A cura della Dott.ssa Vera Cantavenera, Psicologa Clinica, Coordinatrice PSP-Italia, Agrigento
“Il bimbo, che aveva già imparato a controllare lo stimolo della pipì, torna a bagnare il lettino. Capita molto più spesso di quello che si creda, ma sembra ci sia ancora un tabù su una delle difficoltà più comuni tra i bambini: l’Enuresi”
L’enuresi è il secondo problema per prevalenza in età pediatrica. Generalmente questo disturbo si manifesta di notte e non si può parlare di una vera e propria malattia, specie se abbiamo escluso già gli effetti fisiologici di una sostanza come diuretici o farmaci antipsicotici, oppure altre condizioni mediche quali diabete, spina bifida, ecc., che possono provocare la perdita involontaria e completa di urina durante il sonno.
L’enuresi è di fatto, un disturbo abbastanza frequente: si stima intorno al 10-15% dei bambini a 6 anni, e tende il più delle volte a risolversi spontaneamente. L’enuresi notturna è più frequente tra i maschi, mentre l’incontinenza diurna tra le femmine.
Una caratteristica comune, tra coloro i quali ne sono affetti, è di avere un sonno molto profondo. Spesso è ereditaria; se infatti uno dei genitori è stato enuretico da bambino, il rischio che anche il figlio ne sia affetto aumenta in un’età, quella generalmente compresa tra i 5 e i 6 anni, in cui la maggior parte dei bambini dovrebbe avere ormai acquisito il controllo degli sfinteri.
L’enuresi rientra tra i disturbi dell’evacuazione ed è l’emissione di urina nel letto o nei vestiti, sia involontaria che intenzionale (APA, 2013), oltre l’età in cui il controllo vescicale dovrebbe essere raggiunto. La diagnosi può essere posta a partire dal compimento del 5° anno di età (o livello di sviluppo), e quando tale comportamento si verifica almeno 2 volte a settimana per 3 mesi consecutivi.
L’enuresi è distinta in:
– enuresi primaria: se il bimbo non ha mai acquisito il controllo notturno e le cause possono essere addebitate o ad un ritardo di maturazione della vescica: in particolare viene imputata la ritardata maturazione dello sfintere vescicale, un piccolo muscolo che funziona da valvola della vescica e che impedisce alla pipì di fuoriuscire verso l’esterno (questo controllo si acquisisce normalmente verso il quarto anno di vita); o ad un’insufficiente controllo ormonale. Di fatto, nel cervello esiste una ghiandola, l’ipofisi, che produce diversi ormoni. Uno di questi è l’ADH, che agisce facendo sì che durante la notte venga prodotta circa la metà della quantità di urina che viene prodotta di giorno. In questi bambini si è notato un valore inizialmente basso del livello di questo ormone, che generalmente tenderà a normalizzarsi in ritardo rispetto agli altri bambini. Queste due situazioni possono essere presenti e prevalere in misura variabile da bambino a bambino;
– enuresi secondaria: ad esempio dopo particolari situazioni psicologicamente stressanti come la separazione dei genitori, un lutto, la nascita di un fratellino, un impegno scolastico eccessivo…, dopo avere raggiunto il controllo della vescica per almeno 6 mesi, il bambino riprende a fare la pipì a letto. Tra l’enuresi secondaria rientra quella “sintomatica” che generalmente fa seguito ad una malattia, ad esempio, un’infezione urinaria o in casi più rari diabete mellito, epilessia, ecc.
La terapia medica viene di solito intrapresa dopo i 7 anni, perché frequentemente l’enuresi è un fenomeno che si risolve spontaneamente nella quasi totalità dei casi . Gli interventi devono mirare ad accelerare la maturazione del controllo della vescica e/o a ridurre il volume totale di liquidi che arrivano alla vescica durante la notte.
Inoltre vengono classificate anche:
– l’enuresi monosintomatica: quando questa si verifica durante il sonno notturno;
– l’enuresi non monosintomatica: quando l’emissione di urina si verifica sia il giorno che la notte;
– l’incontinenza urinaria: nel caso di emissione di urina in stato di veglia.
Spesso l’enuresi notturna non ha delle cause identificabili e si presenta solo con il sintomo dell’incontinenza, senza altri problemi. In questi casi, e solo in questi casi, oltre al farmaco (come la desmopressina) , esistono altri rimedi chiamati “d’allarme”. Di fatto, si attiverebbe un allarme quando il letto si bagna durante il sonno. Questo rimedio che può apparire poco ortodosso, in realtà ha i suoi risultati, soprattutto se ovviamente il bimbo è circondato da un ambiente familiare motivato e non giudicante. Con il tempo, il bimbo impara ad associare il “bagnare il letto” con l’allarme e quindi comincia a svegliarsi prima che questo accada. I casi di ridotta capacità della vescica non devono essere trattati con l’allarme.
Nei casi di enuresi diurna, invece, può capitare che siano presenti altri sintomi di malattia che devono quindi essere trattati. Tuttavia si possono comunque adottare degli accorgimenti per aiutare il bambino, ad esempio: delle manovre di ritenzione dell’urina e contenimento dell’urgenza, cioè degli esercizi che rafforzano non solo lo sfintere uretrale ma anche e soprattutto la consapevolezza del bambino sulle proprie capacità di controllare la vescica e degli esercizi di allungamento degli intervalli di svuotamento, in cui il bambino cerca di allungare sempre di più i periodi in cui non urina.
È possibile inoltre apportare delle modifiche del comportamento e far acquisire ai bambini le posizioni corrette di svuotamento. Oppure il genitore potrebbe ricorrere all’ausilio di un orologio che vibra, utilizzandolo come una sorta di promemoria che insegna al bambino a urinare il più possibile a orari fissi; la mamma in particolare, insegnerà alle bambine con reflusso vaginale la posizione corretta per urinare, cioè con le gambe un po’ aperte per impedire all’urina di refluire in vagina.
Un altro strumento utilizzato é il Biofeedback, che permette un trattamento, oltre che per l’incontinenza urinaria, anche per altri problemi che riguardano il pavimento pelvico, e che consiste nello svolgimento di esercizi che rafforzano in maniera sinergica i muscoli della pelvi e quelli addominali per una corretta minzione.
Per il bambino il raggiungimento del controllo sfinterico rappresenta una tappa importante nella storia dello sviluppo psicomotorio, perché implica sia la maturazione di molteplici funzioni, sia l’interazione con il contesto sociale in cui lo stesso è inserito. Per tali ragioni, l’enuresi si configura come una condizione stressante e limitante per il bambino e la sua famiglia, in grado di determinare effetti negativi profondi su benessere, autostima, comportamento, sulle interazioni sociali e sfera emotiva.
Così come in alcuni casi la causa dell’enuresi è da ricercare in motivi di natura psicologica, é altresì vero, al contrario, che la stessa condizione di enuretico può comportare, specie se protratta nel tempo, problematiche di tipo psico-emotivo. Il compito dello specialista è proprio quello di avvicinarsi non all’enuresi ma al “bambino enuretico”, cercando di dissipare i suoi dubbi, le sue perplessità, dando per quanto possibile certezze e facendo comprendere alle famiglie che il bambino va supportato, compreso e aiutato e, soprattutto, non va colpevolizzato e rimproverato.
Ancora oggi oltre il 65% dei pazienti enuretici non riceve un inquadramento diagnostico ed un trattamento adeguato a causa di un atteggiamento attendista dei medici e dei genitori, che considerano il sintomo irrilevante e di sicura risoluzione nel tempo.
In generale, per qualsiasi tipologia di enuresi, l’obiettivo dell’intervento è agire concretamente sul comportamento del bambino, utilizzando un sistema di rinforzi che lo conduca all’acquisizione del comportamento target (come l’uso appropriato del bagno, l’autocontrollo dello stimolo della pipì e l’autonomia) e all’eliminazione di quello indesiderato e ansiogeno (bagnare il letto).
È bene fare molta attenzione se il bambino ha dei sintomi associati, oltre all’incontinenza di per sé, poiché possono far sospettare la presenza di condizioni da identificare molto presto e trattare adeguatamente. Questi sintomi sono:
-segni o sospetto di abusi sessuali. Può essere difficile identificarli, ma è doveroso farlo se c’è il sospetto;
– sospetto di diabete: sete eccessiva, aumento del volume urinario e perdita di peso;.
– incontinenza primaria diurna oltre i 6 anni di età;
– segni di difetti neurologici, soprattutto agli arti inferiori.
Il trattamento per l’enuresi dunque può essere di vario tipo: medico-farmacologico, psicologico-comportamentale. In ogni caso l’approccio deve essere integrato.
A tal riguardo, con la propria attività quotidiana, il Pronto Soccorso Psicologico-Italia, operando in un’ottica di multidisciplinaritá attraverso la collaborazione con altre figure specializzate, può mediare tra pediatra, scuola e famiglia, garandendo la costituzione di percorsi di informazione e sensibilizzazione, finalizzati a rendere più consapevoli, i pediatri ( che possono demandare e/o consigliare ai familiari un percorso psicologico), gli insegnanti (quando trattandosi di enuresi diurna il bambino si fa la pipì addosso o si bagna poiché non riesce a raggiungereil gabinetto) e i genitori, circa l’adeguato comportamento e gli interventi da mettere in atto a prevenzione e sostegno dei bambini che soffrono di enuresi.
Inoltre, con la loro professionalità, gli operatori del PSP-Italia, possono prendersi cura dal punto di vista psicologico dei soggetti affetti da tale disturbo e dei loro familiari, assicurandosi che godano del supporto necessario.
A causa dell’effetto che questo disturbo può causare al bambino sul piano sociale, è bene intervenire tempestivamente agendo sul comportamento della famiglia, alle volte troppo lassista, altre troppo giudicante, e nel contesto scolastico, dove spesso il bambino risente dei richiami delle maestre e dello scherno dei compagni. Un intervento terapeutico precoce, come quello che a prevenzione possono attivare i professionisti del PSP-Italia su questi aspetti che il disturbo da enuresi può provocare, gioca un ruolo fondamentale nell´aiutare i bambini e le loro famiglie a superare certe restrizioni, affinché possano partecipare attivamente e senza vergogna alla vita di tutti i giorni.
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