A cura della Dott.ssa Vera Cantavenera, Psicologa Clinica, Coordinatrice PSP-Italia, Agrigento
“Balbettare, in genere, è un disturbo della parola. Ma far balbettare il linguaggio è un’altra cosa. Significa imporre alla lingua, a tutti gli elementi interni della lingua, fonologici sintattici, semantici, il lavorio della variazione continua”, (Gilles Deleuze).
Generalmente le esitazioni, le incertezze, gli improvvisi arresti nel modo di pronunciare le parole vengono definiti balbuzie. Queste ultime possono essere assolutamente normali -indicativamente- fino all’età di 30-36 mesi. Di fatto, se i prolungamenti e le ripetizioni del parlato, considerati normali fino all’età prescolare, persistono in seguito all’inserimento a scuola, è bene interpellare il medico.
Ma cosa sono realmente la balbuzie e quando insorgono? Con il termine “balbuzie” (dal latino bàlbus, da cui balbùties, voce nata per armonia imitativa) si indicano più comunemente le ripetizioni involontarie di suoni della balbuzie clonica, ma anche le esitazioni o pause prima di parlare, tipiche della forma tonica, e il prolungamento di certi suoni, in genere vocali e semi-vocali, spesso come stratagemma per mascherare il problema e migliorare la fluenza.
Le balbuzie sono un “disturbo della fluenza verbale’” con esordio nell’infanzia. Il più diffuso disturbo di sviluppo della fluenza verbale è la balbuzie evolutiva, a esordio prevalente nella prima infanzia; più rare sono la balbuzie neurogena e la balbuzie psicogena, che fanno la loro prima comparsa in età adulta, a seguito rispettivamente di alterazioni cerebrali o dialterazioni psichiche.
La causa esatta della balbuzie è sconosciuta, sebbene si ritenga che abbia origini neurofisiologiche. Nella prima infanzia, le balbuzie possono essere “favorite” da fattori genetici e stati emotivi che influiscono negativamente sullo sviluppo, quali situazioni familiari spiacevoli, grave isolamento sociale o deprivazione affettiva.
I bambini balbuzienti hanno le stesse capacità intellettive dei coetanei, ma possono essere introversi o presentare difficoltà di apprendimento del linguaggio. Le balbuzie dell’età evolutiva possono scomparire spontaneamente in condizioni ambientali favorevoli. Nel caso questo problema persista, invece, possono essere utili le tecniche di rieducazione logopedica.
Ma quando si può parlare di un vero e proprio disturbo? Per accorgersi che un bambino balbetta basta ascoltare le disfluenze, più o meno numerose. Per dichiarare che il bambino soffra di balbuzie è necessario che le disfluenze siano inadeguate per età e abilità linguistiche del soggetto e devono persistere nel tempo, come recita il DSM-5-APA 2013.
Nel DSM-V la Balbuzie è (come già asserito in precedenza), un disturbo della fluenza a esordio nell’infanzia, inserito nel capitolo dei Disturbi del neurosviluppo e dei Disturbi della comunicazione, caratterizzato daanomalie del normale fluire e della cadenza dell’eloquio, che sono inadeguate per l’età e le abilità linguistiche del soggetto, che persistono nel tempo (….). Come ad esempio:
ripetizione di suoni e sillabe (parti di parola) (ma-ma-ma-mamma);
prolungamenti di suoni sia consonantici che vocalici (m_____amma);
interruzioni di parole (ossia pause all’interno di una parola) – disritmie;
blocchi udibili o silenti (cioè pause del discorso, sonore o mute);
circonlocuzioni (giri di parole per evitare parole temute);
parole emesse con eccessiva tensione fisica (visibile e/o udibile);
ripetizione di parole monosillabiche (io-io-io-io), a cui possiamo aggiungere:
esitazioni;
interiezioni (uhm, eh, cioè..);
ripetizioni di frasi (mi piace, mi piace, mi piace);
ripetizioni di parole multisillabiche (mamma, mamma, mamma);
revisioni di parole o di frase (mi sembra/mi pare).
Il disturbo causa ansia per le situazioni comunicative o limitazioni nella comunicazione effettiva, nella partecipazione sociale e nella prestazione scolastica o lavorativa, singolarmente o in qualsiasi combinazione.
Le balbuzie possono diventare, oltre che udibili, anche visibili perché fanno capolino movimenti associati come oscillazioni della mandibola, contrazioni dei muscoli mimici (tic facciali) o di quelli del corpo e/o degli arti, ammiccamenti (sbattere delle palpebre), deviazioni degli occhi per incapacità a sostenere lo sguardo dell’interlocutore. In epoca prescolare, un bambino balbuziente presenta prevalentemente e quasi esclusivamente segni udibili (le disfluenze) raramente associati a segni visibili.
Tra i sintomi più frequenti delle balbuzie nei bambini di fatto ci sono contrazioni anomale di vari gruppi muscolari, soprattutto quelli che servono per pronunciare suoni e parole. Queste contrazioni si manifestano quando il bambino desidera o comincia a parlare, soprattutto all’inizio della frase.
Non meno importanti sono le cosiddette caratteristiche secondarie, vale a dire tutti quei comportamenti che il bambino mette in atto per evitare di balbettare: questi variano dalla semplice sostituzione di “parole di cui si ha paura” (perché potrebbero portare al balbettio) fino all’isolamento sociale al fine di evitare scambi comunicativi con gli altri.
Le balbuzie sono un disturbo che interessa circa 1 milione di persone in Italia e 70 milioni in tutto il mondo; un mondo fatto di bambini, ragazzi e adulti che vivono ogni giorno la disfluenza nel comunicare e la difficoltà di esprimere con la parola ciò che hanno estremamente chiaro nel pensiero. La difficoltà che accomuna tutti i bambini, ma anche gli adulti, che balbettano è infatti, la percezione del blocco in mente e la conseguente alterazione dei suoni.
Ma quali sono le fasi che portano al manifestarsi di questo blocco o della stessa disfluenza? Esse sono 4 e, nello specifico, si evidenzia il fatto che:
nella 1° FASE: il bambino e l’adulto sanno cosa vogliono dire;
nella 2° FASE: il bambino e l’adulto percepiscono internamente l’arrivo di un suono “inceppato”;
nella 3° FASE: il bambino e l’adulto si spaventano di questa percezione;
nella 4° FASE: il bambino e l’adulto ricercano velocemente di trovare una soluzione al blocco che hanno già sentito dentro sé.
Generalmente un primo passo per intervenire sulla balbuzie è rendere consapevole chi ne è affetto di quali siano le cause che danno origine al blocco, cosa avviene nella sua mente e come sia possibile eliminare la sensazione del pensiero inceppato.
È fondamentale dunque, lavorare sui suoni, quei suoni che la balbuzie altera in maniera innaturale e di cui invece il balbuziente si deve riappropriare. Avere il controllo di ciascun suono allontana il pensiero che possa arrivare un inceppo.
È bene dunque agire e intervenire sulla 2°FASE, non per coprire i blocchi con artifici o fare costantemente a braccio di ferro col blocco, ma per condurre i bambini e gli adulti a riscoprire le loro proprie abilità di buoni comunicatori.
Bisogna insegnare al bambino ad utilizzare le emozioni (ansia, paura del giudizio, felicità, ecc..) a proprio vantaggio; accompagnarlo a non percepire più il blocco in mente e mantenere il pensiero fluido, per dedicare la totalità delle energie al messaggio che, con comodità e cura, si vuole trasmettere all’altro.
La corretta informazione rappresenta un passo importante per poter agire e acquisire gli strumenti adeguati a superare tale condizione di forte disagio, che può ridurre notevolmente la qualità di vita e l’autostima del bambino.
L’approccio multidisciplinare è il più corretto per la presa in carico di un bambino con balbuzie. Intorno al bambino va creato un ambiente di accoglimento e di accettazione in modo che non si senta mortificato e sminuito. Il logopedista svolgerà la riabilitazione con tecniche adeguate ed esercizi specifici per le balbuzie del bambino a seconda delle manifestazioni del disturbo. Ad esempio con:
difficoltà ad iniziare a parlare;
difficoltà a completare la parola;
produzione di clonie (contrazione spasmodica dei muscoli) talvolta associate a sincinesie (movimenti involontari) del volto.
I genitori di un bambino con balbuzie possono fare molto per aiutare il proprio figlio. È importante accettare il bambino con il suo disturbo creandogli intorno un mondo accogliente dove il suo “problema” non venga sottolineato e ingigantito. È importante ascoltare il bambino quando parla, anche se si mette a balbettare, con attenzione e serenità, senza mostrare fretta, ansia, insofferenza. Lasciare che il bambino concluda sempre il suo discorso, anche se richiede più tempo. È utile parlare molto al bambino, in modo rilassato e lento, ma senza scandire troppo le parole; il bambino noterebbe la differenza di come ci si rivolge a lui e ingigantirebbe dentro di sé il suo problema. Infine è necessario valorizzare le altre qualità del bambino in modo da aumentare la sua autostima: per esempio, se ama disegnare, è utile sottolineare questa sua capacità e aiutarlo a potenziarla.
Ci sono al contrario comportamenti che i genitori di un bambino con balbuzie dovrebbero evitare. In particolare, è consigliabile non anticipare il bambino quando parla, completando le parole o le frasi e non interromperlo dicendogli che si è già capito, cosa che potrebbe comportare per lui una mortificazione. Bisogna evitare che debba conquistarsi da solo il diritto di parlare, per esempio dovendo gridare per farsi ascoltare. È utile prendere l’abitudine di parlare uno alla volta. É importante non dare di propria iniziativa indicazioni su come parlare per risolvere la difficoltà del bambino e neppure promettergli premi se parla correttamente; ciò potrebbe soltanto aggravare il suo problema. Infine, quando parla è fondamentale non mortificarlo davanti agli altri, parenti e non parenti, assumendo un’aria ansiosa o annoiata. Dimostrare invece interesse e piacere per quello che dice è indispensabile.
Con la propria attività quotidiana, il Pronto Soccorso Psicologico-Italia, operando in un’ottica di multidisciplinaritá attraverso la collaborazione con altre figure specializzate, può mediare tra scuola e famiglia; garandendo la costituzione di percorsi di formazione ad hoc, finalizzati a rendere più consapevoli gli insegnanti e i genitori, circa l’adeguato comportamento e gli interventi da mettere in atto a prevenzione e sostegno degli alunni che sono affetti da balbuzie.
Inoltre, con la loro professionalità, gli operatori del PSP-Italia, possono “prendersi cura” dal punto di vista psicologico dei soggetti affetti da tale dusturbo e dei loro familiari, assicurandosi che godano del supporto necessario per poter affrontare al meglio la problematica che li riguarda.
Conoscere è indispensabile e sospendere il giudizio lo è ancora di piú: se di una cosa non abbiamo esperienza tendiamo a giudicare. Il giudizio non corregge, scoraggia e non accresce. Di fatto, a causa dell’effetto che la balbuzie ha sulla comunicazione, il bambino che balbetta può provare delle difficoltà in varie fasi della sua vita. Questi problemi possono comprendere ostacoli a una piena e attiva partecipazione ad attività sociali e educative. I bambini che balbettano spesso soffrono lo scherno dei compagni e altre pene sociali, e questo potrebbe ulteriormente contribuire alle difficoltà del bambino nell´interagire con gli altri.
Se questi aspetti della balbuzie non vengono trattati, il bambino potrebbe sviluppare nel proseguo una serie di problemi sociali. Il contesto scolastico può essere particolarmente difficile per i bambini che balbettano, a causa dell’enfasi posta sulla prestazione orale. I bambini balbuzienti possono decidere di evitare attività sociali e educative, riducendo così i loro successi.
Un intervento terapeutico precoce, come quello che a prevenzione possono attivare i professionisti del PSP-Italia su questi aspetti della balbuzie, gioca un ruolo fondamentale nell´aiutare loro e le loro famiglie a superare queste restrizioni, affinché possano comunicare e partecipare alla vita a tutti gli effetti.
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