La solitudine tra “genio e follia”

A cura della Dott.ssa Vera Cantavenera, Psicologa Clinica, Coordinatrice sede Agrigento PSP-Italia

Abstract

Loneliness indicates a mental condition in which the individual perceives discomfort linked to the absence of significant relationships or dissatisfaction with the relationships he maintains.

It is considered the most mysterious and studied “pathology” of all time and is a source of well-being and, equally, pathology. It is par excellence considered the most significant human contradiction, a restlessness from which we want to escape but necessary to know ourselves intimately, accept ourselves and evolve, as Michelangelo said.

From this evolutionary aspect, in this examination, we will talk about loneliness as a necessary emotion that passes through our soul, producing an internal change that sometimes manifests itself with creativity and genius, sometimes with pathologies and malaise.

Riassunto

La solitudine, indica una condizione mentale in cui l’individuo percepisce un disagio legato all’assenza di relazioni significative nella sua vita o all’insoddisfazione delle relazioni che intrattiene.

È considerata  la più misteriosa e studiata “patologia” di tutti i tempi ed è fonte di benessere ma anche di altrettanta patologia. È per antonomasia considerata la più grande contraddizione umana, un’inquietudine da cui vogliamo scappare ma che risulta necessaria per conoscerci intimamente, accettarci e, come diceva Michelangelo, evolverci.

Ed è a partire proprio da quest’aspetto evolutivo che in questa disamina si parlerà della solitudine come un’ emozione necessaria che ci attraversa l’animo, producendo un cambiamento interiore che si manifesta a volte con estro e genialità, a volte con patologie e malessere.

solitudine tra genio e follia

Introduzione

Il termine solitudine deriva dal latino “solitudo” che significa solitudine, a sua volta derivante dalla  parola “solus” che significa solo. Con tale termine generalmente si fa riferimento a due dimensioni differenti ma interconnesse, quella soggettiva di solitudine percepita (sentirsi soli) e quella oggettiva di isolamento sociale (essere fisicamente soli).

La solitudine, di fatto, indica una condizione mentale in cui l’individuo percepisce un disagio legato all’assenza di relazioni significative nella sua vita o all’insoddisfazione delle relazioni che intrattiene. È considerata  la più misteriosa e studiata “patologia” di tutti i tempi.

È fonte di benessere ma anche di altrettanta patologia.  C’è chi la sfugge fino ad annullarsi, chi la vive come una malattia che intrappola in se stessi per proteggersi dal mondo e chi invece la percepisce come un posto felice, libero dove trovare la propria vera dimensione atta a liberare il genio e lasciarlo creare. È per antonomasia la più grande contraddizione umana, un’inquietudine da cui vogliamo scappare ma necessaria per conoscersi intimamente, accettarsi e, come diceva Michelangelo, evolversi. Amar noi stessi per apprezzare gli altri ed amarli per  scelta. Una forma di maturità emozionale. Accettare ciò che siamo, conoscerci, disegnarci nel quadro del mondo per completarlo con  la nostra unicità. Schopenhauer asseriva infatti che “i veri grandi spiriti costruiscono, come le aquile, i loro nidi a grandi altezze, nelle solitudine”.

È da questo aforisma che si snoda la mia disamina, ovvero, è a partire dall’analisi della solitudine come energia positiva e creativa che cercherò di differenziarla da quella interiore che distrugge l’uomo e lo conduce alla “follia”, attraversandogli l’anima come in un fluttuare continuo d’emozioni che generano comunque, sia in positivo che in negativo, un cambiamento interiore.

Considerazioni

L’uomo, per sua natura, è definito un animale sociale e solo non può stare, ha bisogno di “parlare”/ relazionarsi con gli altri, viceversa rischia di “ammalarsi”. 

Nel bene e nel male, di fatto, di relazioni ci si ammala e di relazioni si guarisce. Non è  opportuno giudicare né coloro che amano stare da soli, poiché potrebbe essere per loro di estrema necessità, un bisogno dell’anima, nè coloro i quali soli non sanno  stare, non è  cattiveria è bisogno anch’esso di  appartenenza e di sentirsi accettati.

La solitudine dunque è  fonte di benessere mentale ma anche e soprattutto di malessere, può condurre a malattie mentali e addirittura all’atrofia di alcune zone cerebrali.  Di per sé, la solitudine non è una condizione che genera effetti negativi sulla salute ma quando viene subita e percepita con angoscia può determinarli.  Se si prolunga nel tempo, la solitudine così intesa non fa bene alla salute e può portare all’innalzamento del livello del cortisolo, il cosiddetto “ormone dello stress”. Di fatto, la solitudine può avere un impatto negativo sia sulla salute in senso fisico, il cortisolo generato da questa “sensazione” può provocare uno stato di infiammazione dell’organismo e causare la comparsa di malattie persistenti nel tempo (croniche) come il diabete di tipo 2 o la pressione arteriosa alta (ipertensione), sia sulla salute mentale portando a un rischio maggiore di depressione, ansia, scarsa autostima, problemi del sonno e stress.

La solitudine può colpire individui di qualsiasi età,  ma generalmente a “soffrirne” sono le persone  anziane che a fine “tempo” risentono del vuoto lasciato dal fatto che non hanno un’occupazione e non si sentono utili agli altri e alla società.

Nel corso dei secoli la tematica della solitudine è stata affrontata in diversi ambiti culturali, dalla letteratura alla poesia, dalla musica all’arte sempre con accezione duale positiva e negativa, “viaggiando” tra isolamento e pensiero creativo. Da un lato, si parla di questo problema facendo riferimento al crescente senso di solitudine, intesa come isolamento e fonte di sofferenza, sperimentato dagli individui. Dall’altro lato, si fa riferimento alla mancanza di solitudine, intesa come la difficoltà di ritagliarsi spazi e momenti in cui godere dello stare soli con se stessi ed esplorare la propria interiorità, come la difficoltà a prendere le distanze dal falso senso di pienezza, che deriva dall’essere costantemente immersi negli aspetti materiali, nelle attività frenetiche e nelle preoccupazioni della vita quotidiana contemporanea.

L’individuo può sentire allora il bisogno di solitudine e di silenzio come fuga, alla ricerca di una vita assorta e interiore, un tempo per sé, per concentrarsi sulla propria dimensione personale. Il problema può essere letto quindi sia come un eccesso di solitudine, sia come una mancanza della stessa. Ciò è possibile in quanto dipende dal significato che viene attribuito a questo termine, che può contenere una grande pluralità di sfumature. C’è qualcosa  tuttavia che secondo lo psichiatra Eugenio Borgna, chiarisce la differenza tra solitudine vissuta negativamente e come isolamento, dalla solitudine positiva e creativa.

Oggi più di ieri, sottolinea Borgna nel suo testo “La solitudine dell’anima”, in una società svuotata di interiorità e inaridita, a causa dei valori dominanti come l’individualismo, la separatezza e la mancanza di una comunicazione autentica, predomina una visione per la maggior parte negativa della solitudine. Questa visione influenza molto sull’anima delle persone e culturalmente lancia un messaggio negativo che nulla di buono lascia presagire, se non l’aumento di disagi e di malesseri interiori che possano condurre i più  alla “follia”. È  invece di fondamentale importanza riuscire a cogliere e coltivare, come un tempo, uno sguardo positivo della solitudine, al fine di coglierne  l’importanza evolutiva e la necessità individuale. 

Molti artisti del passato hanno vissuto in solitudine,  e hanno assorbito di questo stato emotivo tutte le energie positive e negative, divenendo nel tempo personaggi la cui personalità è  stata posta al confine tra “genio” e “follia” . Ci sono opere che rappresentano di fatto la personale, audace, originale e talvolta angosciante visione della vita personale degli artisti.

“Non esiste genio senza una vena di follia” diceva Seneca ed anche Aristotele con differenti parole condivideva lo steso pensiero, dicendo: “Non esiste grande genio senza una dose di follia”. E aggiungeva che “gli uomini eccezionali in filosofia, politica, poesia o arte” hanno un eccesso di bile nera che li rende malinconici.

Chi si distaccava dal pendiero socratiano e aristoteliano era al tempo, Salvador Dalì. Per l’artista “L’unica differenza – diceva con gli occhi allucinati e i baffi come due aghi verso il cielo – fra me e un matto è che io non sono matto”. 

Sulla base di queste affermazioni nasce spontanea una domanda: perché molti tra gli artisti più celebri che hanno fatto la storia della musica, della scrittura, della pittura, del cinema e del teatro, sembrano aver vissuto una vita in solitudine, sdregolata fatta di vizi e perdizioni, in solitudine, che  li hanno portati alla morte o al suicidio?

Nel tempo, una risposta a questa domanda fu pubblicata su Psychological Science nel 2009, seguito ad uno studio di Szabolcks Kéri della Semmelweis University di Budapest, che ha individuato in una particolare variante genetica della Neuregulina-1, la proteina cellulare responsabile del grado di connessione tra neuroni, con un ruolo importante nei processi cognitivi, che avrebbe giustificato la connesione tra genio creativo e disturbi mentali. La mutazione di questa proteina sembra esser stata associata sia ad un’elevata incidenza di malattie mentali come la schizofrenia e il disturbo bipolare, che a un maggior estro creativo in persone con elevato rendimento intellettuale e accademico. Nonostante il sopra citato studio sulla Neuregulina-1 sembri in parte giustificare il  collegamento tra disturbi mentali e creatività e le cause di questa mutazione, non è ancora stato rilevato il dato certo di questo collegamento.

L’unico che pare dare una spiegazione a questa mutazione è Kéri. Di fatto, lo psichiatra asserisce che un possibile legame può essere la ridotta inibizione cognitiva, che correla con una tipologia schizoide e una maggiore creatività nelle persone  con grande intelligenza. Secondo  Kéri, la mutazione della Neuregulina-1 influisce sul funzionamento della corteccia prefrontale che è la sede del controllo cognitivo e funziona come filtro adibito ad impedire ai pensieri per così dire “irrilevanti” di interferire con i pensieri più razionali.

È secondo lui, possibile che, in qualche modo, la Neuregulina-1, inibendo la funzione di filtraggio della corteccia prefrontale rispetto ai ricordi e alle percezioni, dia più spazio alle abilità creative di una persona, attraverso una sorta di minore controllo della mente. Di fatto, la inibizione/riduzione della funzione prefrontale porta ad evere picchi creativi in persone con alto quoziente intellettivo, anche quando queste persone si trovano in una fase pre sintomatica di gravi malattie neurodegenerative. Tutto ciò non esclude l’esistenza di altri fattori importanti che determinano se la mutazione genetica porti ad avere una maggiore creatività in alcuni casi e alla malattia in altri e se oltremodo ci sia una connessione con lo stato di disagio emotivo che conduce alla solitudine.

Conclusione

Alla luce di quanto sinora argomentato, ciò ch’è certo è che ciascuna esperienza di solitudine vissuta interiormente, in quanto esperienza emotiva, genera una sua peculiarità psicologica fatta di sensazioni, dinamiche psichiche e vissuti interni.

Dunque un individuo col passare del tempo e in differenti momenti della propria vita, può a seconda dei vissuti interiori attraversare fasi di solitudine percepite come benessere mentale ed altre che  possono generargli malessere patologico.

In entrambi i casi basterà che la solitudine venga interiorizzata dall’individuo come un isolamento positivo che lo condurrà a vivere appieno il suo estro, liberando la sua creatività e non come una mancanza di relazioni che sfociano pian piano all’alimentarsi di forme di isolamento intesi come chiusura all’altro e via via come l’instaurarsi di una vera e propria patologia che lo conduce alla follia.

In tal senso i concetti di solitudine e isolamento sembrano essere rappresentati come i due poli di un continuum, una sorta di linea retta, sulla quale si sfumano l’uno nell’altro senza un reale punto di demarcazione, un pò come accade ai concetti di salute e patologia, due facce della stessa medaglia  che possono attraversare la vita di un uomo e renderlo un “genio” o un “folle”.

In entrambi i casi, come diceva il grande artista Fabrizio De André “La solitudine può portare a forme straordinarie di libertà” è  necessario semplicemente che la si interiorizzi come emozione che influisce sulla nostra vita, a volte positivamente a volte apparentemente in maniera negativa. Tuttavia, quando sembra interagire negativamente col nostro Io, bisogna coglierne il meglio.

È  stato il caso di alcuni celebri personaggi del mondo dell’arte, della musica, della poesia, etc…, grazie a tali momenti di solitudine e isolamento,  rischiando di divenire “folli” e soffrendo realmente di uno stato di malessere patologico, hanno prodotto vere e proprie opere d’arte a vario genere, esprimendo la loro genialità.

Ciò  sta a significare che un’esperienza forte di isolamento può regalarci, nonostante venga interiorizzata negativamente, momenti catartici di pieno contatto con noi stessi e di ricongiungimento con le nostre abilità che potremmo vivere appieno come risveglio del nostro “genio” e della nostra creatività, anche se si tocca il fondo e si rasenta la “follia”.

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Bibliografia

– Different loneliness types, cognitive function, and brain structure in midlife: Findings from the Framingham Heart Study, The Lancet, 2022

– Parerga e Paralipomena – Tomo 1°- Aforismi sulla saggezza della Vita – pag. 602 – A cura di Giorgio Colli – ADELPHI Edizioni – novembre 2007 -“, di Arthur Schopenhauer

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– Cacioppo JT, Cacioppo S. The growing problem of loneliness. 2018 February 03; 391(10119): 426- Gli effetti della solitudine sul sistema immunitario. Le scienze, 25 novembre 2015 

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Sitografia

– https://www.fondazioneveronesi.it/magazine/articoli/neuroscienze/la-solitudine-persistente-cambia-anche-il-cervello

– https://www.issalute.it/index.php/la-salute-dalla-a-alla-z-menu/s/solitudine-e-salute

 

Dott.ssa Vera Cantavenera, Pronto Soccorso Psicologico Italia