A cura della Dott.ssa Nicoletta Caruso – Psicologa Clinica – Pronto Soccorso Psicologico-Italia
“Credevo che la violenza fosse nelle urla, nelle botte, nella guerra e nel sangue. Adesso so che la violenza è anche nel silenzio, e qualche volta è invisibile a occhio nudo.[ … ] La violenza è quello che ci sfugge, che tace, che non si manifesta, la violenza è ciò che non ha spiegazione, che resterà opaco per sempre.”
Delphine De Vigan
Quando si parla di violenza si fa spesso riferimento ad azioni di forza, per lo più fisiche, nei confronti di qualcuno che, per il termine stesso, si trova a subirne i danni e ad agire o cedere contro la propria volontà.
Questa è solo una delle tante definizioni di violenza che si trovano online ma, in tutte, il tema della forza e della costrizione emerge in modo lampante.
Ed è vero se pensiamo, senza andare lontano, a ciò che sta succedendo nel mondo in questo preciso periodo storico: la violenza ci viene raccontata giornalmente attraverso la tv, la vediamo realmente e, in alcuni casi, riusciamo anche a sentirla sulla nostra pelle.
Violenza: sinonimo di forza che diventa brutalità e che, spesso, si traduce in lividi, costole rotte, polsi slogati e, nel peggiore dei casi, in corpi senza vita di donne colpevoli esclusivamente di amore e di fiducia.
Ogni 3 giorni una donna viene uccisa in Italia e dall’inizio del 2022 è già successo 77 volte da parte di mariti, compagni, ex compagni e familiari.
Ma questi sono solo gli esiti di un’altro tipo di violenza e di una forma diversa di forza che, spesso, non si vede ma che colpisce, forse, una fetta di popolazione molto più grande di quella che riportano le casistiche.
Secondo i dati ISTAT del primo trimestre 2022, le persone che, per la prima volta hanno chiesto aiuto sono circa l’82,4%, e questo dato rappresenta soltanto coloro che hanno chiamato il 1522 – numero di pubblica utilità contro la violenza sulle donne e lo stalking – , dato che risulta leggermente inferiore rispetto ai trimestri precedenti e rispetto allo stesso periodo del 2021. Tra le vittime questo dato risulta in aumento e raggiunge il 92,6%.
“Le vittime che hanno contattato il 1522 hanno segnalato di avere subito più tipologie di violenze nel 68,9% dei casi e, pur segnalando la violenza fisica come la violenza principale, quella psicologica risulta la più frequente. Nel primo trimestre 2022, oltre il 61,4% delle vittime dichiara che le violenze vengono subite da anni, dato in aumento sia rispetto al trimestre precedente (56,7%) sia al rispettivo trimestre del 2021 (53,7%)”.
Questi dati sono allarmanti ma ce n’è uno che, forse, più di tutti dovrebbe essere attenzionato: ogni anno la giornata della “Violenza contro le donne” del 25 Novembre fa registrare dei picchi nei contatti con il 1522 grazie soprattutto alle numerose campagne di sensibilizzazione. Ebbene, questo dato diventa fondamentale per comprendere l’enorme portata della violenza non detta, non comunicata né denunciata che resta in silenzio per molto tempo.
Una sorta di grido di aiuto soffocato per anni, ma che proprio in quel giorno trova la “forza” ed il coraggio di farsi sentire. Come se quella data fosse l’unica possibilità possibile per poterlo dire, finalmente, senza gravi conseguenze dato che quello è il giorno che “mi celebra”, il “mio giorno” e “tu che mi maltratti non hai potere”.
Tuttavia, quelle percentuali non corrispondono affatto alla portata reale della violenza vera che ogni giorno colpisce le persone. Quei numeri ci danno sì contezza, ancora una volta, di una violenza che si vede e che viene “gridata” ma non parlano affatto di quelle persone che non riescono a darle voce. E mi riferisco ad una violenza silenziosa che si insinua e nasconde all’interno delle mura domestiche: luogo privilegiato non sempre di cure ma, spesso, anche di maltrattamenti.
La violenza, ancora sinonimo di forza ma stavolta non evidente, indiretta e subdola che trova espressione nelle parole coercitive di uomini che non solo non sanno comunicare ma che impongono il loro punto di vista sminuendo quello di chiunque altro; una violenza indiretta che si incarna nella pretesa di essere “messi al corrente” di tutti gli spostamenti di una moglie che diventa “poco seria” se non obbedisce; una violenza, invisibile al mondo, che si consuma nel letto coniugale quando lei non ne ha voglia ma “deve”; una violenza meschina, alimentata dalla rete online, diretta a donne video – riprese, spesso inconsapevolmente, in atti sessuali e che colpisce talmente forte al punto da costringerle a togliersi la vita perché la vergogna è insostenibile; o ancora, una violenza “in smoking” che si chiama manipolazione e che è la più grave e la più difficile da individuare anche da parte di chi ne diventa vittima.
La manipolazione è la forma più invisibile di violenza psicologica e, al contempo, la più evidente in termini di fratture emotive proprio perché procura dei lividi interiori che difficilmente guariscono da soli. Manipolare una persona significa privarla della sua identità e condurla gradualmente a fare, dire e pensare cose che non le appartengono al punto da arrivare, persino, a dubitare della sua stessa sanità mentale.
Donne e mogli dall’identità frantumata che giungono a giustificare il comportamento aggressivo del partner, sentendosi perennemente responsabili di qualsiasi cosa egli faccia. Insulti, offese, accuse, svalutazioni, limitazione della libertà personale, isolamento sociale, minacce, proibizioni di frequentare amici o parenti, strumentalizzazione dei figli, mancata assistenza in caso di malattia o di bisogno. Questi, ed altri, i comportamenti che ci si ritrova a subire quotidianamente accompagnati da espressioni del tipo: “SEI BRUTTA”, “NON CAPISCI NIENTE”, “NON VALI NULLA COME MADRE/DONNA/COMPAGNA/LAVORATRICE”, “E’ COLPA TUA SE FACCIO COSI’”.
Il controllo, quindi, è l’obiettivo principale verso cui tendono i perpetratori di violenza e lo fanno, da una parte, perché il dominio su un’altra persona li fa sentire, in qualche modo, potenti ma dall’ altra, si assicurano la totale fiducia della vittima che, dopo anni di manipolazione psicologica, si è convinta di valere qualcosa solo per il partner violento.
Queste dinamiche sono talmente sottili e costruite ad hoc sulla vittima al punto da renderle “credibili” e vere per essa stessa che diventa letteralmente una marionetta da manovrare a comando. E, per quanto assurdo e meschino possa sembrare, queste cose accadono ogni giorno e non sono affatto lontane da noi: quella donna di cui si è parlato in tv, una vicina di casa, un’amica, mia sorella, mia figlia, io…
Non solo donne dalla personalità già fragile ma anche donne forti e determinate che vengono spogliate della loro sicurezza e identità. Donne che, piano piano, hanno assecondato i desideri di un partner fragile ai loro occhi ma subdolo nel profondo, che si ritrovano segregate in casa e completamente dipendenti.
Tutto questo produce degli effetti devastanti al punto da essere paragonati ad altre situazioni traumatizzanti come i disastri naturali, le guerre ed i sequestri di persona: la paura diventa l’emozione dominante e proprio il carattere continuativo della violenza psicologica porta la vittima a sentirsi sempre più incapace, inadeguata e colpevole. Ma è anche vero che questi scenari possono essere riconosciuti, affrontati ed evitati: sono tante le donne che riescono a “salvarsi” da situazioni del genere anche se non è mai facile trovare il coraggio per dire “basta” e riprendere in mano la propria vita, soprattutto dopo anni di maltrattamenti.
Però, anche questo è possibile e può diventare reale attraverso un grande atto di coraggio e di amore verso se stessi. Chiedere aiuto e denunciare alle Forze dell’Ordine diventa una delle cose più sensate che si possa fare, insieme alla ricerca del supporto della famiglia, degli amici e delle organizzazioni presenti sul territorio.
Al giorno d’oggi, sono tante le risorse messe a disposizione per le vittime di violenza ed il Pronto Soccorso Psicologico Italia ne rappresenta una molto importante.
Erroneamente si pensa che solo la violenza che lascia segni evidenti sul corpo possa essere denunciata ma non è così: l’ordinamento giuridico italiano punisce anche e soprattutto le forme di violenza più subdole ed invisibili, quelle che non lasciano lividi sul corpo ma che sono ugualmente gravi e dolorose da provocare cicatrici profonde nell’anima. In questi casi, il sostegno di un terapeuta diventa fondamentale per dare un senso diverso alla propria storia e per restituire consistenza a tutte quelle parti di sé che sono state distrutte. Non è mai tardi per chiedere aiuto e per ritrovare, finalmente, il proprio valore di donna e di essere umano con dei diritti, e non solo il 25 Novembre ma ogni giorno.
Il Pronto Soccorso Psicologico, operando in un’ottica di emergenza, si rivela una realtà fondamentale anche dinanzi alle situazioni più difficili attraverso l’accoglienza e l’ascolto di queste “storie di ordinaria follia”.
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