La Vedovanza in età senile

A cura della Dott.ssa Pamela Cantarella, Psicologa Clinica, Responsabile Settore Comunicazione PSP-Italia

Vedovanza in età senile

È difficile abbandonare di colpo un lungo amore” (Catullo)

La perdita del coniuge è una delle esperienze più dolorose che si possano vivere: non avere più accanto la persona con cui si è scelto di trascorrere tutta la vita risulta davvero difficile da superare, soprattutto se questo accade in età senile, quando ci si trova a dover affrontare il lutto della persona con la quale si è costruita una famiglia e condivisa gran parte della propria esistenza.

Bisogna sottolineare che gli anziani di questa generazione hanno vissuto in un’epoca in cui la famiglia e il matrimonio erano dei valori fondamentali, assoluti e indiscutibili. Hanno sempre considerato un’eventuale separazione come un tabù, e pertanto non l’hanno quasi mai presa in considerazione nella pratica; ciò ha comportato matrimoni lunghi e duraturi che continuavano a prescindere da ogni difficoltà interna alla coppia, tra due persone che si sono ritrovate così ad affrontare i momenti belli e brutti della vita sempre insieme, e la cui rottura del legame era contemplata solo con la scomparsa di uno dei due componenti della coppia.

Molte sono ancora oggi le coppie di anziani in cui la “cura reciproca”, anche in situazioni di malattia grave, è la testimonianza di un rapporto che compie con fedeltà quella “promessa nuziale” che prevedeva la condivisione di momenti difficili accanto ai momenti belli, ma soprattutto fino alla fine dei propri giorni: “nella gioia e nel dolore, nella salute e nella malattia …e finché morte non ci separi”.

Proprio in virtù di ciò, quando purtroppo questo drammatico evento si verifica, accade che la persona rimasta sola venga investita da “forti sentimenti ed emozioni” mai sperimentati prima, che influiscono inevitabilmente in maniera negativa sulla sua salute mentale e fisica, comportando un cambiamento radicale nella gestione della quotidianità, e richiedendo un lungo processo di elaborazione non sempre affrontabile in maniera autonoma.

Innanzitutto la persona che perde il partner di una vita intera viene colta da un improvviso “senso di vuoto e disorientamento”: a parte la sofferenza per la mancanza fisica della persona amata, il ripensare continuamente agli eventi vissuti insieme in un confronto con la quotidianità improvvisamente spezzata, può originare delle vere e proprie “crisi di identità”, come se non ci si riconoscesse più senza il proprio compagno, per via del lunghissimo tempo trascorso in sua compagnia e, soprattutto, a ricoprire il ruolo di coniuge, identificandosi totalmente nell’essere membro di una coppia, che l’evento della morte ha però ora distrutto.

Un altro sentimento sperimentato da chi rimane vedovo/a in età avanzata è un opprimente “senso di colpa” per essere ancora in vita rispetto al compagno, che purtroppo è stato il primo a dover lasciare questo mondo. Ciò viene ritenuto “ingiusto” tanto che non è inconsueto scoprire che il desiderio di tante coppie anziane sia quello di poter “morire insieme”, nello stesso momento o, tutt’al più, a distanza di pochissimi giorni.

In altri casi la scomparsa del partner può lasciare un “sentimento di rabbia” nei confronti dello stesso, poiché ci si percepisce come “abbandonati” e lasciati da soli a continuare un percorso che aveva un senso solo se fatto insieme.

Da tutte queste considerazioni nasce nell’anziano rimasto improvvisamente solo un “grande senso di solitudine”, che risulta impossibile da evitare nonostante spesso i familiari provino a stargli vicino.
A volte, per scappare da una casa divenuta d’un tratto troppo grande e troppo vuota ci si trasferisce dai figli e ciò, se da una parte rappresenta un tentativo di cercare di alleviare il senso di solitudine, dall’altra accentua il disorientamento e lo smarrimento dovuti ad un “cambio radicale” anche del proprio habitat.

In casi meno fortunati l’anziano si può ritrovare completamente solo perché i parenti e i familiari più giovani vivono distanti e, se non del tutto autosufficiente, o anche solo perché ritiene non più sopportabile continuare a vivere da solo nella propria casa, si trova quasi costretto ad andare a trascorrere ciò che resta della propria esistenza in una casa di riposo, con tutto quello che a livello emotivo tale “scelta forzata” comporta.

Riuscire a convivere con il dolore e a superare la sofferenza di un lutto così grave come quello della perdita del proprio compagno di vita sono questioni che non si possono nè rinviare all’infinito, né accelerare innaturalmente, e non possono avere luogo senza un lavoro di consapevolezza ed un forte impegno e coinvolgimento personali.
Inoltre l’elaborazione del lutto è un processo intimo e soggettivo, poiché ogni persona ha i suoi tempi e l’affronta in modo diverso, e quasi mai lo si riesce ad intraprendere in modo adeguato totalmente da soli.

Ecco perché iniziare in questi casi un percorso di tipo psicologico può aiutare l’anziano rimasto vedovo nella gestione di tutti gli aspetti emotivi legati alla sua improvvisa condizione di fragilità e vulnerabilità, ed anche i suoi familiari a trovare il giusto modo per poter aiutare il proprio caro.

Il Pronto Soccorso Psicologico-Italia
è pronto in questi casi ad offrire un sostegno fatto di comprensione e ascolto che faciliti e favorisca i processi di accettazione ed elaborazione del lutto, agevolando il passaggio attraverso questa difficile fase della vita.
Grazie all’aiuto specializzato, si può riuscire a “dare un senso” a quanto successo, evitando che le emozioni negative prendano il sopravvento e diventino un peso insopportabile da gestire.

E’ fondamentale che l’esperienza del lutto non venga vissuta come una strada senza via d’uscita, e che la persona che soffre per la perdita del proprio partner nutra la speranza di trovare una “nuova condizione” per poter ricordare il passato, vivere il presente e prendere in considerazione l’idea di un futuro ancora possibile.

Se è vero che “tutto ciò che ci è di più caro ci può essere strappato da un momento all’altro”, è altrettanto vero che “ciò che non ci può essere tolto è il potere di scegliere quale atteggiamento assumere dinanzi a questo avvenimento” (Victor Frankl).

Ecco che allora si può provare a riprendere pian piano le piccole attività quotidiane che si svolgevano prima del lutto; si può provare a stare il più possibile con familiari ed amici per uscire dal tunnel degli stessi pensieri; si possono portare avanti i progetti, le attività, gli ideali che si condividevano con il coniuge (ad esempio la cura di una proprietà, una collezione di oggetti, la funzione educativa verso i nipoti…), senza avere paura di mostrare le proprie emozioni e i propri limiti, soprattutto emotivi, rispetto alla gestione di una situazione tanto complessa.

Rispettando così i propri tempi personali e riuscendo a chiedere aiuto senza il timore di essere respinti e giudicati, con la vicinanza dei propri familiari e il supporto di figure specializzate ci si ritroverà in possesso degli strumenti adeguati per provare ad uscire dalla solitudine ed affrontare e superare il dolore della perdita, evitando che il lutto rimanga un evento “irrisolto”.

Dott.ssa Pamela Cantarella, Psicologa Clinica, Responsabile Settore Comunicazione PSP-Italia