L’Autismo

A cura della Dott.ssa Vera Cantavenera, Psicologa Clinica, Coordinatrice PSP-Italia, Agrigento

L’Autismo

“Non giudicare sbagliato ciò che non conosci; cogli l’occasione per comprendere”.
(P. Picasso)

L’origine etimologica del termine Autismo, deriva dal greco αὐτός (autos) «stesso», ovvero «sè stesso», termine coniato all’inizio del Novecento dallo psichiatra psicodinamico svizzero E. Bleuler , che l’aveva usato per descrivere il ripiegamento su se stessi degli adulti affetti da schizofrenia.

Fu L. Kanner, nel 1943, mentre analizzava una decina di bambini che secondo lui presentavano caratteristiche comuni, il primo a parlare di una sindrome specifica prendendo in prestito il termine “autismo”.

L’Autismo, meglio definito come Disturbo dello Spettro Autistico (Autism Spectrum Disorder, ASD) è un disturbo del neurosviluppo che si manifesta entro il terzo anno di età con gravi deficit nelle aree della comunicazione (turbe qualitative e quantitative del linguaggio), dell’interazione sociale (turbe qualitative e quantitative delle capacità relazionali, con tendenza evidente all’isolamento), dell’immaginazione (uso inappropriato e stereotipato di oggetti) e con problemi di comportamento (auto ed eteroaggressività, iperattività fisica accentuata, ipersensibilità alle variazioni dell’ambiente circostante o delle figure di riferimento affettivo); e pur accompagnandosi ad un aspetto fisico normale, perdura per tutta la vita.

Insorgendo, come accennato, nei primi anni di età è frequente che si utilizzi anche il termine Autismo infantile.

I bambini con Autismo hanno difficoltà ad elaborare correttamente le informazioni provenienti dal mondo esterno. Per questo motivo spesso hanno difficoltà nell’apprendimento, che compromettono anche il loro sviluppo emotivo e intellettivo.

L’Autismo rientra nella classificazione dei “disturbi pervasivi dello sviluppo”; non è classificato come una malattia, ma è una sindrome quindi un insieme di disturbi che provoca isolamento affettivo e incapacità a rapportarsi con gli altri. Ad ogni modo, esso si presenta in maniera diversa da soggetto a soggetto e può essere molto difficile diagnosticarlo correttamente.

I bambini affetti da questo disturbo, generalmente hanno una percezione sensoriale modificata e presentano difficoltà di linguaggio. Tuttavia il disturbo copre un ampio spettro di sintomi, livelli di abilità e disabilità, che possono influire o meno, nell’autonomia quotidiana e di vita. In aggiunta possiamo riscontrare anche una iper-sensibilizzazione nei confronti di rumori e suoni, e movimenti del corpo ripetitivi e stereotipati, come dondolio, auto stimolazione o battito di mani. I bambini autistici possono avere inoltre risposte insolite alle persone, attaccamenti agli oggetti, resistenza al cambiamento nella loro routine, o comportamento aggressivo o autolesionista. A volte possono sembrare non notare persone, oggetti o attività nell’ambiente circostante. Alcuni bambini con Autismo possono anche sviluppare crisi epilettiche. E in alcuni casi, questi attacchi possono essere assenti inizialmente per verificarsi in adolescenza.

Alcuni soggetti con diagnosi di Autismo sono in qualche modo compromessi dal punto di vista cognitivo. Tuttavia, in contrasto con la più tipica compromissione cognitiva, che è caratterizzata da ritardi relativamente uniformi in tutte le aree di sviluppo, le persone con disturbo dello spettro autistico mostrano uno sviluppo non uniforme delle competenze. È possibile, infatti, riscontrare abilità insolitamente sviluppate in altre aree, come disegnare, suonare, risolvere problemi matematici o memorizzare i fatti, ed è per questo motivo che possono risultare sopra la media su test di intelligenza non verbale.

Come scopriremo più avanti, una diagnosi precoce diventa fondamentale per poter intervenire in maniera efficace sulle diverse componenti di compromissione, o meglio di “diversità di funzionamento”.

Alcuni bambini mostrano i segni del disturbo dalla nascita; altri sembrano svilupparsi normalmente all’inizio, per poi scivolare improvvisamente nei sintomi quando hanno tra i 18 e i 36 mesi. Tuttavia, in genere, la condizione si palesa in modo abbastanza netto con l’inizio della scuola, ossia quando il soggetto entra in contatto, quotidianamente, con un vasto numero di altre persone.

In Italia, si stima che 1 persona su 100 rientri nel quadro dello spettro autistico. Tenendo conto che in Italia vivono 60 milioni di persone, sono circa 600 mila gli individui con una diagnosi di autismo. L’incidenza dell’autismo è maggiore nel sesso maschile: secondo alcune stime, il rapporto sarebbe 4:1 a favore dei maschi. I motivi di questa differenza sono al momento sconosciuti.

Così, come sconosciuta e vaga è la causa precisa dell’Autismo. Le ricerche in merito, tuttavia, suggeriscono che lo sviluppo dell’Autismo sarebbe collegato a una combinazione tra fattori genetici e fattori ambientali; questi fattori sembrano far aumentare il rischio di Autismo, ma non lo causano necessariamente.

Tra le persone con autismo, ce ne sono alcune con un quoziente intellettivo (QI) inferiore alla media e scarse capacità di apprendimento e altre con un’intelligenza normale e, talvolta, con alcune abilità particolari. Si parla infatti, di autismo ad alto funzionamento (HFA) quando il QI totale è superiore a 65/70, quando l’individuo ha sviluppato il linguaggio verbale, quando non sono presenti disturbi neurologici e quando quindi non vi è disabilità intellettiva; e di autismo a basso funzionamento (LFA), quando ad esso si associano deficit cognitivo e presenza di sintomi invalidanti.

La letteratura riporta di associazioni tra autismo ed altre condizioni quali: disturbi dell’apprendimento (dislessia, discalculia ecc.), sindrome da deficit di attenzione e iperattività (ADHD), sindrome di Tourette, epilessia, ansia, disprassia, disturbo ossessivo-compulsivo, depressione, disturbo bipolare, disturbi del sonno e sclerosi tuberosa. Anche i motivi alla base di queste associazioni sono ancora sconosciuti.

Non esistono dei segnali inequivocabili che possono nell’immediato far allarmare i genitori. Tuttavia, ci sono alcuni comportamenti che il bambino non modula correttamente e sono sospetti, ad esempio:

– all’età di 6 mesi, non sorride o non denota alcun segno di gioia/allegria;

– all’età di 9 mesi, non emette suoni e non mostra particolari espressioni facciali;

– all’età di 12 mesi, non vocalizza;

– all’età di 14 mesi, non esegue alcun gesto di ritorno, non indica, non si allunga ecc.;

– all’età di 16 mesi, non parla;

– all’età di 24 mesi, non pronuncia frasi di due parole.

Tutti questi questi comportamenti, vanno attenzionati e fatti presente al pediatra.

Al momento attuale, non esiste alcun esame diagnostico specifico per l’autismo. In genere, l’iter diagnostico per l’individuazione dell’Autismo coinvolge un team di professionisti -tra cui psichiatri, psicologi, neurologi pediatri ed esperti in problemi di linguaggio- e prevede una serie di analisi e test valutativi che includono:

  • un esame obiettivo, utile a stabilire l’esatta natura della sintomatologia. Per esempio, un bambino che non risponde al proprio nome potrebbe soffrire di un disturbo dell’udito non ancora diagnosticato. Con l’esame obiettivo, i medici chiariscono questo e altri aspetti dello stesso genere;
  • l’analisi del profilo genetico, che serve per chiarire se l’individuo sotto esame soffre di una qualche malattia genetica, come la sindrome dell’X fragile, sindrome di Rett ecc…;
  • un test specialistico che valuta l’interazione sociale, le capacità comunicative e il comportamento. Per questo tipo di valutazione, è molto importante il confronto tra quanto osservato da chi conduce il test e quanto osservato da genitori e insegnanti scolastici fino a quel momento;
  • un test specialistico che stabilisce lo sviluppo del linguaggio;
  • l’esame neurologico, utile per la valutazione della salute mentale;
  • un questionario, rivolto ai genitori, che serve a chiarire se in famiglia ci sono (o ci sono stati) parenti con disturbi simili all’individuo sotto esame.

I genitori hanno un ruolo essenziale nel fornire sostegno a un bambino con Autismo, perché possono contribuire a garantire l’accesso ai servizi sanitari e all’istruzione, e offrire ambienti stimolanti man mano che il bambino cresce.

Tuttavia, accade spesso, che ciò che si domandano ogni giorno dalla scoperta della diagnosi di Disturbo dello Spettro Autistico del figlio è: “Perché è capitato proprio a me?”; “Sarò in grado di garantirgli un futuro adeguato?”.

La comunicazione della diagnosi di Disturbo Dello Spettro Autistico genera nei genitori sentimenti di dolore e frustrazione, uniti alla preoccupazione di non riuscire a gestire una situazione così carica di responsabilità (Siegel, 2004).

Il genitore è chiamato di fatto ad affrontare molte sfide che lo espongono a numerosi fattori di stress: accompagnare il proprio bambino ai vari appuntamenti, sostenere i suoi bisogni educativi, aiutarlo a gestire il sovraccarico sensoriale o affrontare una crisi inaspettata in presenza di altre persone. È dunque quasi fisiologico che i genitori sperimentino diversificati livelli di stress:

Stress individuale: un accumulo di emozioni intense e spiacevoli che influirà sul loro benessere mentale e sul benessere fisiologico rendendoli più vulnerabili a problemi cardiovascolari, del sistema immunitario e gastrointestinali. Alcuni genitori credono che la condizione di un figlio autistico si ripercuoterà negativamente sulla loro vita (“non sarò mai felice come gli altri”); altri provano vergogna al pensiero di poter essere giudicati dalle altre persone (“penseranno che non sono una/un brava/o madre/padre”).

Stress genitoriale, che li rende meno tolleranti nella gestione dei comportamenti problematici, soprattutto se avvengono con manifestazioni dirompenti. Un genitore molto stressato, inoltre, può essere meno propenso a impegnarsi nell’intervento educativo e collaborare meno con l’operatore che ha in carico il bambino.

Stress sociale, determinato dal fatto che la maggior parte delle persone non sa cos’è il disturbo dello spettro autistico e le conseguenze che comporta. Si può facilmente scambiare un bambino autistico per un bambino ineducato o fraintenderne alcuni comportamenti. Questo stigma accresce la distanza dai genitori di bambini con Autismo, facendoli sentire socialmente isolati. Potrebbero iniziare a trascorrere meno tempo con amici e familiari o evitare luoghi pubblici.

Stress coniugale, dovuto alla difficoltà della coppia a ritagliarsi dei momenti di svago per sé stessi o con altri adulti, perché tutto il sistema familiare ruota attorno alla crescita del figlio autistico. Inoltre, frequenti possono essere le divergenze sulla gestione comportamentale del figlio.

Stress finanziario, generato dal fatto che i genitori di bambini con autismo possono guadagnare meno o dover lavorare meno ore rispetto ad altri genitori. Generalmente la famiglia si trova ad affrontare spese aggiuntive inerenti terapie, spese mediche e assistenza all’infanzia.

In queste situazioni l’equipe del Pronto Soccorso Psicologico-Italia può intervenire non solo a supporto del bambino autistico, ma anche e soprattutto a sostegno della famiglia e della genitorialità. Di fatto, attraverso la strutturazione di parent training volti ad incrementare il senso di autostima e di autoefficacia dei genitori, è possibile fornirgli strumenti per ridurre e gestire le loro ansie. Ciò inciderebbe in modo proattivo anche sulla condizione dei figli, in quanto la famiglia è sempre parte integrante e fondamentale di un programma di intervento terapeutico.

Purtroppo non è possibile individuare interventi esclusivi per tutte le persone affette da disturbo autistico a causa della grande variabilità dei sintomi. I professionisti del PSP-Italia che si approcciano ai pazienti autistici sanno perfettamente che il percorso riabilitativo può svilupparsi e modificarsi a seconda dell’evoluzione del disturbo. Ogni intervento deve mirare a favorire l’inclusione sociale della persona e a incentivare la comunicazione con genitori e coetanei, uscendo quanto più possibile dal caos mentale che caratterizza l’Autismo.

Il benessere emotivo dei soggetti autistici è di importanza primaria; gli interventi educativi devono includere e coinvolgere la sfera familiare sotto ogni profilo, e quindi intervenire anche sui genitori è essenziale.

I bambini autistici sono individui iper-sensoriali, con uno sviluppo dei sensi talvolta superiore a quello di un bimbo normodotato, ma che può andare facilmente in cortocircuito. Ogni processo educativo nei loro confronti dev’essere eseguito con estrema calma, utilizzando modi gentili che incoraggino risposte positive. Il professionista del PSPI, può aiutare il genitore ad avere maggiore consapevolezza del lavoro che si svolge con il proprio bambino. Può fornire supporto nella gestione dei comportamenti problematici e favorire la generalizzazione dei comportamenti funzionali. È importante, quindi, che anche la famiglia “acquisisca specifiche competenze necessarie alla comprensione dei bisogni del figlio al fine di incrementarne le abilità, l’autonomia e la comunicazione” (Vio, 2010).

Bisogna dunque far comprendere ai genitori e far conoscere come agire in talune situazioni piuttosto che in altre, insegnando loro ad utilizzare la giusta autorità, e a bilanciarla con l’adeguata autorevolezza. Essere semplicemente severi o utilizzare metodi irruenti non avrebbe alcun senso e non farebbe altro che incoraggiare la confusione mentale che questi bimbi vivono costantemente nella loro testa. Se dunque un bambino sta agendo un comportamento poco consono alla situazione reale, sarebbe opportuno ad esempio, piuttosto che rimproverarlo, utilizzare immagini per spiegargli come comportarsi. È appurato come ad esempio, l’utilizzo dell’iconografia per spiegare determinate situazioni ai bambini autistici sia in certi casi molto efficace, in particolar modo attraverso le fotografie. Sembrerebbe che le fotografie, anche se mostrate su tablet e smartphone, aiutino il bambino ad avere una visione più chiara e di conseguenza a comprendere meglio.

Un’altro accorgimento da fare è che generalmente i bambini autistici hanno necessità di scaricare la tensione quotidiana più di ogni altra persona al mondo, e non esiste niente di meglio dell’attività sportiva. Gli autistici possono presentare una coordinazione motoria precaria e sono talvolta incapaci a svolgere semplici movimenti. L’aiuto di un professionista formato in questa disciplina favorisce l’apprendimento e lo sviluppo delle capacità motorie più di ogni altro. Molti studi scientifici del caso hanno dimostrato come lo sport favorisca i benefici comportamentali che, nell’autistico, risultano maggiormente rilevanti nel caso della pratica di corsa, equitazione e arti marziali. I genitori devono favorire la pratica di uno sport, cercando di assecondare le attitudini del figlio.

Altro importante programma riabilitativo, che i genitori devono conoscere perché molto utile, anche se altrettanto impegnativo per il bambino e la famiglia, è l’Aba, Applied behavioral analysis. Si tratta di uno strumento sviluppato negli Stati Uniti nel 1968 e che è ampiamente riconosciuto dalla comunità scientifica internazionale. L’Aba, cioè l’analisi applicata del comportamento, usa metodi basati su principi comportamentali al fine di costruire comportamenti utili e ridurre quelli problematici. Lo scopo più importante del metodo è quello di aiutare i bambini a vivere la propria esistenza in un mondo reale lontano dai centri riabilitativi; per questo motivo il luogo del trattamento è quello quotidiano del bambino (casa, scuola), con il coinvolgimento attivo dei familiari.

Nessun genitore è mai pronto a sentire né tantomeno ad accettare tranquillamente che suo figlio sia autistico. Una diagnosi di ASD può essere molto spaventosa ma solo finché non si conoscono gli strumenti giusti per poter affrontare questa condizione. Accettare che il proprio bimbo svolga una vita un po’ diversa è un passo decisivo e importante da compiere. Piuttosto il genitore dovrà godersi le stranezze speciali del proprio bimbo, celebrare i piccoli successi e smettere di confrontare i suoi comportamenti con quelli degli altri. Sentirsi amati e accettati incondizionatamente aiuterà il bambino più di ogni altra cosa.

“Non sforzarti per capire i miei pensieri. Non sforzarti per capire i miei desideri. Non sforzarti per capire la mia rabbia. Mai saprai come elaboro la realtà. Mai saprai cosa c’è dentro il mio cuore. Mai saprai le ragioni della rabbia. Non ti crucciare…perché… son felice se mi lasci un po’ più solo. Son felice coi miei giochi sempre uguali. Son felice se d’intorno sento Amore. Son felice se provi a non cambiarmi e per forza “curarmi”. Son felice se cerchi di capirmi e seguire il moto della mia anima.”

Dott.ssa Vera Cantavenera, Psicologa Clinica, Coordinatrice Pronto Soccorso Psicologico-Italia, Agrigento