, ma fornendo affetto quando loro ne sentono la necessità e non quando è il figlio a richiederlo. Questa interpretazione distorta da parte dei genitori generano nel nascituri, sentimenti di ansia, dipendenza e paura del rifiuto che potranno ripresentarsi anche nelle relazioni sociali future con comportamenti eccessivamente dipendenti.
Attaccamento insicuro-evitante: se la madre e le diverse figure di accudimento rifiutano il contatto fisico e affettivo con il proprio figlio quando sta male o ha paura, “obbligando” il bambino ad auto-consolarsi, così l’infante impara a non manifestare il proprio disagio per evitare la sofferenza di un’ulteriore rifiuto, ciò genera nel bambino sentimenti di rabbia il più delle volte repressi portandolo anche in futuro a preferire l’isolamento sociale proprio per avere sviluppato una cattiva capacità di adattamento.
Attaccamento insicuro-disorganizzato: se le figure di attaccamento hanno nei confronti del figlio comportamenti imprevedibili, generalmente violenti e maltrattanti generando veri e propri traumi nel bambino che nel futuro potranno manifestarsi tramite vere e proprio psicopatologie.
Conclusioni
Indubbiamente essere genitori può essere considerato un privilegio, ma da quanto visto finora è un compito e un’assunzione di un ruolo che prima di tutto impatta in tutto e per tutto sulla ristrutturazione della personalità individuale e di coppia e che in seguito alla nascita e al compito di accudimento ed educazione della progenia richiede l’assunzione di una grande responsabilità, ovvero quella di garantire la vita e la relativa buona qualità della vita, favorendo uno sviluppo sano ed equilibrato, permettendo al bambino di oggi di diventare un buon adulto domani, in grado di sapersi inserire nel proprio ambiente sociale con le giuste risorse fisiche e psichiche. In questo “obiettivo” abbiamo potuto vedere come l’infanzia è uno dei periodi più sensibili per porre le basi di uno sviluppo funzionale o disfunzionale a seconda della relazione che viene a crearsi con i genitori,ribadendo come già dai primi giorni di vita i bambini percepiscono ed esperiscono le emozioni e i comportamenti di chi si prende cura di loro, influenzando anche la futura crescita intrapsichica. La psicologa Susan Goldberg in uno dei suoi studi sull’attaccamento elenca e fornisce alcuni consigli per i genitori per favorire un attaccamento sicuro, tra cui:
Prestare attenzione e imparare a riconoscere i momenti di disagio del bambino
Essere reattivi e pronti a rispondere adeguatamente
Essere coerenti e prevedibili per rafforzare il senso di sicurezza del bambino
Accettare il disagio e il malessere del proprio figlio senza colpevolizzarlo e farlo sentire giudicato e inadatto
Offrire consolazione e conforto quando il bambino ne dimostra la necessità.
Ritengo a questo punto alquanto significativo ed esaustivo per completare e chiarificare quanto detto finora, citare le psicologhe Malagoli Togliatti e Lubrano Lavadera (2002) che affermano:
“I genitori, dunque, devono imparare a essere per il bambino una guida nel rispetto delle regole e dell’autorità e allo stesso tempo il polo affettivo stabile a cui ricorrere nei momenti di difficoltà. In questo processo di costruzione della relazione genitoriale ciascuno dei due genitori si deve confrontare con la propria storia passata, con il suo essere stato figlio e con il tipo di attaccamento e relazione che ha stabilito a sua volta con i propri genitori. Un genitore che da bambino ha potuto contare su legami di attaccamento stabili e sicuri sarà in grado più facilmente di riportare queste stesse modalità relazionali con il figlio, al contrario di quello che avendo vissuto relazioni evitanti sarà meno predisposto a esprimere le proprie emozioni e a entrare in contatto con i bisogni affettivo-emotivi del figlio”.
______________________________
Bibliografia e Sitografia
Ammaniti,M.(2001), Manuale di psicopatologia dell’infanzia, Raffaello Cortina, Milano, pp 259-279.
Bowlby,J.(1988). Una base sicura. Applicazioni cliniche della teoria dell’attaccamento. Raffaello Cortina Editore, Milano.
Ciancio,L. (2015) . Essere Padre. Essere Madre, storia di un’avventura, Armando Editore, Roma. pp111-112
Crocetti G., Agosta R. (2007) Preadolescenza. Il bambino caduto dalle fiabe. Teoria della
clinica e prassi psicoterapeutica. Pendragon, Bologna, pp. 54-77.
Gonzàlez,C. (2019), Genitori e figli insieme: dall’infanzia all’adolescenza con amore e rispetto, Il Leone verde, Torino.
Malagoli Togliatti,M.,Lubrano Lavadera,A, Dinamiche relazionali e ciclo di vita della famiglia, Il Mulino, Bologna, pag.84.
McAdams D.P., Logan R.L. (2004), “What Is Generativity?”, in de St. Aubin E., McAdams D.P., Kim T.C. (eds.), The Generative Society. Caring for Future Generations, American Psychological Association Press, Washington, pp. 15-31.
Naldini, M.(2016) La transizione alla genitorialità. Da coppie moderne a famiglie tradizionali , il mulino, Bologna
Sitografia
John Bowlby e la teoria dell’attaccamento – Introduzione alla Psicologia https://www.stateofmind.it/2017/07/john-bowlby-attaccamento/
This website uses cookies so that we can provide you with the best user experience possible. Cookie information is stored in your browser and performs functions such as recognising you when you return to our website and helping our team to understand which sections of the website you find most interesting and useful.
Cookie strettamente necessari
I cookie strettamente necessari dovrebbero essere sempre attivati per poter salvare le tue preferenze per le impostazioni dei cookie.
Se disabiliti questo cookie, non saremo in grado di salvare le tue preferenze. Ciò significa che ogni volta che visiti questo sito web dovrai abilitare o disabilitare nuovamente i cookie.