a cura della Dott.ssa Vera Cantavenera, psicologa clinica, Pronto Soccorso Psicologico Italia
Abstract
Verbal abuse is a universal human practice common to men and women who struggle with anger issues and who exhibit verbal bullying behaviours. Insults have always been the protagonists of struggles for recognition, a negotiation of power and an expression of narcissistic vulnerability. In an era where visibility and reputation are constantly tested by social media, a new form of verbal abuse, dissing, becomes a tool through which not only rappers in the music world, but also ordinary individuals, seek to assert themselves and protect their identity. In this article we will address the topic of verbal abuse, moving on to a brief explanation of the phenomenon of dissing and therefore analyzing the types of people who tend to offend and the damage perpetrated on the victims, we will try to suggest how to prevent verbal abuse and remedy it.
Riassunto
L’abuso verbale è una pratica umana universale che accomuna uomini e donne che lottano con problemi di rabbia e che manifestano comportamenti di bullismo verbale. Da sempre gli insulti sono stati protagonisti di lotte per il riconoscimento, una negoziazione del potere e un’espressione di vulnerabilità narcisistica. In un’epoca in cui la visibilità e la reputazione sono costantemente messe alla prova dai social media, una nuova forma di abuso verbale, ildissing, diventa strumento attraverso cui, non solo i rapper nel mondo della musica, anche gli individui comuni, cercano di affermarsi e proteggere la propria identità. Affronteremo in quest’articolo l’argomento dell’abuso verbale, passando ad una breve spiegazione del fenomeno del Dissing e dunque analizzando le tipologie di persone che tendono ad offendere e i danni perpetrati alle vittime, si cercherà di suggerire come prevenire l’abuso verbale e porne rimedio.
Introduzione
Una forma di violenza psicologica molto spesso sottovalutata e a volte anche ignorata è l’abuso verbale. Quest’ultimo si manifesta in molteplici modi: insulti, parolacce, umiliazioni, critiche costanti, manipolazioni, sarcasmo pungente, ridicolizzazione e anche svalutazione. Tuttavia, l’abuso verbale è una pratica umana universale che accomuna uomini e donne che lottano con problemi di rabbia e che manifestano comportamenti di bullismo verbale.
Gli insulti e le parolacce, di fatto, esistono sin dalla notte dei tempi, in ogni secolo della storia e in ogni angolo del pianeta sono sempre esistiti, benché i contenuti cambino a seconda dei diverbi e dei tabù delle diverse società e culture. L’insulto è connaturato all’uomo, basti pensare che sempre con più frequenza si sente e si legge di insulti espliciti in televisione, nei giornali o sui social network. Si pensi anche alle gare di insulti tra rapper nate in America, il cosiddetto fenomeno del Dissing.
Quest’ultimo è fra le forme di abuso verbale il più particolareggiato, la querelle, di fatto viene agita nel contesto delle competizioni freestyle in cui i rapper si sfidano a suon di rime. Tale fenomeno infatti, nasce negli Stati Uniti durante gli anni ’80 e si inserisce nel contesto delle “battle rap”, rappresentando per i rapper uno strumento per
affermare la propria superiorità artistica e sminuire l’avversario. Con il passare del tempo, però, il termine si è diffuso a livello internazionale e viene ad essere usato in un accezione differente e anche in altri contesti. Oggi, il sostantivo dissing e il verbo di riferimento dissare vengono utilizzati anche sui social media come sinonimo di “insultare”. Ma a che servono gli insulti e a chi? Perché le persone commettono tale abuso delle parole? In quest’articolo si cercherà di dare delle risposte a tali domande, focalizzando l’attenzione sulle motivazioni psicologiche principali che spingono le persone a optare per usare gli insulti e al contempo si cercherà di capire i danni profondi che può provocare l’abuso verbale alle vittime. Dunque si disquisirà di come riconoscere un abuso verbale e come prevenirlo e/o contenerlo e di come a volte esso assume una funzione catartica, di rilassamento ma anche di appartenenza e identificazione.
Considerazioni
Ovviamente non esistono casi al mondo in cui insultare qualcuno sia una soluzione, molto spesso è solo la risposta più facile. Di certo non è un modo corretto di condurre una discussione è piuttosto una pratica sterile che non dà risultati. Tuttavia, l’insulto è funzionale alla manifestazione di un’emozione sia essa rabbia, odio, ira, eccitazione, frustrazione, ma anche humor e affetto. E per trasmettere un’emozione, è necessario ricorrere alla forza emotiva delle parolacce: inevitabilmente i giri di parole non funzionano. Di fatto, dire a qualcuno «Faccia di merda» è più efficace, diretto e immediato, che scandire in modo più colto e sottile «la tua faccia assomiglia al risultato finale del metabolismo digestivo». Certamente entrambe le frasi sono offensive, ma perché non usiamo mai la seconda espressione? Beh! Perché come accennato in precedenza, l’insulto, trasmette anzitutto un’emozione, rappresenta quella “parola magica” che esprime rabbia, odio, eccitazione, etc… e lo fa a prescindere dal suo significato intrinseco. Per tale ragione, la «traduzione» dell’insulto non è efficace. L’insulto rappresenta un’emozione cristallizzata in pochi suoni e può avere un significato inconscio ed assumere un effetto “magico”, proprio perchè sono il primo meccanismo di difesa che si utilizza nel momento in cui si genera l’istinto di difendersi. Generalmente, infatti, le persone insultano perché si sentono attaccate, oppure semplicemente spesso si tratta di un riflesso incondizionato dettato da istinti più o meno di autoconservazione. Certo, come vedremo più avanti, ci sono anche altre spiegazioni più profonde, ma non sempre sono applicabili a tutti i casi. Freud diceva: “ colui che per la prima volta ha lanciato all’avversario una parola ingiuriosa invece di una freccia è stato il fondatore della civiltà“.
Secondo il fondatore della psicoanalisi, infatti, gli insulti sono un meccanismo di difesa applicato maggiormente oggi, rispetto che nel passato per sopperire allo scontro violento. Di fatti, nell’era moderna, certamente più evoluta, si tende a non usare la violenza fisica e ove possibile ad evitare lo scontro. Tutto ciò accade a causa dei principi evolutivi del Super-io, atti a promulgare il vivere in società oltre che del più antico istinto di sopravvivenza.
Insultare di fatto, significa letteralmente “saltare a dosso” a qualcuno con l’intento di aggredirlo. Certamente possiamo parlare come accennato, solo di una modalità di aggressione, priva di violenza fisica, e che presume una sorta di autocontrollo. Persino nei bambini è possibile osservare forme “primordiali” di insulto, ma che
hanno una finalità ben precisa. Quest’ultimi, infatti nel pronunciare le prime parole, per insultare qualcuno useranno termini tipo: “Brutto!! Cattivo!! Cacca!!…che servono a colpire a distanza l’oggetto, oppure il bimbo o la persona che li ha fatti arrabbiare. Crescendo le abilità cognitive si sviluppano e come detto anche l’insulto e le parolacce, subiranno un’evoluzione e saranno sempre più complesse. Gli adulti di fatto, utilizzano le “aggressioni verbali” con l’uso specifico della disconferma, del disprezzo, della maledizione e l’emarginazione. Fino ad arrivare alla forma forse più sottile e complessa di insulto: il silenzio.
Ma secondo i linguisti e gli psicologi esistono tante altre forme di violenza verbale suddivisibili in base alla loro finalità: maledire una persona; emarginarla da un gruppo; ridurre l’autostima ad una persona (insulti definitori). Inoltre, secondo la psicologa, Valentina D’Urso, le varie forme di insulto possono infierire su diversi aspetti. Ad esempio, sull’intelligenza (imbecille, cretino), sulla forma fisica (nanetto, grassone, stecchino), il carattere (senza palle), le qualità morali (stronzo). Tuttavia, lo scopo principale di un’offesa rimane sempre quello di ridurre l’autostima di un’altra persona, anche se a volte le offese possono essere autoinflitte (sono un’idiota, non valgo niente, sono inutile..), in tal caso c’è un chiaro tentativo di auto-sabotaggio.
Spesso gli insulti sono utilizzati per etichettare qualcuno come un “diverso” e in questi casi svolgono una funzione ben precisa, quella di emarginare o allontanare qualcuno da un gruppo. Questi insulti sono utilizzati da gruppi politici e di tifosi, ad esempio, per discriminare minoranze o semplicemente culture, popoli e persone “straniere”. Questa forma di “etichettamento”, utilizzata sin dai tempi dei Greci, quando questi chiamarono “barbari” tutti gli stranieri che quando parlavano, alle loro orecchie, sembravano balbettare (bar-bar), aveva un senso, perché differenziava i popoli; oggi, è divenuta una forma di discriminazione vera e propria ed è utilizzata come offesa raziale ed è frutto solo di una povertà intellettuale abbastanza grave. Poi ancora, ci sono le maledizioni che rientrano in quel tipo di insulti che sono finalizzati ad augurare a qualcuno una qualche forma di sciagura. E mentre le “maledizioni” hanno a che fare con auspici nefasti che possono “augurare” brutte cose, di contro, gli insulti definitori (quelli sull’autostima e sull’esclusione) si basano e prendono spunto da fatti che hanno a che fare con la realtà. Come accennato, esistono diverse motivazioni che possono spingere una persona a insultarne un’altra. Alcune persone insultano gli altri perché non hanno argomenti, altre per mancanza di autostima, altre ancora per invidia o semplicemente come già ribadito per rabbia, ma c’è anche chi non conosce altro modo per condurre una discussione. Non è facile capire da cosa scaturiscano le offese specie se non si conosce l’interlocutore. Analizzeremo qui, pian piano, i vari tipi di soggetti che tendono a offendere.
Generalmente, per la maggioranza molti soggetti sono senza argomentazioni, questa tipologia di persone che si trovano alle strette o senza argomentazioni valide che sostengano la propria tesi, insultano gli altri perché non riescono a far prevalere le proprie idee. Questo significa che non riuscendo a innalzarsi sul proprio opponente si tende a sminuire l’avversario o gli argomenti che difende. Ciò avviene perché, nel momento in cui ci si trova in difficoltà anche dialettica, il cervello tende a essere meno lucido a causa della produzione di adrenalina. Diminuendo la capacità di giudizio diminuisce di conseguenza la qualità del discorso generando estreme conclusioni.
Questa tipologia di interlocutori è molto comune e a questa, si aggiungono i soggetti che insultano gli altri per invidia. Quest’ultima si riversa verso chi si percepisce come superiore, verso chi magari ha raggiunto un risultato migliore del proprio. Chi offende, infatti, sente il proprio IO minacciato dalle qualità di chi viene insultato e per sopperire a tale inferiorità, utilizza l’insulto come unico mezzo di difesa. Ricorre, il motivo dell’autodifesa ma anche dell’affermazione della propria superiorità. Di fatto, insultarle sul piano personale le persone ristabilisce, nella mente di colui che insulta, la gerarchia nel mondo reale. Ovviamente , su tutto questo meccanismo influisce la cultura e il pregiudizio.
La persona più istruita e con un linguaggio più forbito sarà meno propensa ad utilizzare il turpiloquio. Al contrario, quella cresciuta in un ambiente caratterizzato da forti pregiudizi razziali, politici, sessuali etc. sarà propensa a esprimere l’odio che gli è stato inculcato dalla società.
Infine, c’è la categoria di chi insulta per la mancanza di autostima, che come un filo rosso unisce tutte le altre, ovvero, chi insulta per invidia, chi per rabbia, chi perché si sente attaccato e chi perchè si sente di non poter ribattere a una discussione.
In genere dunque, le persone che hanno una bassa autostima sono profondamente insoddisfatte della propria vita e pertanto saranno più portate a cercare di prevalere sugli altri, in un discorso, utilizzando gli insulti e le offese. Un ruolo fondamentale nell’agire gli insulti, oltre alla bassa autostima, lo hanno la rabbia come detto e il narcisismo. Moltiindividui che hanno problemi con la rabbia e manifestano comportamenti di bullismo verbale, spesso agiscono sentendo un senso distorto di superiorità, alimentato da tratti narcisistici.
In questi casi la rabbia diventa uno strumento per esercitare controllo e dominio, mentre il narcisismo impedisce a colui che abusa di riconoscere i danni che causa. Diviene importante riconoscere i tratti e la tendenza all’abuso degli altri per cercare di arginare il fenomeno dell’abuso verbale e dunque per evitare di far danno alle vittime. Quest’ultime molto spesso portano sulle spalle un peso invisibile assai opprimente.
L’abuso verbale, infatti, può creare loro seri danni:
– può minare profondamente l’autostima di una persona, portandola a dubitare delle proprie capacità e del proprio valore;
– può scatenare o aggravare disturbi d’ansia e depressione, lasciando le vittime in uno stato di anche costante sofferenza emotiva;
– può essere talmente intenso da causare sintomi di PTSD, Disturbo Post Traumatico da stress, a quelli sperimentati da individui che hanno subito violenze fisiche o sono stati esposti a eventi traumatici;
E ancora l’abuso verbale può deteriorare i legami di fiducia, rendendo difficile per le vittime stabilire relazioni sane e positive in futuro, pertanto è possibile acuire il senso di solitudine e abbandono, provocando nella vittima un isolamento sociale.
Ma gli insulti, le parolacce , insomma l’abuso verbale non sempre è utilizzato per aggredire e non sempre fa vittime, piuttosto a volte, ci fa ridere e ci permette di divertirci con amici e identificarci con un gruppo. Pensiamo alla satira e ai cominci, questi utilizzano le parolacce per insultare ad esempio il politico di turno e questo ci fa ridere poiché ci identifichiamo con il comico e ciò ci permette di scaricare la tensione. E pensiamo di contro, ad un gruppo di amici, cui per senso d’appartenenza fra gli interlocutori, gli insulti servono ad accorciare le distanze e a comunicare intimità e complicità.
Gli insulti, dunque, subiscono una trasformazione e diventano una forma di catarsi e di divertimento.
Conclusioni
Alla luce di quanto disquisito sinora è possibile asserire che l’abuso verbale, quindi gli insulti, le parolacce, il Dissing, etc…servono a trasmettere contenuti emotivi, ma non per forza devono essere utilizzati per aggredire. “Dissare” è infatti un fenomeno sempre più comune, non solo nel mondo musicale ma anche tra personaggi noti della tv o del web e anche se letteralmente significa mancare di rispetto, non per forza deve fungere da mezzo attraverso il quale i rapper, ma un pò tutti gli individui, cercano di accumulare o proteggere il loro capitale simbolico. Il Dissing, così come ogni forma di abuso verbale è una “lotta per il riconoscimento”, ma può anche essere interpretato come già accennato, quale forma di catarsi, una sorta di purificazione delle emozioni, espressione artistica che consente, nel caso dei rapper , di liberare emozioni come rabbia, frustrazione o rancore in modo controllato e socialmente accettabile; un pò come accade nel mondo della satira o dei comici.
Ciononostante l’insulto, il più delle volte, rappresenta una forma di violenza psicologica, alimentata perlappunto da sentimenti negativi e frustranti e può essere davvero molto pericoloso.
Svariati sono i motivi che spingono le persone a insultare gli altri, dall’insoddisfazione personale, alla bassa autostima, all’infelicità, etc…, di certo le persone che attuano un abuso verbale sono soggetti che hanno un equilibrio interiore poco stabile, persone come accennato in precedenza, con bassa autostima che sfogano il loro malessere interiore ferendo gli altri. Pertanto, le vittime non dovrebbero avere risentimento verso chi li insulta, piuttosto pena per loro. Sarebbe bene agire, per fronteggiare l’insulto, come disse Dante a Virgilio:
” Non ti curar di loro… ma guarda e passa”.
Tuttavia, le vittime di abuso verbale non riescono a uscire dal ciclo di abuso e riportano molto spesso, come descritto danni profondi. Riconoscere d’esser vittime d’abuso verbale e comprenderne le conseguenze, rappresenta per loro il primo passo verso la guarigione. Per le vittime, ricercare supporto psicoterapeutico può essere fondamentale per elaborare il trauma subito e ricostruire l’autostima. Al contempo è fondamentale che anche chi agisce l’abuso verbale, prenda consapevolezza e si renda conto che l’uso degli insulti, delle parolacce, del dissing, di qualsivoglia forma denigratoria perpetrata ai danni di un’altra persona è una forma di violenza psicologica che a nulla porta e che si può ritrovare pace con sé stessi senza offendere nessuno. A tal riguardo, utili per gli abusatori, divengono le psicoterapie focalizzate sul gestire la rabbia e sullo sviluppo dell’empatia, che possono dare strumenti assai efficaci per interrompere il ciclo dell’abuso verbale. Così com’è essenziale che la vittima rompa il silenzio e parli apertamente, al fine di ricercare aiuto e riprendere il controllo della propria vita, guarendo dalle ferite lasciate dalle parole abusanti.
Volendo concludere è possibile asserire che gli insulti da sempre seppur atti offensivi e di supremazia sono stati protagonisti di lotte per il riconoscimento, una negoziazione del potere e un’espressione di vulnerabilità narcisistica. In un’epoca in cui la visibilità e la reputazione sono costantemente messe alla prova dai social media, una nuova forma di abuso verbale, ildissing, diventa strumento attraverso cui non solo i rapper, nel mondo della musica, ma anche gli individui comuni, cercano di affermarsi e proteggere la propria identità. Comprendere queste dinamiche può aiutarci a interpretare le tensioni sociali più ampie della nostra epoca, in cui il bisogno di riconoscimento e legittimazione è più forte che mai.
Così, nella pratica terapeutica, sarebbe opportuno invitare chi è coinvolto in dinamiche di dissing a riflettere su come queste offese verbali siano spesso sintomatiche di problemi più profondi e dunque utilizzare questa “nuova forma” di abuso verbale come un’opportunità per esplorare i sentimenti negativi e cercare di affrontarli in modi più costruttivi. Pertanto, utilizzare il dissing come leva creativa che conduce alla rielaborazione dell’offesa e alla sua traduzione in satira con conseguente risata.
Bibliografia
– Bancroft, L. (2003), Why does he do that?: Inside the minds of angry and controlling men, Penguin.
– Patton, D. U., Hong, J. S., Ranney, M., Patel, S., Kelley, C., Eschmann, R., & Washington, T. (2014). Social media as a vector for youth violence: A review of the literature. Computers in Human Behavior.
– Suler, J. (2004). The online disinhibition effect. Cyberpsychology & behavior.
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